Migliaia di persone cercano da anni i cordoni ombelicali dei figli
È una storia iniziata con un’invitante campagna pubblicitaria di una società svizzera, oggi fallita e piena di debiti
di Alessandra Pellegrini De Luca

Susy Brunzu e Giacomo Ginnasi ebbero un figlio nel 2015. Dopo il parto, avvenuto in un ospedale di Monza, decisero di congelare e conservare il sangue del cordone ombelicale appena reciso. Il sangue cordonale è ricco di cellule staminali preziose per il trattamento di alcune patologie, quindi può essere donato a banche pubbliche per darlo a chi ne ha bisogno. Brunzu e Ginnasi però fecero un’altra cosa: convinti da una società svizzera, decisero di congelare il sangue del cordone in una banca privata, e tenerlo per sé nel caso in cui ne avessero avuto bisogno in futuro. Pagarono 3mila euro.
Oggi Brunzu e Ginnasi non hanno idea di dove sia finito il sangue cordonale del figlio, e nella loro situazione ci sono migliaia di altre famiglie italiane.
La società con cui molte di queste persone congelarono il sangue cordonale si chiama Genico SA. È un’azienda di cui si sa poco, e assai poco trasparente sotto diversi punti di vista. Fallì improvvisamente nel 2022 senza dare più notizie dei campioni di sangue congelati. Da allora risulta in liquidazione. Secondo documenti visti dal Post deve allo stato svizzero circa un milione di euro tra debiti e tasse non pagate. Nel corso degli anni, alla sua guida si sono avvicendati professori universitari, consulenti immobiliari, imprenditori e persone ancora oggi attive in ambiti professionali di alto livello, in Italia e in Svizzera. E sull’azienda, in Svizzera, è in corso un procedimento penale.

Frame di un video promozionale diffuso dal canale YouTube di Genico
Quella dei cordoni ombelicali scomparsi è una storia di cui in Italia si parlò molto nel 2019. In quell’anno fallì un’altra azienda privata che aveva convinto i genitori a congelare il sangue cordonale dei figli, la CryoSave, che come Genico aveva sede in Svizzera. Quando quell’azienda fallì, le circa 15mila famiglie che le avevano affidato i propri cordoni ombelicali ne persero le tracce, e il caso fu molto raccontato da giornali e trasmissioni televisive.
Il sangue cordonale è quello che rimane nel cordone ombelicale dopo la sua recisione, una volta nato il bambino o la bambina. È un sangue ricco di cellule staminali emopoietiche, cioè che possono dare origine a tutte le diverse cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine). Come altri tipi di cellule staminali “adulte”, cioè già specializzate nella rigenerazione di un determinato tipo di tessuto, possono offrire opzioni terapeutiche per varie patologie, in particolare del sangue o del sistema immunitario, come mielomi, leucemie e linfomi. La logica per cui viene raccolto e donato a chi possa averne bisogno per ragioni di salute, quindi, è simile a quella della donazione di organi, o del sangue.
Nella stragrande maggioranza dei casi i trapianti di cellule del sangue cordonale vengono fatti utilizzando cellule di donatori, anziché dello stesso paziente. Anzi, in molti casi il trapianto di cellule dello stesso paziente può essere persino controindicato. Per questo in Italia non è consentita la conservazione dedicata del sangue cordonale. Di solito viene donato a banche pubbliche per essere utilizzato in trapianti fatti utilizzando le cellule di una persona diversa dal paziente, un donatore (questi trapianti vengono detti “allogenici”).
Nonostante ciò si è andato sviluppando un mercato di banche e aziende private con base all’estero che conservano il sangue cordonale. Queste aziende hanno basato per anni il proprio marketing su narrazioni prive di basi scientifiche. Una delle clienti ascoltate per questo articolo ha raccontato che il rappresentante commerciale di Genico con cui aveva parlato le aveva assicurato che «più ti allontani dalla genetica, più è difficile che il sangue sia compatibile», e che quindi congelare il sangue cordonale del figlio appena nato sarebbe stata una scelta lungimirante per la propria salute.
Una parte della storia si è poi conclusa. CryoSave fece sapere di aver trasferito i cordoni congelati in una società specializzata di Varsavia, la FamiCord, una delle più grandi banche di cellule al mondo. Uno dei clienti dell’azienda, l’avvocato Massimiliano Seregni, condusse una lunga ricerca che lo portò a identificare una parte dei campioni congelati e a ricostruire a chi appartenessero. La questione è invece rimasta aperta per quanto riguarda i clienti di Genico.
A differenza di CryoSave, Genico non aveva congelatori propri, ma si faceva pagare per congelare i campioni in varie “banche”, come vengono in genere chiamate, distribuite in tutto il territorio europeo. Migliaia di campioni sono ancora congelati in queste banche, che però non sanno di chi sono, visto che i codici identificativi per assegnarle ai proprietari appartenevano a Genico che dal suo fallimento è completamente irreperibile. Tutti quei campioni di sangue cordonale, nel frattempo, sono stati sottratti al circuito delle donazioni pubbliche, dove erano potenzialmente utili, se non salvavita, per molti pazienti.
La storia di Genico iniziò nel 2006. L’iscrizione al registro di commercio del Canton Ticino è del 15 dicembre. Genico è una SA, una Società Anonima. È uno dei modelli più frequenti di società aperte in Svizzera, un paese in cui le leggi sulle attività commerciali sono molto lasche. «Abbiamo una legge che è estremamente, troppo permissiva», ha detto commentando la vicenda Giovan Maria Zanini, durante la trasmissione Patti Chiari della Radiotelevisione svizzera. Zanini è stato fino a poco tempo fa farmacista cantonale, un’autorità di controllo farmaceutica del Cantone Ticino.
Come altre aziende di questo tipo, Genico è nata attorno a un ambito scientifico molto promettente, quello delle cellule staminali, sul quale molti hanno costruito truffe anche eclatanti. Quella più nota, ricordata con il nome di “caso Stamina”, prometteva la cura di alcune malattie neurodegenerative tramite la somministrazione di cellule staminali.
Genico non prometteva esplicitamente cure, faceva leva però su progressi scientifici in corso, che in un futuro imprecisato avrebbero portato a nuove scoperte. Intanto quei progressi venivano usati per convincere i genitori a congelare il sangue cordonale dei figli, in vista di un futuro utilizzo per la loro salute.
Il Post ha parlato con sei coppie di persone che hanno congelato il sangue cordonale dei figli, tre con CryoSave e tre con Genico. Brunzu e Ginnasi, una delle sei coppie, hanno detto di aver incontrato personalmente i rappresentanti di Genico. Si presentarono con brochure e depliant promettenti, costruiti per fare leva sulle emozioni e sulla paura di ammalarsi.
Un’altra coppia, che non ha voluto diffondere dettagli sulla propria identità per garantire la privacy al figlio, ha detto di aver ricevuto email da parte di Genico in cui si parlava di persone la cui vita era stata salvata da una crioconservazione del sangue cordonale. La crioconservazione è una tecnica che prevede che le cellule siano conservate a bassissima temperatura (-196 °C) grazie all’azoto liquido, per poter venire utilizzate in futuro.
Ai genitori, Genico proponeva contratti ventennali o trentennali per la crioconservazione del sangue cordonale, con cifre che sono andate, secondo le persone ascoltate per questo articolo, dai 2.500 ai 3.500 euro.
Non ci sono dati certi su quante famiglie abbiano accettato di congelare il sangue cordonale dei figli con Genico. Contattato per questo articolo, l’ex presidente ed ex direttore commerciale di Genico Jean-Charles Ianni ha detto di non lavorarci più da anni e ha detto di non sapere quanti clienti avesse l’azienda che presiedeva e dirigeva.
Ianni è una di molte altre persone che negli anni hanno avuto ruoli importanti all’interno di Genico, quasi nessuna delle quali aveva titoli scientifici. Secondo il documento relativo a Genico dell’Ufficio del registro di commercio del Cantone Ticino, l’equivalente della Camera di commercio italiana, furono amministratori unici della società soprattutto imprenditori.
L’ultimo di questi fu Gianni Scheu, imprenditore che prima dell’incarico a Genico era stato condannato in Svizzera per reati finanziari nella gestione di una fiduciaria che si occupava di compravendita di automobili. Riuscì a rintracciarlo Emanuele Di Marco, autore di un’approfondita inchiesta della Radiotelevisione svizzera sulla vicenda dei cordoni ombelicali. Lo trovò in una residenza per anziani del Canton Ticino. In quell’occasione Di Marco gli chiese come fosse possibile che fosse stato nominato amministratore unico di una società poco dopo una condanna per reati finanziari: Scheu ammise di essere stato nominato come prestanome.
Per un certo periodo il direttore scientifico di Genico è stato Carlo Ventura, attualmente professore ordinario di biologia molecolare all’università di Bologna. Negli ultimi anni Ventura è finito al centro anche di un’altra vicenda, quella dell’Istituto privato universitario svizzero (IPUS), una finta università che prometteva titoli di studio validi in più paesi europei, facendosi pagare rette da circa 10mila euro l’anno. Nel novembre del 2017 il direttore dell’IPUS venne condannato da un tribunale svizzero per violazione della legge federale. Secondo quanto ricostruito dalla Radiotelevisione svizzera, Carlo Ventura faceva parte del comitato scientifico di questa università.
Dal fallimento di Genico, nel 2022, i suoi dirigenti e rappresentanti sono irreperibili. L’azienda non diffuse comunicazioni nemmeno rispetto al fallimento. Molte famiglie lo scoprirono perché l’azienda smise di inviare le annuali email di auguri di compleanno per i figli e le figlie delle coppie.

Una comunicazione inviata da Genico per il compleanno di una bambina (Il Post)
Alcune di loro cercarono notizie della società su internet. Trovarono articoli sui cordoni ombelicali scomparsi. Non sapevano a chi rivolgersi per riaverli o quantomeno sapere dove fossero.

Un fermo immagine di un video promozionale diffuso dal canale YouTube di Genico
Genico affidava i campioni alle banche, e conservava i codici identificativi per assegnarle a chi li aveva congelati, quindi per risalire alle identità anagrafiche dei proprietari dei campioni. Dopo il fallimento di Genico le banche in questione si ritrovarono i congelatori pieni di campioni di sangue cordonale senza poter risalire ai proprietari. Le banche, a quel punto, pubblicarono annunci pubblici in cui invitavano chiunque avesse congelato il proprio sangue cordonale attraverso Genico a contattarle per verificare se i campioni appartenessero a loro (qui un annuncio pubblicato dalla svizzera Swiss Stem Cell Biotech).
Genico ha contratto grossi debiti nei confronti di alcune di queste banche. Il Post ha visto un estratto dell’Ufficio di esecuzione di Locarno, autorità cantonale svizzera responsabile dell’attuazione dei provvedimenti delle autorità giudiziarie, relativo a tutti i debiti di Genico aggiornati al 4 ottobre del 2022. Il documento contiene, tra gli altri, un debito di 68.540,64 franchi nei confronti di FamiCord, la banca di Varsavia in cui sono conservati alcuni campioni che furono affidati sia da CryoSave che da Genico, un altro di 82.508,35 franchi nei confronti di Serena Medical, società che si occupa tra altre cose anche del trasporto del sangue cordonale in strutture specializzate, e un altro ancora nei confronti di Fisher Clinical Services, controllata dalla banca Thermofisher, di 83.728,23 franchi (un franco vale poco più di un euro).
Nel documento ci sono poi debiti di migliaia di franchi nei confronti della Cassa cantonale di compensazione, un ente di previdenza sociale equiparabile all’INPS italiano, e altri debiti nei confronti dell’equivalente della nostra INAIL. La somma totale di debiti di Genico è di 938.481 franchi.
Swissmedic, un’autorità simile all’Agenzia italiana del farmaco, avviò un’indagine nei confronti della società che si concluse a settembre del 2022. Contattata dal Post, l’autorità ha fatto sapere che l’indagine si è conclusa con una «decisione penale» per cui il procedimento è passato al Ministero pubblico del Cantone Ticino, una specie di procura generale. Swissmedic non ha dato dettagli sulle identità degli imputati, che verranno ora giudicati da un tribunale.
I genitori, nel frattempo, si sono riuniti in gruppi Facebook e chat WhatsApp, anche insieme a ex clienti di CryoSave. Le chat, così come le persone ascoltate per questo articolo, sono accomunate da un generale senso di sfiducia nei confronti del settore della crioconservazione, molto prezioso nella cura di diverse condizioni, quando gestito da istituzioni trasparenti e affidabili. Massimiliano Seregni, l’avvocato italiano che ha seguito parte di questa vicenda per rintracciare i campioni di sangue cordonale conservati con CryoSave, ha detto che dopo il caso dei cordoni ombelicali scomparsi «il settore della crioconservazione ha subito un grosso freno».
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