Ora in Italia anche le carceri minorili sono sovraffollate
È una novità dovuta in gran parte al “decreto Caivano” del governo Meloni, dice il nuovo rapporto dell'associazione Antigone

L’associazione Antigone, che si occupa della tutela dei diritti delle persone che si trovano in carcere, ha pubblicato un nuovo rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia. Tra i vari elementi sollevati sulle pessime condizioni delle carceri italiane, ce n’è uno che ha un’origine recente ed è in qualche modo una novità: è il sovraffollamento in più della metà degli Istituti penali per minorenni, dove sono detenuti minorenni accusati o condannati per reati. A fine marzo erano 597 i minori detenuti, un numero eccezionalmente alto: sono sovraffollati 9 istituti sui 17 in tutta Italia.
Secondo Antigone è una diretta conseguenza del cosiddetto “decreto Caivano”, con cui nel settembre del 2023 il governo introdusse diverse nuove misure per contrastare la criminalità minorile, che non solo inaspriscono le pene ma rendono di fatto più facile per i minori finire in carcere. Il decreto prese il nome da un comune a nord di Napoli, di cui in quel periodo si parlò moltissimo per un caso di stupro ai danni di due ragazzine di 10 e 12 anni, per il quale erano stati accusati alcuni adolescenti.
Secondo Antigone prima del decreto Caivano il sovraffollamento nelle carceri minorili non si era «mai registrato», a differenza delle carceri per gli adulti, che invece il problema del sovraffollamento lo hanno da sempre. Il problema degli ultimi due anni è accentuato anche dal fatto che negli anni precedenti si erano registrati al contrario dati eccezionalmente bassi di ingressi e permanenze negli istituti a causa della pandemia, che avevano già iniziato ad aumentare prima del decreto Caivano.
Le condizioni sono particolarmente gravi in alcuni IPM, il nome abbreviato con cui in gergo si chiamano questi istituti: a Treviso ci sono quasi il doppio dei minori detenuti rispetto ai posti disponibili, il Beccaria di Milano e l’istituto di Quartucciu a Cagliari hanno un tasso di affollamento del 150 per cento, e Firenze del 147 per cento.
L’impatto del decreto Caivano sul sovraffollamento è riconducibile alle novità sulla custodia cautelare in carcere, cioè la detenzione che viene ordinata dal giudice prima del processo o prima della fine delle indagini, se si teme che la persona indagata possa commettere altri reati, scappare o “inquinare” le prove. Il decreto abbassa la soglia dalla quale è possibile applicare la custodia cautelare in carcere per i minori, e permette di ordinare il carcere preventivo per reati che prevedono pene di almeno 6 anni (in precedenza era di 9).
Dai dati di Antigone si vede che solo un terzo dei detenuti degli IPM ha ricevuto una condanna definitiva. Tutti gli altri (il 65 per cento) sono in attesa di un processo e sono quindi in custodia cautelare.
Il decreto Caivano ha anche aumentato le pene per diversi reati compiuti da minori e ampliato la lista di reati per cui è possibile l’arresto in flagranza (è possibile, per esempio, anche per lo spaccio di stupefacenti di lieve entità). Ha anche ridotto i casi in cui sono possibili pene alternative al carcere. Da quasi due anni, insomma, è molto più facile che una persona minorenne finisca nel circuito degli IPM, che già prima avevano pochi posti disponibili.
Nell’ultimo anno anche per questo sono state molte le proteste dei giovani detenuti, che lamentano le condizioni degradate degli istituti, la carenza delle attività e la mancanza di percorsi per la reintegrazione sociale. Rispetto alle carceri per adulti, negli IPM dovrebbe essere ancora più accentuata la funzione riabilitativa delle persone detenute, proprio perché sono minori.
Antigone fa notare proprio un’incongruenza su questo: gran parte dei reati ascritti ai minori negli IPM riguarda reati contro il patrimonio, come furti o rapine, che sono il 51 per cento del totale, mentre solo il 23 per cento riguarda i reati più gravi, quelli contro la persona. «Dovendo il carcere costituire una misura estrema, ci si aspetterebbe che fosse destinata sostanzialmente ai reati più gravi», dice Antigone.
Tra gli istituti dove le proteste sono state più forti c’è sicuramente il Beccaria di Milano, che un tempo era considerato il modello degli IPM italiani. Negli ultimi anni ha decisamente perso questo ruolo: una lunga ristrutturazione ha impedito di usare un’intera sezione della struttura, anche questa diventata nel frattempo sovraffollata. Soprattutto, nel 2023 tredici agenti di polizia penitenziaria furono arrestati in un’inchiesta per violenze e maltrattamenti ai danni dei detenuti minorenni del Beccaria.
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