L’estrema destra ha fatto cadere il governo dei Paesi Bassi
Il leader Geert Wilders si è ritirato dalla coalizione e il primo ministro si è dimesso: probabilmente ci saranno elezioni anticipate

Martedì pomeriggio il primo ministro dei Paesi Bassi, Dick Schoof, ha annunciato che il governo da lui guidato ha perso la maggioranza in parlamento. In mattinata Geert Wilders, il principale leader di estrema destra del paese, aveva infatti annunciato il ritiro del suo Partito per la Libertà (PVV) dalla coalizione, accusando gli altri partiti di non avere posizioni abbastanza dure sulle politiche di immigrazione.
Verso le 16 Schoof ha presentato le dimissioni dei ministri del PVV al re Willem-Alexander, che le ha accettate e ha chiesto agli altri ministri di continuare a svolgere il proprio lavoro «nell’interesse del regno». Al momento il governo di Schoof resterà in carica come dimissionario, quindi i ministri si occuperanno solo degli affari correnti: sarà il parlamento a stabilire di quali temi il governo potrà occuparsi. Probabilmente saranno organizzate elezioni anticipate, che potrebbero svolgersi in autunno; in alternativa si potrebbe formare un governo di minoranza, oppure una nuova coalizione con partiti diversi da quelli attuali, ma sono ipotesi meno probabili della prima.
Nella camera bassa nederlandese ci sono 150 deputati: il governo di Schoof aveva una maggioranza di 86 seggi, ma senza i 37 del partito di Wilders gliene restano appena 51, ben inferiori alla maggioranza di 76.
Il PVV era stato il partito più votato alle elezioni del 2023. Il governo si era insediato lo scorso luglio, otto mesi dopo le elezioni, ed era sostenuto da una maggioranza molto variegata composta anche dai centristi di Nuovo Contratto Sociale (NSC), dal Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD) dell’ex primo ministro Mark Rutte e dal Movimento dei contadini e dei cittadini (BBB), un partito populista e vicino alla destra nato da una serie di proteste nel 2019.

Il leader di estrema destra Geert Wilders (AP Photo/Peter Dejong)
Gli altri partiti della coalizione hanno criticato la mossa di Wilders, definendola «incomprensibile» e accusandolo di essere «irresponsabile», e hanno criticato la possibilità di organizzare elezioni anticipate: soprattutto i partiti più piccoli sono messi male nei sondaggi. NSC, in particolare, ha avuto un tracollo nelle intenzioni di voto dopo aver avuto problemi di leadership e rischierebbe praticamente di scomparire.
Si è detto favorevole a votare subito invece il leader dell’opposizione, Frans Timmermans della Sinistra verde (PvdA/GL), che ha anche escluso di dare il suo appoggio al governo dimissionario. Il partito di Timmermans è al secondo posto nei sondaggi, a brevissima distanza dal PVV di Wilders (primo) e dal Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (terzo). Anche il PVV ha perso consensi rispetto alle scorse elezioni.
Wilders aveva presentato un nuovo piano sull’immigrazione in 10 punti. Gli alleati li avevano giudicati eccessivi e non volevano ridiscutere il programma di governo già concordato. Wilders aveva invece insistito, presentando una specie di ultimatum lunedì sera durante un incontro tra i leader della coalizione. Martedì mattina ha comunicato la sua decisione durante una riunione d’emergenza durata soltanto una decina di minuti.
Il governo di Schoof era stato assai litigioso fin dall’inizio e Wilders è stato la causa principale di queste tensioni. Wilders aveva sempre cercato di influenzare l’esecutivo pur non facendone formalmente parte, come una specie di primo ministro ombra. Gli altri partiti avevano respinto le sue ingerenze, spesso annunciate sui social network senza consultarli. In particolare il pezzo più centrista della coalizione, NSC e VVD, aveva accettato con riluttanza di governare insieme all’estrema destra, principalmente per mancanza di alternative, ma ponendo la condizione che Wilders non fosse primo ministro.
È verosimile che il governo provvisorio resti in carica diversi mesi. L’ultima volta, per il quarto e ultimo governo guidato da Rutte, trascorse quasi un anno tra la caduta (nell’estate del 2023) e l’insediamento di quello nuovo (con Schoof primo ministro). Mercoledì mattina Schoof parlerà in parlamento e probabilmente chiarirà meglio le tempistiche: i tempi tecnici per organizzare nuove elezioni, in ogni caso, non le rendono ipotizzabili prima della pausa estiva dei lavori parlamentari.
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