Alla Chiesa cattolica non piace che le ceneri dei morti vengano disperse nelle Dolomiti
È una pratica apparentemente sempre più diffusa nel bellunese e consentita dalle leggi italiane

La scorsa settimana la diocesi di Belluno-Feltre, in Veneto, è tornata a discutere di una pratica consentita dalle leggi italiane, ma verso cui la Chiesa cattolica è notoriamente contraria: l’abitudine di disperdere le ceneri dei defunti nelle foreste alpine delle Dolomiti, ossia “in natura”.
Durante il consiglio presbiterale dello scorso 24 marzo, il vescovo di Belluno Renato Marangoni ha sottolineato la necessità di «scoraggiare» questa pratica, citando le direttive ecclesiastiche, che raccomandano di conservare le ceneri in un «luogo sacro», ossia un cinerario comune (uno spazio all’interno del cimitero destinato alla raccolta delle ceneri).
Il dibattito si inserisce nell’antica riluttanza della Chiesa cattolica nei confronti della cremazione, una forma di trattamento in cui i cadaveri vengono prima bruciati e poi per l’appunto ridotti in cenere. Era usata già nell’antichità dagli etruschi, dai greci e dai romani; poi la Chiesa la vietò, considerandola una forma pagana: ancora oggi la Chiesa raccomanda la sepoltura, pur non proibendo la cremazione.
In Italia la dispersione delle ceneri in natura è consentita dal 2001, quando una legge fissò i criteri generali della pratica e stabilì alcuni limiti: per esempio, in montagna (come nel caso delle Dolomiti) la dispersione delle ceneri deve avvenire «a distanza di almeno 200 metri da centri e insediamenti abitativi».
Negli anni questi criteri sono stati specificati da ogni regione con apposite norme. In Veneto accadde nel 2010, l’anno in cui Almerina Antoniazzi, vedova dello scrittore Dino Buzzati, decise di disperdere le ceneri del marito defunto nelle montagne sopra Cortina d’Ampezzo, come da volontà del marito (Buzzati era originario di Belluno).
Anche se non ci sono dati precisi, secondo le onoranze funebri della zona negli ultimi quindici anni la dispersione delle ceneri in natura è diventata effettivamente più diffusa. De Dea Gelisio, un’onoranza funebre di Belluno, ha detto al quotidiano il Dolomiti che «la richiesta da questo punto di vista c’è, ed è importante», e che «riceviamo sicuramente più richieste oggi rispetto a qualche anno fa»; anche altre onoranze funebri citate dal giornale hanno concordato sul punto.
L’ultima volta in cui la Chiesa specificò la sua posizione sulla dispersione delle ceneri fu nel 2023, quando il dicastero per la Dottrina della fede, l’organo della Chiesa che si occupa tra le altre cose di promuovere e tutelare la dottrina cattolica (fino al 1908 noto come Santa Inquisizione), rispose a due quesiti sul tema presentati dall’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi (oggi Zuppi è anche il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, o CEI).
In quell’occasione Zuppi chiese al dicastero di chiarire se fosse possibile «predisporre un luogo sacro, definito e permanente» per disperdere le ceneri dei defunti, e se la Chiesa ammettesse di conservarne almeno una parte «in un luogo significativo per la storia del defunto» (non per forza in un cimitero, quindi).
Zuppi disse di aver presentato quei quesiti proprio per disincentivare la tendenza a disperdere le ceneri in natura, una soluzione che spesso viene preferita anche per i suoi minori costi economici. Il dicastero ritenne ammissibili entrambe le pratiche, ribadendo però il divieto di disperdere le ceneri in natura.
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