Il caso del primario di Piacenza accusato di aver violentato moltissime colleghe
La questura dice che compiva atti sessuali «con quasi tutte le donne» che entravano nel suo ufficio da sole

Mercoledì la polizia ha arrestato e messo agli arresti domiciliari Emanuele Michieletti, direttore del reparto di radiologia del principale ospedale di Piacenza, in Emilia-Romagna, con accuse di violenza sessuale e stalking.
L’arresto di Michieletti sta ricevendo molta attenzione sia a livello locale che nazionale per il contesto e il modo in cui le violenze sarebbero state compiute: secondo la procura, che ha svolto le indagini e formulato le accuse, Michieletti avrebbe abusato sessualmente in maniera regolare e sistematica di moltissime sue colleghe, tra mediche e infermiere, favorito da un clima generale di paura e omertà all’interno dell’ospedale, dovuto alla sua posizione di potere e al modo in cui la utilizzava per intimidire le donne di cui abusava con minacce di ritorsioni professionali.
Michieletti ha 60 anni, è un medico piuttosto stimato e noto nella sua zona. L’indagine contro di lui era iniziata a gennaio, sulla base della denuncia di due donne e delle testimonianze di altre otto, oltre che di intercettazioni telefoniche e ambientali nel suo studio disposte nel corso delle indagini. In una nota diffusa mercoledì, la questura ha fatto sapere di aver documentato 32 episodi di «violenze sessuali, rapporti sessuali completi, rapporti orali» nell’arco di soli 45 giorni di indagini: secondo la questura alcuni dei rapporti sessuali sarebbero stati consenzienti, ma «nella maggior parte dei casi le condotte erano espressione di atteggiamenti prevaricatori, evidenziati dalle riprese audio-video».
A rendere l’arresto del primario un caso sono soprattutto i dettagli dati dalla questura rispetto a quanto concluso dalle indagini: si parla di un «inquietante scenario all’interno dell’ospedale» in cui Michieletti si comportava «come se le dipendenti fossero a sua disposizione anche sessualmente», per cui «non si faceva scrupoli a compiere atti sessuali, anche durante le normali attività e conversazioni di lavoro». Secondo la questura Michieletti compiva atti sessuali «con quasi tutte le donne che varcavano da sole la soglia del suo ufficio».
Benché breve, l’indagine contro Michieletti è stata resa complicata proprio dal clima di paura e soggezione creato dallo stesso primario all’interno dell’ospedale: approfittando della sua posizione di potere e del suo essere in grado di disporre delle carriere di tutte le persone che lavoravano nel suo reparto, Michieletti avrebbe creato un clima «gravemente omertoso e autoreferenziale» in cui le donne non avrebbero denunciato per paura di ritorsioni non solo professionali ma anche familiari.
Alla ricostruzione di un quadro del genere la procura è arrivata a partire da una prima denuncia, di una medica che mesi fa ha denunciato Michieletti dicendo di essere entrata nel suo studio per concordare il proprio piano ferie e di essere stata da lui spinta contro il muro, dopo che lui aveva chiuso la porta a chiave, e poi obbligata ad atti sessuali che non voleva compiere. Gli atti sarebbero stati interrotti da un medico che aveva bussato alla porta dello studio: la dottoressa ha anzitutto denunciato Michieletti alla direzione dell’azienda sanitaria locale, che l’avrebbe poi sostenuta nel denunciarlo anche alle autorità giudiziarie. Michieletti è poi stato denunciato anche da una seconda donna, che ha però ritirato la denuncia il giorno dopo.
Ne è emerso che il caso della dottoressa non era isolato: la procura di Piacenza ha avviato un’indagine, disposto intercettazioni telefoniche e ambientali nello studio di Michieletti, e raccolto quelli che la questura definisce «numerosissimi elementi» di prova contro di lui. Le riprese video nel suo ufficio hanno documentato atti sessuali pressoché quotidiani in orario di servizio e le resistenze di alcune delle donne con cui li compiva.
In un caso Michieletti avrebbe convocato nel suo ufficio una collega consenziente appositamente per fare sesso, dopo le resistenze di un’altra collega ad alcuni suoi palpeggiamenti. Michieletti si sarebbe inoltre vantato con alcuni suoi colleghi di quello che faceva. Da altre intercettazioni sono emerse dichiarazioni di Michieletti a seguito delle quali la procura ha formulato anche l’accusa di atti persecutori, per la continuità con cui le donne venivano «costrette», dice la questura, a subire gli atti sessuali col timore di ripercussioni nel caso di un rifiuto.
Il giudice per le indagini preliminari di Piacenza ha disposto gli arresti domiciliari nei confronti di Michieletti e il sequestro di computer e cellulare, per indagare ulteriormente. Nel frattempo il suo studio è stato sigillato e lui non ha fatto commenti, nemmeno attraverso il suo legale.