Il ministro Nordio consiglia alle vittime di violenza di rifugiarsi «in chiesa o in farmacia»

Visti i malfunzionamenti dei braccialetti elettronici “antistalking” e le difficoltà d'intervento delle forze dell'ordine

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, durante il question time al Senato, Roma, 15 maggio 2025 (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, durante il question time al Senato, Roma, 15 maggio 2025 (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)

Al question time che si è svolto oggi al Senato, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha risposto a una serie di domande sul funzionamento e sui malfunzionamenti dei braccialetti elettronici “antistalking”, questione di cui la politica è tornata a occuparsi dopo alcuni femminicidi commessi nonostante agli aggressori già denunciati i giudici avessero assegnato questo strumento.

Nordio ha spiegato che il funzionamento del braccialetto elettronico «è molto spesso incompatibile con i mezzi di trasporto delle persone: nel momento dell’allarme nei confronti di una persona, molto spesso la vittima si trova ad una distanza non compatibile con l’intervento delle forze dell’ordine». Nordio ha dunque aggiunto:

«Dobbiamo coniugare questi due elementi dando un’allerta alla vittima, affinché sia in grado, nel momento in cui coglie questo momento di pericolo, di trovare delle forme di autodifesa, magari rifugiandosi in una chiesa o in una farmacia, in un luogo più o meno protetto».

Il cosiddetto braccialetto elettronico “antistalking” è composto da tre dispositivi: il braccialetto installato alla caviglia della persona a cui è stata imposta la misura cautelare, un secondo apparecchio associato al braccialetto che si chiama track e che rileva la posizione geografica attraverso il GPS, e un terzo apparecchio analogo al track, chiamato VTU, che è dato in dotazione alla donna. Quest’ultimo serve a geolocalizzare anche lei e dunque a verificare il rispetto del divieto di avvicinamento da parte dell’aggressore, stabilito dai magistrati caso per caso a una distanza che solitamente è di 500 metri. Il VTU deve essere sempre portato con sé dalla persona protetta. L’insieme di questi tre dispositivi prevede una serie di allarmi che vengono trasmessi alla centrale operativa delle forze dell’ordine, compreso quello che segnala l’immediata prossimità tra braccialetto e VTU ossia tra l’aggressore e la donna. In questo caso l’allarme oltre che alla centrale operativa viene inviato anche al VTU, e dunque alla donna: per darle modo di proteggere se stessa prima dell’arrivo di una pattuglia.

Diverse associazioni che si occupano di violenza maschile contro le donne hanno criticato le affermazioni del ministro. Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna, ha reagito spiegando che le criticità sul funzionamento del braccialetto elettronico sono molte e complesse: non hanno a che fare con il dispositivo in sé, ma con l’assenza di un sistema strutturato ed efficiente per la sua gestione. Ha dichiarato che «l’affermazione del ministro rappresenta un’inaccettabile forma di scaricabarile istituzionale» e che lo Stato, per prevenire o assumere con efficacia la questione della violenza contro le donne, dovrebbe piuttosto «dotare il paese di una rete capillare di centri antiviolenza e case rifugio», affidandoli a persone competenti per agevolare «percorsi di fuoriuscita dalla violenza». In Italia ci sono poco più di 400 centri antiviolenza. La Convenzione di Istanbul, che è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante per la prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne e della violenza domestica, stabilisce uno standard minimo di un centro antiviolenza ogni 50mila donne dai 14 anni in su. In Italia solo 25 province raggiungono il livello minimo previsto. Secondo le esperte, la distribuzione capillare sul territorio dei centri antiviolenza serve a garantire tragitti brevi alle vittime e a facilitare le connessioni tra operatrici e volontarie con le realtà del territorio.

Le parole di Nordio sono state commentate tra le altre anche da Raffaella Marruocco, sorella di Concetta, uccisa dal marito nel 2023 a Cerreto d’Esi, in provincia di Ancona. In quel caso l’uomo, che era sottoposto alla misura del braccialetto elettronico, era entrato in casa della donna e l’aveva accoltellata senza che la sua presenza fosse rilevata in tempo: «Mia sorella non era in chiesa né in farmacia, ma era in casa e non era al sicuro, esiste un posto più sicuro della propria casa?».

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