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  • Martedì 15 aprile 2025

Cosa si sa della nuova lega che NBA e FIBA vogliono creare in Europa

Si parla di un torneo di basket ricco, con squadre vecchie e nuove, che probabilmente farà concorrenza all'Eurolega

Il capo dell'NBA, Adam Silver, prima di una delle partite di NBA giocate quest'anno a Parigi (Dean Mouhtaropoulos/Getty Images)
Il capo dell'NBA, Adam Silver, prima di una delle partite di NBA giocate quest'anno a Parigi (Dean Mouhtaropoulos/Getty Images)
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A fine marzo l’NBA e la FIBA hanno presentato un progetto per creare una nuova lega di basket in Europa nei prossimi anni; l’NBA è l’associazione che organizza il principale campionato nel mondo, quello nordamericano, e la FIBA è la federazione cestistica internazionale. Di questa idea si discuteva da tempo e, anche se ancora non si sanno molte cose, l’annuncio che ha reso ufficiale l’intenzione è notevole: presto potrebbe cambiare il modo in cui è organizzato il basket in Europa, con grosse conseguenze soprattutto per l’attuale principale competizione continentale, l’Eurolega, che viene gestita privatamente, non ha legami con NBA e FIBA e non sembra per il momento essere inclusa nel progetto.

Il commissioner (una specie di presidente) dell’NBA Adam Silver e il segretario generale della FIBA Andreas Zagklis hanno spiegato che il piano sarebbe creare una lega inizialmente con 16 squadre, 12 permanenti e 4 che accedono con un sistema di promozioni e retrocessioni ancora da definire. Certe squadre sarebbero già esistenti (verosimilmente alcune di quelle che partecipano all’Eurolega: si parla di Real Madrid, Barcellona, Fenerbahce, ma anche dell’Olimpia Milano), altre invece verrebbero create da zero, forse anche appoggiandosi a club calcistici (sono stati citati Manchester City, Arsenal, Paris Saint-Germain). Il formato della nuova lega sarebbe quindi in parte simile a quello dell’Eurolega, dove la maggior parte delle squadre sono permanenti e qualcuna cambia di anno in anno.

Sarebbe poi un ibrido tra il modo in cui sono organizzate le principali leghe statunitensi, quindi senza promozioni e retrocessioni, e quello in cui si fa sport abitualmente in Europa, con campionati aperti.

Le partite si giocherebbero secondo le regole FIBA (quindi 10 minuti per quarto, con la linea del tiro da 3 punti a 6,72 metri, per esempio, invece dei 7,25 dell’NBA): Silver ha detto di voler «rispettare la tradizione del basket europeo». Probabilmente ha deciso di lasciare aperta una parte della lega, quella delle 4 squadre promosse e retrocesse, per non rischiare di fermarsi all’ostacolo su cui quattro anni fa si bloccò il discusso progetto della Super Lega di calcio, e cioè il fatto che l’accesso non avvenisse su base meritocratica.

Non sarebbe la prima volta, in ogni caso, che NBA e FIBA organizzano qualcosa assieme: dal 2021 si gioca la Basketball Africa League, il torneo diventato il principale nel continente africano al quale partecipano 12 squadre di 12 paesi diversi, ognuna delle quali si qualifica attraverso il proprio campionato nazionale.

L’NBA ha da anni un legame abbastanza stretto con l’Europa. In ogni stagione qualche partita della regular season si gioca in città europee, principalmente Parigi e Londra; buona parte di tifosi e appassionati viene dall’Europa, anzi il numero di persone che guardano le partite sta diminuendo negli Stati Uniti ma aumentando qui. Soprattutto, il basket che si gioca negli Stati Uniti è sempre più influenzato da quello europeo: oggi ci sono oltre 60 giocatori europei in NBA, alcuni dei quali sono tra i migliori del campionato come Nikola Jokic (premiato come MVP in tre delle ultime quattro stagioni), Giannis Antetokounmpo (due volte MVP) e Luka Doncic. Due giocatori francesi, Victor Wembanyama e Zaccharie Risacher, sono stati i primi a essere selezionati negli ultimi due draft.

In Europa il basket è uno degli sport più popolari e l’Eurolega è una competizione molto seguita, il cui pubblico continua ad aumentare: la scorsa stagione ha ottenuto un nuovo record di presenze nei palazzetti, con 10.383 spettatori in media a partita. Di recente, anche per consolidarsi e proteggersi dall’eventuale arrivo di una nuova competizione, l’Eurolega ha rinnovato il suo contratto con IMG, una grossa compagnia che dal 2016 è tra i principali partner del torneo e lo aiuta a trovare sponsor, accordi commerciali e diritti televisivi.

Ciononostante, la maggior parte dei club partecipanti ha i bilanci in perdita: l’NBA e la FIBA dicono di essere convinte che per il basket in Europa ci sia un potenziale commerciale ed economico molto vasto e per la maggior parte inesplorato. Una proiezione molto citata in questi giorni e che fu fatta lo scorso anno sostiene che il basket tra Europa e Medio Oriente potrebbe generare circa 3 miliardi di euro di ricavi all’anno.

Luka Doncic dei Los Angeles Lakers e Nikola Jokic dei Denver Nuggets (AP Photo/David Zalubowski)

È difficile, per ora, dire quanto sia esportabile il modello di business con cui l’NBA è diventata ricchissima, fondato su una struttura chiusa, su un sistema di entrate centralizzate dai diritti televisivi ma anche dalle sponsorizzazioni, oltre che su un modo di intendere lo sport culturalmente molto diverso. È anche complicato prevedere cosa accadrà all’Eurolega, che rischierebbe di perdere prestigio e centralità se alcune delle sue partecipanti decidessero di passare alla nuova lega. È possibile che NBA, FIBA ed Eurolega trovino un accordo per collaborare, ma le premesse non sono incoraggianti, perché tra FIBA ed Eurolega c’è una diatriba vecchia di 25 anni.

Fino al 2000 quella che oggi è l’Eurolega, e che un tempo si chiamava FIBA European Champions Cup (Coppa dei Campioni in italiano), era gestita appunto dalla FIBA; dal 1996 assunse il nome di FIBA Euroleague ma gli organizzatori non registrarono il marchio. Nel 2000 alcune tra le principali squadre europee decisero di fondare una nuova lega indipendente che non fosse amministrata dalla FIBA (un po’ come hanno tentato di fare nel calcio con la Super Lega) e poterono chiamarla Eurolega e prenderne di fatto i simboli e la storia, approfittando della negligenza della FIBA. La federazione internazionale provò a fondare, con le squadre che non erano entrate nell’Eurolega, una competizione parallela, la FIBA SuproLeague, che però durò solo una stagione. Nella primavera del 2001 Eurolega e FIBA si accordarono per creare una sola competizione amministrata dall’Eurolega (la concorrenza in quel momento non faceva comodo a nessuna delle due), che lasciò invece alla FIBA l’organizzazione delle competizioni per nazionali.

Con gli anni la FIBA comunque ha creato altre competizioni europee per club e oggi in Europa ce ne sono quattro, due gestite dall’Eurolega, l’Eurolega stessa e l’Eurocup, e due gestite dalla FIBA, la Champions League e l’Europe Cup. L’Eurolega viene considerata da tutti la più importante e ci giocano le migliori squadre in Europa; l’Eurocup e la Champions League si contendono il ruolo di seconda coppa per importanza.

Proprio dalla Champions League, secondo alcuni commentatori, potrebbero qualificarsi le 4 squadre variabili della nuova competizione che NBA e FIBA vogliono creare.

Una partita di SuproLeague tra Alba Berlino e Panathinaikos, due delle squadre che l’anno successivo si unirono all’Eurolega (Anja Heinemann/Bongarts/Getty Images)

Oltre a un’espansione commerciale, è possibile che l’NBA in Europa cerchi anche di aprire una sorta di corsia preferenziale con le squadre giovanili. Oggi nel campionato nordamericano i giocatori arrivano dopo aver giocato o nelle squadre universitarie statunitensi o nei campionati stranieri; le 30 squadre che partecipano all’NBA non hanno un settore giovanile, hanno al massimo una squadra affiliata che gioca in un campionato inferiore, la cosiddetta G League (fondata nel 2001 dall’NBA, che pochi anni prima aveva fondato anche la WNBA, la lega femminile).

L’NBA non ha di fatto modo di supervisionare e curare la crescita e lo sviluppo dei giovani cestisti che poi giocheranno nel suo campionato, che in Europa sono diversi, spesso più incentrati sulla tecnica e la tattica. La creazione di una lega europea di sua proprietà le consentirebbe invece, scrive The Athletic, di avere un peso sulla formazione di molti suoi futuri giocatori.