La fine di Hitler, 80 anni fa
Con l'Armata Rossa a poche centinaia di metri, esaurito e isolato, si uccise nel suo bunker di Berlino, prima di essere bruciato in fretta e furia

Una piccola colonna di fumo aveva iniziato ad alzarsi dal giardino della Cancelleria del Reich a Berlino nel pomeriggio del 30 aprile del 1945. Il fuoco non era stato causato da uno dei tanti bombardamenti dell’Armata Rossa, che stava per prendere la città, ma da alcuni uomini che lo avevano appiccato usando fogli di carta e benzina per bruciare il corpo del loro capo e di sua moglie, prima che finissero nelle mani dei soldati sovietici. L’incendio fu rinfocolato più volte e nel tardo pomeriggio di Adolf Hitler ed Eva Braun non restò che cenere. La notizia della loro morte fu resa pubblica qualche ora dopo, quando era il primo maggio di ottant’anni fa.
Hitler si era ucciso con un colpo di pistola alla tempia, Eva Braun con una dose di cianuro. Complice la propaganda e alcune campagne di disinformazione soprattutto da parte dell’Unione Sovietica, per decenni si discusse sul modo in cui Hitler e Braun morirono, con teorie del complotto che ancora oggi portano a speculazioni di ogni tipo sulle loro ultime ore di vita o sulla possibilità che fossero riusciti a fuggire e a vivere per molto tempo dopo la fine della Seconda guerra mondiale. La morte di Hitler, uno dei personaggi più spietati del Novecento, ha inoltre alimentato la fantasia di decine di autori, con romanzi, saggi, film, serie tv e documentari che l’hanno esplorata in modi più o meno creativi e aderenti alla realtà.
Una decina di giorni prima del suo suicidio, Hitler aveva compiuto 56 anni e aveva alle spalle una carriera politica unica nel suo genere, la responsabilità morale della morte di milioni di persone e dell’Olocausto, uno dei più grandi genocidi nella storia dell’umanità. Poco più che trentenne era diventato il leader del Partito Nazista, a 44 anni cancelliere e un anno dopo dittatore di fatto della Germania. Aveva instaurato e gestito un regime duro e sanguinario, seguendo le proprie ambizioni espansionistiche aveva dato inizio alla Seconda guerra mondiale invadendo prima la Polonia nel 1939 e poi numerosi altri paesi, facendo avanzare rapidamente i suoi eserciti, che sembravano inarrestabili.
Meno di sei anni dopo, le cose erano cambiate drasticamente. La Germania si era ritirata da buona parte dei territori conquistati, perdendo importanti battaglie contro le forze statunitensi e britanniche sul fronte occidentale e contro l’esercito sovietico su quello orientale. In quei giorni di aprile di ottant’anni fa, l’Armata Rossa era ormai a poche centinaia di metri dalla Cancelleria del Reich e per Hitler era sfumata non solo qualsiasi possibilità di vittoria, ma anche di trattare una resa.
Insieme ad alcuni dei suoi più fidati collaboratori, da metà gennaio 1945 Hitler si era ritirato nel bunker costruito sotto la Cancelleria. Con l’inizio della primavera gli eserciti degli Alleati avevano fatto ulteriori progressi e l’esercito nazista era al limite del collasso. Nonostante ciò, il 21 aprile Hitler aveva disposto una controffensiva nei confronti dell’esercito sovietico, ma l’ordine non era stato eseguito e Hitler aveva avuto una sorta di esaurimento nervoso. Accusò i propri generali di incompetenza, disse che in quelle condizioni la guerra era ormai persa e che avrebbe atteso gli ultimi sviluppi nel bunker per poi uccidersi.
Secondo le testimonianze di vari collaboratori, Hitler mostrava ormai da tempo un comportamento ulteriormente alterato intervallando momenti di collera estrema ad altri di calma e apparente depressione. Di sicuro non prese per niente bene la richiesta di chiarimenti che Hermann Göring, uno dei più importanti gerarchi nazisti, gli aveva inviato per telegramma per capire se potesse prendere il suo posto come capo del Reich. Hitler si convinse che fosse un tentativo di liberarsi di lui: tolse a Göring ogni incarico e ne dispose l’arresto lo stesso giorno.

Adolf Hitler e Hermann Göring nel 1938 (Wikimedia)
Nei decenni dopo la Seconda guerra mondiale si sarebbe scritto a lungo sugli ultimi giorni di Hitler e più in generale sulla vita all’interno del bunker, fino all’arrivo dell’esercito sovietico. Circolarono ricostruzioni fantasiose e altre più aderenti alla realtà, descrivendo in sostanza una lunga e a tratti monotona attesa per la notizia: la definitiva sconfitta dell’esercito nazista. Ricevere informazioni non era però semplice: per motivi di sicurezza quasi tutti i canali di comunicazione con il bunker erano stati interrotti e buona parte delle informazioni arrivava grazie ai bollettini radio.
Fu proprio tramite una trasmissione dell’emittente britannica BBC che il 28 aprile Hitler apprese che Heinrich Himmler, figura centrale del regime e dell’esercito nazista, aveva proposto agli Alleati una resa in modo da fermare le attività militari per lo meno sul fronte occidentale. La proposta era stata respinta, ma per Hitler si era comunque trattato di insubordinazione, tra l’altro da parte di uno dei suoi più storici gerarchi: ordinò che Himmler venisse arrestato e fece fucilare il suo principale collaboratore, che lo rappresentava nel bunker.
Mentre arrivavano nuove notizie sull’avanzata dell’Armata Rossa a Berlino, che si trovava ormai a circa un chilometro dalla Cancelleria del Reich, la storia delle ultime ore di Hitler ebbe una sfumatura tra il sentimentale e il pragmatico. Poco dopo la mezzanotte del 29 aprile, Hitler sposò Eva Braun con una piccola cerimonia civile, seguita da una breve colazione pensata come banchetto di nozze. Braun aveva 33 anni, aveva conosciuto Hitler quando ne aveva 17, ma non ne era rimasta particolarmente colpita. La loro relazione divenne più stabile intorno al 1932, anche se con alti e bassi e alcuni tentativi di suicidio da parte di Braun, divenuta infine Eva Hitler nel bunker.

Adolf Hitler ed Eva Braun nel 1935
Nelle ore dopo il matrimonio, Hitler dettò alla propria segretaria un testamento e dispose che dopo la sua morte diventasse cancelliere Joseph Goebbels, a lungo ministro della propaganda del Terzo Reich. Hitler dormì poi per qualche ora e nel pomeriggio del 29 aprile gli fu comunicata la morte di Benito Mussolini, il suo principale alleato e fonte di ispirazione negli anni dell’ascesa al potere. Le notizie sui corpi mutilati di Mussolini e della sua compagna, Claretta Petacci, rafforzarono probabilmente la convinzione di Hitler di uccidersi e di non far trovare il proprio corpo.
Hitler fu visto vivo per l’ultima volta dai suoi più stretti collaboratori intorno alle 2:30 di notte del 30 aprile. Li salutò nel corridoio del bunker, stringendo loro le mani e parlando brevemente con ciascuno. Poche ore prima gli era stato comunicato che gli ultimi gruppi di soldati a difesa di Berlino erano stati accerchiati e che non si sarebbero potuti difendere a lungo, forse per meno di una giornata. Intorno alle 14:30, Braun entrò con Hitler nel suo studio e i due chiusero la porta.
Non è chiaro quanto tempo passò prima che Heinz Linge, il cameriere personale di Hitler, entrasse nell’anticamera notando che la porta dello studio era ancora chiusa e che c’era odore di polvere da sparo. Linge si consultò con Martin Bormann, il segretario di Hitler, e i due entrarono insieme nello studio.
I corpi senza vita di Adolf Hitler ed Eva Braun erano seduti sul divano. Dalla tempia destra di Hitler usciva del sangue, che aveva impregnato parte del bracciolo e del tappeto: si era sparato un colpo di pistola. Sul corpo di Braun non c’erano invece ferite: si era uccisa con una dose di cianuro. Nella stanza c’era uno spiccato odore di mandorle bruciate, tipico del cianuro, misto a quello della polvere da sparo della pistola usata da Hitler. Si erano uccisi tra le tre e le quattro del pomeriggio, erano sposati da meno di 40 ore.
La notizia della morte si diffuse nel bunker e Linge si fece aiutare per eseguire gli ordini che aveva lasciato Hitler. Il suo corpo, così come quello di Braun, fu avvolto in una coperta e portato attraverso una delle uscite del bunker nel giardino della Cancelleria del Reich. I corpi non erano molto coperti e diverse persone nel bunker ebbero modo di riconoscere sia Hitler sia Braun, raccontando in seguito ciò che avevano visto alle autorità sovietiche.

Il giardino della Cancelleria del Reich nel 1947: quella a sinistra vicino alla pianta è l’uscita di emergenza del bunker che fu usata per trasportare i corpi di Hitler e Braun (Wikimedia)
Sui corpi e sulle coperte fu versata della benzina, ma appiccare il fuoco si rivelò più difficile del previsto, tanto che Linge tornò nel bunker per recuperare della carta per alimentare meglio le fiamme. I corpi presero infine fuoco e furono salutati un’ultima volta con il saluto nazista dagli astanti. A poca distanza si sentivano i colpi di artiglieria dell’Armata Rossa ormai a meno di mezzo chilometro dal giardino in cui stava bruciando il corpo del suo principale obiettivo.
Il rogo durò circa due ore, alimentato dalla costante aggiunta di benzina per bruciare il più velocemente possibile i corpi. Intorno alle 18:30 le ceneri furono raccolte in una buca poco profonda prodotta da una precedente esplosione e coperte con un po’ di terra. Gli attacchi sovietici si stavano intensificando e non era più sicuro uscire nel giardino, così le ceneri di Hitler e Braun passarono presto in secondo piano per gli occupanti del bunker.
Iosif Stalin, il dittatore dell’Unione Sovietica, fu informato della morte di Hitler poco dopo le quattro del mattino del primo maggio e chiese la resa incondizionata della Germania nazista. Più o meno negli stessi momenti una radio di Amburgo informò i propri ascoltatori della morte di Hitler, mentre la notizia arrivò sui principali giornali del mondo il 2 maggio. In quello stesso giorno l’esercito sovietico conquistò la Cancelleria del Reich, mentre alcuni occupanti del bunker si uccisero per non essere fatti prigionieri. Furono condotte diverse perquisizioni, anche nel giardino, e in una di queste furono trovate le ceneri di Hitler e i resti ancora integri di parte della sua dentatura, che si sarebbe rivelata in seguito molto importante per confermare che il corpo bruciato fosse proprio il suo.
Nonostante l’appartenenza di quei resti fosse stata confermata in poco tempo, per esempio dagli assistenti del dentista personale di Hitler, l’Unione Sovietica mise in circolazione versioni discordanti e confuse su cosa fosse accaduto nel bunker e sulla morte stessa di Hitler. Si disse che si fosse ucciso con il cianuro e non con una pistola, poi che non fosse stato trovato alcun suo resto e lo stesso Stalin nell’estate del 1945 disse che probabilmente Hitler non era morto e che aveva trovato rifugio da qualche parte in Spagna o in Argentina. La versione della fuga fu sostenuta per anni da molti esponenti sovietici, alimentando teorie discusse ancora oggi su una seconda vita di Hitler dopo la Seconda guerra mondiale.
La mancanza di un certificato di morte di Hitler fu usata spesso come argomento per sostenere che fosse impossibile dichiarare con certezza la sua morte. Una corte federale tedesca lavorò per quattro anni al caso, raccogliendo più di 40 testimonianze a porte chiuse in modo che i testimoni non si potessero influenzare a vicenda. Le loro dichiarazioni più i documenti storici permisero di concludere nel 1956 che Hitler fosse effettivamente morto il 30 aprile del 1945 con Eva Braun nel suo studio, a circa 8 metri di profondità sotto il giardino della Cancelleria del Reich, dove i loro corpi furono inceneriti.