Il primo processo a un soldato russo accusato in Ucraina di aver ucciso un prigioniero di guerra
Dmitriy Kurashov è sospettato di aver ucciso un soldato ucraino che si stava arrendendo, un'azione considerata un crimine di guerra

In un tribunale di Zaporizhzhia, nel sud-est dell’Ucraina, si sta svolgendo il primo processo dall’inizio dell’invasione russa in cui un soldato russo è accusato di aver ucciso un soldato ucraino che si stava arrendendo: è un’azione che il diritto internazionale considera un crimine di guerra. Il soldato a processo si chiama Dmitriy Kurashov ed è uno degli oltre centomila carcerati russi che hanno scelto di combattere in Ucraina in cambio di un’amnistia totale dei loro reati. Il soldato ucraino ucciso invece si chiamava Vitali Hodniuk.
All’inizio del processo Kurashov ha detto di essere innocente ma poi si è dichiarato colpevole, precisando di farlo solo perché pensava che questo avrebbe accorciato i tempi del processo. Tre suoi ex compagni, a loro volta ex carcerati e ora prigionieri di guerra in Ucraina, lo accusano invece dell’omicidio.
Da febbraio del 2022 le autorità ucraine dicono di aver accertato almeno 124 casi di esecuzioni di soldati ucraini che si erano arresi da parte dei soldati russi. Un soldato che si arrende sul campo di battaglia è considerato un prigioniero di guerra e gode per questo di una serie di tutele previste dalla terza Convenzione di Ginevra, uno dei trattati fondamentali del diritto internazionale. Secondo l’ONU queste esecuzioni sono aumentate in Ucraina nell’ultimo periodo, ma nella maggior parte dei casi è impossibile perseguire i presunti responsabili, dato che non vengono catturati dall’esercito ucraino.
Anche per questo motivo, quello di Kurashov è considerato un caso eccezionale.
Quando gli è stato offerto di entrare a far parte dell’esercito russo e andare in Ucraina, Dmitriy Kurashov stava scontando la sua condanna per furto e appropriazione indebita in una colonia penale russa e gli mancavano ancora cinque anni prima di uscire dal carcere. Durante il suo interrogatorio e in alcune interviste ha detto di aver ricevuto 21 giorni di addestramento, durante i quali lui e i suoi compagni erano quasi sempre ubriachi, anche perché molti erano coscienti di essere stati reclutati sostanzialmente per andare a morire.
Ha detto che nessuno gli ha parlato delle Convenzioni di Ginevra e del divieto di uccidere i soldati che si arrendono, e che anzi i suoi istruttori gli avevano detto di non fare prigionieri. Il suo racconto è molto simile a quello di altri soldati russi sentiti da diversi organismi di inchiesta ucraini e internazionali negli ultimi tre anni. Uno dei tre prigionieri di guerra che hanno testimoniato al processo di Kurashov e che facevano parte della sua unità ha detto di aver ricevuto l’ordine di uccidere i prigionieri di guerra e di lanciare granate nelle trincee anche se il nemico si era arreso.
Kurashov ha detto che pensava di essere mandato a scavare trincee al fronte, ma di essersi invece ritrovato fra le unità di combattimento attivo delle Storm-V: si tratta di unità composte quasi interamente da ex carcerati che negli ultimi tre anni sono state utilizzate come «carne da macello» per sopraffare le truppe ucraine.
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Il 6 gennaio 2024 l’unità di cui faceva parte Kurashov, composta da 18 soldati, aveva assaltato una postazione ucraina sulla linea del fronte vicino a Zaporizhzhia e in poco tempo aveva ucciso cinque soldati ucraini: 10 soldati russi su 18 erano però stati uccisi a loro volta e poche ore dopo gli altri otto erano stati fatti prigionieri dalle truppe ucraine.
Secondo le testimonianze degli altri tre prigionieri di guerra, anche loro ex carcerati, Kurashov avrebbe urlato ai soldati ucraini di arrendersi e Vitali Hodniuk, il soldato ucraino, sarebbe uscito disarmato e si sarebbe inginocchiato a terra. A quel punto però Kurashov gli avrebbe sparato. Kurashov invece sostiene che non sia stato lui a uccidere Hodniuk, ma un altro soldato russo che è stato ucciso durante il combattimento dalle truppe ucraine.
L’impossibilità di recuperare il corpo di Hodniuk per due mesi a causa della guerra in corso ha reso impossibile qualsiasi tipo di esame forense e per questo il processo si sta concentrando quasi esclusivamente sulle testimonianze dei quattro soldati russi. Questo rappresenta però una notevole complicazione, che è stata riconosciuta anche dalle stesse autorità ucraine: i tre testimoni che accusano Kurashov infatti potrebbero aver deciso di mentire e assecondare l’accusa, sperando così di ottenere benefici, come per esempio essere inclusi prima negli scambi di prigionieri fra Russia e Ucraina (alcuni dei quali stanno avvenendo in questi giorni). Durante gli interrogatori preliminari due su tre hanno inoltre detto di provare risentimento e rancore nei confronti di Kurashov per motivi diversi, e questo condiziona ulteriormente la loro posizione.
Infine, non avendo l’Ucraina dei tribunali specializzati in crimini di guerra, casi come questo vengono genericamente affidati a tribunali locali che hanno la competenza territoriale sul reato. Il loro personale però, dai giudici agli avvocati d’ufficio, non si era mai occupato di questo tipo di reati prima dell’inizio della guerra.
Dopo aver invaso l’Ucraina a febbraio del 2022 l’esercito russo ha compiuto molte azioni considerate crimini di guerra e crimini contro l’umanità: a partire dal massacro di Bucha durante le prime settimane della guerra, fino agli attacchi con droni contro i civili nella regione di Kherson, definiti come tali a fine maggio del 2025 da una commissione indipendente d’inchiesta delle Nazioni Unite.
Di questi crimini si stanno occupando principalmente i tribunali ucraini, che da tre anni stanno indagando su migliaia di episodi di questo tipo e hanno già condannato decine di soldati russi. In più, la Corte penale internazionale ha emesso dei mandati d’arresto per il presidente russo Vladimir Putin e per alcuni suoi stretti collaboratori, fra cui due importanti ufficiali russi accusati di aver «condotto attacchi militari su obiettivi civili».



