La durata degli applausi a Cannes sta sfuggendo di mano
Sono quasi sempre pilotati e non sono un indicatore affidabile del gradimento dei film, eppure continuano a essere cronometrati e sbandierati
di Gabriele Niola

La durata spropositata degli applausi alla fine delle prime proiezioni di alcuni film è un aspetto raccontato e talvolta preso in giro dei festival del cinema, ma quest’anno a Cannes si è andati un po’ oltre. La testata di settore Deadline ne ha cronometrati 19 alla fine di Sentimental Value di Joachim Trier (erano 15 per Variety e The Hollywood Reporter), mentre sono stati circa 11 minuti per Alpha di Julia Ducournau e 9 per It Was Just an Accident di Jafar Panahi, il vincitore della Palma d’Oro.
Ma questo metro di misura del gradimento del film, nonostante sia così riportato sui media, è tutto meno che affidabile, se si conoscono le modalità con cui queste prime proiezioni vengono organizzate e su chi è tra il pubblico. E anche su quali sono gli interessi perché di un film si dica, appunto, che è stato applaudito per venti minuti.
A differenza degli Oscar, a Cannes o a Venezia i film vengono visti per la prima volta, e quindi è il contesto in cui vengono valutati da potenziali acquirenti che li distribuiscono poi nei vari paesi. Più un film ha potenziale commerciale, maggiore è il suo prezzo. Più un film è presentato in un posizionamento prestigioso (e il concorso è la più prestigiosa delle sezioni) più costa, e lo stesso avviene in caso di premi, motivo per cui di solito vengono comprati prima della cerimonia di chiusura. Ma farsi un’idea di quanto possano piacere non è sempre semplice, e uno dei pochi indicatori utilizzabili e utilizzati dagli addetti ai lavori è per l’appunto la durata e l’intensità degli applausi alla fine delle presentazioni. Anche se sono pilotati.
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Le “prime” sono proiezioni a invito, a cui partecipano persone che il festival vuole in sala per motivi diversi, oppure che sono stati invitate dagli sponsor che hanno a disposizione molti posti, o ancora sono gli attori e le persone che hanno lavorato al film, insieme ai loro amici, famigliari e ospiti. Una buona parte di chi applaude alla fine del film, insomma, ha interesse a farlo, e altri non sono per forza degli appassionati.
C’è poi un aspetto tecnico che rende ancora meno sensato misurare i minuti di applausi. Quando si accendono le luci alla fine della proiezione, subito una videocamera del festival entra e inquadra attori e regista. Queste immagini sono mandate in diretta sullo schermo della sala, che a Cannes è molto grande (circa 2.300 posti), e quindi tutti possono vedere chi viene inquadrato e sta prendendo gli applausi.
Questa è una delle armi principali per allungarli: alcuni registi infatti fanno fare un passo avanti a ogni singolo attore, poi tutti insieme, poi si fanno inquadrare insieme ai protagonisti, al produttore, eccetera. Un cerimoniale che può facilmente allungare di diversi minuti gli applausi: fino a 22, come successe nel 2006 a Il labirinto del fauno di Guillermo del Toro, al momento il record dell’era moderna dell’applausometro da festival. Quello fu effettivamente un film molto amato, a differenza del secondo in questa classifica: Mud di Jeff Nichols con Matthew McConaughey, che nel 2012 ricevette 18 minuti di applausi.
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Ci sono anche alcuni registi, pochi, che non hanno grande piacere a far andare avanti troppo a lungo gli applausi. Nel 2019 Parasite avrebbe potuto probabilmente infrangere qualche record ma il regista Bong Joon-ho chiese di avere il microfono e interruppe tutto dopo “soli” 8 minuti dicendo: «Grazie a tutti, andiamo a casa». In seguito ha precisato di averlo fatto perché avevano tutti fame. Wes Anderson è solito fare lo stesso perché non ama queste standing ovation troppo lunghe.
A decidere i tempi di questi momenti è Thierry Frémaux, direttore del festival, come lui stesso ha spiegato a The Hollywood Reporter. È lui a segnalare il momento in cui interrompere i titoli di coda e far accendere le luci perché «ogni proiezione è una celebrazione e il pubblico desidera essere parte di quella celebrazione».
Peraltro, non c’è nemmeno un vero accordo su quale sia il momento da cui si dovrebbe iniziare a contare i minuti. Alcuni partono appena iniziano gli applausi, sui titoli di coda, altri solo da quando si accendono le luci. Alcuni contano le interruzioni, altri solo “l’applauso effettivo”. A misurare sono soprattutto le testate di cinema americane, e nel settore è noto che Deadline è la più generosa, mentre The Hollywood Reporter e ancora di più Variety si tengono più strette.
Nonostante tutto questo può comunque accadere che il pubblico di invitati abbia amato così poco il film da non applaudire per cortesia, che la delegazione della produzione sia piccola e poco motivata e che si crei un brutto clima alla fine di una proiezione. Slauson Rec, documentario sui problemi della scuola di recitazione di Shia LaBeouf, quest’anno è stato il film meno applaudito: solo 2 minuti. Dopo di lui Sound of Falling, che ha vinto il premio della giuria ma è stato applaudito per 4 minuti. L’italiano Fuori di Mario Martone, nonostante non sia piaciuto alla critica internazionale, ha ricevuto 7 minuti di applausi secondo l’ANSA (la testata italiana più legata al minutaggio degli applausi), meno dei 9 ricevuti da Nostalgia, il precedente film che Martone portò a Cannes nel 2022, e dei 10 minuti che ricevette l’anno scorso Parthenope di Paolo Sorrentino.
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