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  • Venerdì 28 marzo 2025

I russi non stanno più avanzando a Pokrovsk

Lo racconta un ufficiale ucraino impegnato nella battaglia: le cose sono cambiate in meglio da quando i droni contano più dei proiettili di artiglieria

di Daniele Raineri

Soldati ucraini nel distretto di Pokrovsk (Daniele Raineri/il Post)
Soldati ucraini nel distretto di Pokrovsk (Daniele Raineri/il Post)
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Un ufficiale dell’esercito ucraino impegnato nella battaglia di Pokrovsk dice al Post che i soldati ucraini sono riusciti a fermare in modo stabile l’avanzata dei soldati russi e che la situazione è cambiata in meglio rispetto al 2024.

Pokrovsk è una città da sessantamila abitanti nel sud della regione del Donbas e da otto mesi è l’obiettivo di un’offensiva brutale dell’esercito russo che punta a sfondare le linee ucraine in quella zona per poi procedere a prendere il resto del Donbas.

Nel distretto di Pokrovsk i russi hanno investito una quantità massiccia di risorse, quindi molti soldati e molti mezzi militari, e nel 2024 sono riusciti a conquistare terreno, ma non sono ancora riusciti a entrare in città. Considerano il Donbas importante perché il presidente Vladimir Putin ha dichiarato in più occasioni che sarà territorio della Russia. La conquista della regione orientale è diventata uno degli obiettivi di ripiego dell’invasione russa, al posto di quello più ambizioso di prendere la capitale Kiev, rovesciare il governo attuale e annettere l’Ucraina intera.

Nell’ottobre del 2024 i soldati ucraini nel distretto di Pokrovsk dissero al Post che si erano appena ritirati di tre chilometri e mezzo in due settimane e che erano costretti ad arretrare spesso. Sui giornali internazionali la conquista di Pokrovsk da parte dei russi era data per imminente. Ad agosto l’Economist aveva fatto questo titolo: «Il Cremlino è vicino a schiacciare Pokrovsk, una città ucraina fondamentale», e a settembre il Wall Street Journal aveva fatto quest’altro titolo: «Gli ultimi giorni di Pokrovsk: gli ucraini scavano trincee e dicono addio alla loro città mentre i russi si avvicinano».

La situazione è cambiata e la linea del fronte è ferma dall’inizio di gennaio. Ci sono micro avanzate dei russi e micro avanzate degli ucraini in senso contrario, ma da tre mesi la situazione è stabile.

Soldati ucraini nel distretto di Pokrovsk (Daniele Raineri/il Post)

L’ufficiale, con nome di battaglia Sicomoro e il grado di maggiore, 48 anni, appartiene alla 68esima brigata e parla dentro a un posto di comando in una località non specificata perché se i russi conoscessero la posizione la bombarderebbero.

I soldati della 68esima brigata sono testimoni importanti di quello che succede nel distretto di Pokrovsk perché hanno partecipato alla battaglia fin dall’inizio e prima ancora erano stati coinvolti nella ritirata disastrosa da Avdiivka, nel febbraio del 2024, una delle crisi militari più rovinose per l’esercito ucraino.

Sicomoro dice che i soldati ucraini con i droni e l’artiglieria uccidono i soldati russi mentre avanzano e prima che raggiungano la linea del fronte. «I tempi sono cambiati e sono cambiati in meglio per noi. Ora siamo in una posizione in cui semplicemente distruggiamo il nemico mentre si avvicina alle nostre posizioni di fanteria e questo consente alla nostra fanteria di sopravvivere e il nemico non può farci niente».

Il maggiore spiega che il 70 per cento delle uccisioni di soldati russi è causato dai droni ucraini e il restante 30 per cento dall’artiglieria. Questo dato, più di altri, rivela quanto sia cambiata la guerra di resistenza ucraina negli ultimi tre anni. L’artiglieria, che prima aveva il ruolo più importante sul campo di battaglia, è passata in secondo piano rispetto alle migliaia di droni pilotati dai soldati ucraini, che saturano l’aria e prendono di mira, inseguono e fanno saltare in aria soldati e mezzi russi in una fascia profonda cinque-sei chilometri oltre la prima linea.

I droni, che un tempo gli ucraini acquistavano online su siti commerciali cinesi, adesso sono per la maggior parte di fabbricazione ucraina. La capacità dell’Ucraina di produrre droni è salita a più di due milioni di pezzi l’anno nel 2024 e si stima passerà a quattro milioni l’anno nel 2025.

Sicomoro dice che però serve tutto: i droni fanno parte di un sistema dove anche l’artiglieria che spara contro i russi e i mezzi blindati che trasportano i soldati attraverso le aree pericolose sono indispensabili. In questo periodo secondo lui i soldati ucraini si stanno affidando di più ai rifornimenti che arrivano dagli alleati europei che dagli Stati Uniti, e che su quelli americani è meglio non fare troppo affidamento perché potrebbero essere sospesi di nuovo per decisione dell’amministrazione Trump.

«Abbiamo bisogno di mitragliatrici a fuoco rapido, proiettili per mortai, lanciagranate e così via. È molto importante perché è quello che la fanteria in prima linea sta usando ora. Senza gli aiuti da fuori non sopravviveremmo», aggiunge.

Sicomoro dice anche che adesso le truppe russe gli sembrano esauste e non fanno più attacchi in massa con sprezzo delle loro vite come facevano fino a pochi mesi fa. In queste condizioni, sostiene, i soldati ucraini possono tenere le loro posizioni «per tutto il tempo che servirà». Dice anche che in questo periodo uccidono in media una compagnia di soldati russi a settimana e questo vuol dire più di 100 persone.

La difficoltà dei soldati russi nell’avanzare verso Pokrovsk conferma una regola di questa guerra: prendere le città ucraine è molto difficile e richiede un dispendio enorme di risorse militari. In tre anni di invasione i russi non hanno conquistato nessun capoluogo delle 22 regioni che formano l’Ucraina (sarebbero 25, ma Crimea e gran parte di Donetsk e Luhansk sono controllate dalla Russia dal 2014). L’unico capoluogo conquistato dai russi è Kherson, ma accadde grazie a un tradimento – un ufficiale dei servizi segreti ucraini consegnò la mappa dei campi minati e delle difese – e i russi furono costretti a ritirarsi sei mesi dopo. Kharkiv, la seconda città del paese, è a trenta chilometri dal confine con la Russia e non è mai stata presa.

I russi hanno conquistato alcune città ucraine come Mariupol (400mila abitanti prima della guerra), Bakhmut (70mila abitanti) e Vuhledar (14mila), grazie a offensive che sono durate molti mesi e hanno causato la morte di decine di migliaia di soldati. Il sito di notizie indipendente russo Meduza, in collaborazione con la BBC britannica, aggiorna ogni mese la stima dei soldati russi uccisi nell’invasione dell’Ucraina analizzando i social (annunci di morte, funerali e altro): la cifra a febbraio del 2025 è arrivata a 165mila.

Il sito UALosses, che fa la stessa cosa in Ucraina, dice che il numero di soldati ucraini uccisi è arrivato a 71mila.

La vicinanza al fronte ha trasformato Pokrovsk in una città deserta, dove i pochi civili rimasti trascorrono il tempo al riparo nelle cantine dei palazzi e nelle strade si vedono rari mezzi militari che passano di fretta per non farsi vedere dai droni russi.

Un manifesto dell’esercito ucraino che invita ad arruolarsi, c’è scritto: «Innovazioni che fermano il nemico» (Daniele Raineri/il Post)

Chiediamo al maggiore quante reclute siano arrivate di recente nell’area del fronte sotto la sua responsabilità. Dice che non sono arrivate reclute nuove. Racconta che nel febbraio del 2024, quando la situazione era più difficile, si trovò a spiegare via radio a un soldato come si usa un lanciarazzi Rpg. «I combattimenti erano così intensi che le persone non avevano il tempo di adattarsi e dovevano andare a prendere posizione al fronte per evitare uno sfondamento da qualche parte».

«Ora posso permettermi di dare una o due settimane di addestramento in più a quelli che arrivano qui dai campi di addestramento e se ne occupano i miei soldati. Inoltre, i soldati che tornano dalle loro posizioni alla fine dei loro turni sono addestrati per un altro paio di giorni, nei fine settimana, per assorbire il materiale che hanno imparato quando erano nelle loro posizioni. Si tratta di addestramento specifico che riguarda quello che devono affrontare su questo fronte. La situazione ci consente di farlo», aggiunge.

Sicomoro spiega che il problema più grave e più comune delle nuove reclute che arrivano in zona di combattimento è la mancanza di motivazione. Per risolverlo segue un processo in tre fasi. La prima fase è che le reclute devono vivere con soldati che sono stati nelle posizioni al fronte per un certo tempo. Devono capire, dice l’ufficiale, che ci sono soldati più esperti che si prenderanno cura di loro e che il loro compito è imparare. Altrimenti, spiega, «se il comandante si limitasse a dire loro “andiamo andiamo, andrà tutto bene”, resterà comunque nelle reclute un certo grado di sfiducia». Devono sentirselo dire dagli altri soldati, non dagli ufficiali.

La seconda fase di questo processo, spiega il maggiore ucraino, è parlare con i loro comandanti. E la terza fase è quando le reclute tornano dopo aver fatto un turno alla loro postazione di combattimento e dicono: «Sì, comandante, è andato tutto come hai detto».