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  • Mercoledì 16 aprile 2025

In Italia si vedono sempre più allevamenti di alpaca

Negli ultimi cinque anni sono più che quintuplicati e ora ce ne sono quasi 900, sia per la lana sia perché piacciono

Tre alpaca durante un'escursione a Masserberg, in Baviera (Martin Schutt/dpa, ANSA)
Tre alpaca durante un'escursione a Masserberg, in Baviera (Martin Schutt/dpa, ANSA)
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Un giorno del 1994 Gianni Berna stava sfogliando una rivista inglese. Dopo una vita a Roma era tornato in Umbria, la regione d’origine della famiglia del padre, e aveva comprato una tenuta nella valle del Niccone con l’idea di metterci solo animali liberi. All’inizio aveva tenuto cavalli, mucche e un asino, «ma scappavano, sporcavano, portavano tafani», racconta: poi proprio su quella rivista si imbatté negli alpaca, animali che non conosceva. Così andò a visitare due allevamenti nel Galles e nel giro di poco tempo ne prese due, mettendo su il primo allevamento di alpaca in Italia.

Da allora di attività simili alla sua in Italia ne sono state aperte moltissime: non solo perché con il loro collo lungo, il pelo soffice e gli occhi grandi sono animali che esercitano un certo fascino, ma anche perché vengono impiegati per diverse attività, dalla produzione di filati di pregio a passeggiate ricreative.

«Erano tranquilli, belli, puliti», dice Berna a proposito degli alpaca che aveva visto in Galles (àlpaca è la pronuncia più corretta, ma si usa anche alpàca). Per gestire i primi si fece seguire dalla facoltà di veterinaria dell’Università di Perugia, che al tempo stava studiando la loro popolazione nelle Ande, dove furono domesticati circa 6mila anni fa prima per la carne, e poi per la soma e per la fibra. In seguito ne importò altri dalla Svizzera, arrivando in totale a una trentina di capi.

All’inizio nessuno era interessato alla fibra grezza degli animali, racconta Berna: poi trovò un’azienda di Biella disposta a comprarla e filarla, e con la collaborazione di alcuni maglifici umbri cominciò a realizzare sciarpe e maglioni da vendere nel negozietto della sua azienda. Oggi di alpaca Berna ne ha cinque o sei e non li fa riprodurre né li vende più: restano comunque una delle attrazioni principali per chi frequenta il suo agriturismo o si trova in zona.

Alcuni alpaca fotografati nel Vermont

(AP Photo/Toby Talbot)

Oggi le aziende agricole con alpaca in Italia sono molte più di un tempo. Secondo le statistiche della Banca Dati Nazionale dell’Anagrafe Zootecnica, che dipende dal ministero della Salute, al 31 gennaio del 2025 gli allevamenti in Italia erano 873, la maggior parte dei quali in Lombardia (162), Piemonte (106) e Veneto (100): per dare l’idea, nel gennaio del 2020 ne risultavano 165, più di un terzo dei quali sempre in Lombardia. In cinque anni insomma gli allevamenti di alpaca in Italia sono più che quintuplicati, e in generale si sono moltiplicati anche gli allevamenti di camelidi, la famiglia che include tra gli altri cammelli, dromedari e lama, che oggi sono 1.178 contro i 251 del 2020.

Come aveva raccontato nel 2023 a Repubblica Pasquale Scognamiglio, presidente della Società Nazionale Alpaca e Lama (SNAEL), in parte questi numeri si spiegano con l’obbligo di registrazione degli animali introdotto con un regolamento europeo nel 2019. A detta di Scognamiglio comunque la crescita del settore negli ultimi anni è innegabile, e i dati «ancora fortemente sottostimati».

In Italia c’è chi alleva gli alpaca per riprodurli e rivenderli o appunto per la loro fibra, che pur essendo anallergica, idrorepellente e molto calda è poco diffusa perché molto costosa (arriva anche a 180 euro al chilo), e c’è poi chi li presenta a mostre di bellezza. Visto che sono così docili e tranquilli da essere spesso considerati animali da compagnia, molte aziende però stanno puntando soprattutto su visite guidate o passeggiate assieme a loro, pensate anche per aziendepersone con disabilità.

Tra queste c’è Gli Alpaca del Doss, un allevamento in provincia di Brescia con sedici animali, di cui due lama. Lo gestiscono Andrea Valduga e la moglie Giada Franzoni, che durante la pandemia erano rimasti incuriositi da alcune foto di alpaca sui social e avevano deciso di inserirne due in una cascina dove avevano già altri animali. Da quasi tre anni come secondo lavoro organizzano passeggiate con gli alpaca su prenotazione. Evitano invece di aprire il loro spazio a chi vuole semplicemente scattare una foto: il loro obiettivo, dicono, è più che altro far conoscere un animale che in Italia è ancora poco noto e relativamente difficile da incontrare.

Gli alpaca «trasmettono tranquillità e serenità, ma non sono carini e coccolosi» come spesso si legge in giro, dice Franzoni: anche se li si può addestrare ad accettare il contatto con le persone e a camminare al guinzaglio, non sono animali da compagnia, non cercano le persone per essere coccolati e non bisogna forzarli a fare cose che non vogliono. E sì, come fanno i lama, capita che si sputino addosso gli uni con gli altri se sono stressati o vengono infastiditi: può succedere anche con le persone, ma più di rado.

Filati ricavati da fibre di alpaca fotografati nella zona di Puno, in Perù (AP Photo/Martin Mejia)

Le razze di alpaca sono due e la loro popolazione stimata è di circa 4 milioni di individui, il 96 per cento dei quali vive in Perù e Bolivia. Secondo Berna in Italia hanno cominciato a diffondersi perché in certi casi possono sostituire animali come capre, somari e pony, e perché in generale sono semplici da gestire. Stanno liberamente al pascolo e brucano erba o fieno senza danneggiare le piante, vanno tosati solo una volta all’anno e si adattano bene anche a climi diversi. Si sono evoluti per resistere all’altitudine e all’aridità delle Ande, quindi se li si mette «altrove, ovunque stiano, sono in vacanza», scherza sempre Berna.

Ma per Valduga c’è anche una questione di moda. I social network hanno stimolato la curiosità nei loro confronti, e quindi il passaparola, così come la richiesta di posti che permettano di entrarci in contatto. Il risultato è che sempre più persone hanno provato ad allevarli, a volte però sottovalutando l’impegno.

Come per qualsiasi animale, per gestire gli alpaca vanno seguite alcune accortezze, a partire dallo spazio di cui hanno bisogno: di norma si parla di circa mille metri quadrati di pascolo a disposizione di ciascun individuo. La Società Italiana Alpaca (SIA), l’altra associazione nazionale di riferimento, spiega che vivono in mandrie con complesse strutture sociali e che per loro vivere da soli non è ideale, motivo per cui bisognerebbe sempre tenerne almeno due o tre. Pur essendo animali socievoli la convivenza con cavalli, asini, capre o maiali può essere problematica; inoltre maschi e femmine andrebbero tenuti separati, sia per evitare la competizione, sia perché il loro metodo di riproduzione è così invasivo che alla lunga rischia di provocare infezioni e gravi danni alle femmine.

Quanto ai costi tra fieno, acqua, mangime, tosatura e vaccini secondo una stima della SIA mantenere due alpaca costa indicativamente 750 euro all’anno: è una spesa a cui però vanno aggiunte eventuali visite veterinarie o esami come radiografie ed ecografie, per esempio in caso di gravidanza.

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