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  • Mercoledì 26 marzo 2025

L’esercito sudanese ha bombardato un mercato pieno di civili nel Darfur

Ha ucciso moltissime persone (decine o centinaia, non si hanno informazioni precise), in una zona controllata dal gruppo rivale

Un mercato Cassala, nell'est del paese (Photo by Abdulmonam Eassa/Getty Images)
Un mercato Cassala, nell'est del paese (Photo by Abdulmonam Eassa/Getty Images)
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Martedì l’esercito sudanese ha bombardato un mercato affollato di civili nel Darfur settentrionale, una regione nell’ovest del paese. Sono state uccise decine o forse centinaia di persone. Non si hanno numeri certi e le stime variano molto: per esempio Reuters ha parlato di almeno 26 morti, stando alle informazioni dell’organizzazione locale Coordinating Committee for Refugees and Displaced People; mentre Avaaz, un’organizzazione statunitense citata dal New York Times, dice che sono state uccise 200 persone. In ogni caso è uno dei peggiori attacchi nella guerra civile sudanese, combattuta da due anni dall’esercito sudanese e dal gruppo paramilitare Rapid Support Forces.

L’attacco aereo è stato compiuto lunedì a Tura, un piccolo centro circa 40 chilometri a nord di Al Fashir, la città più grande della regione del Darfur. L’area attorno al centro è controllata dalle Rapid Support Forces. L’esercito ha negato di aver bombardato i civili e sostiene di aver colpito un obiettivo militare.

In un video girato sul posto, un uomo ha detto di aver visto almeno 4 bombe colpire il mercato, una al centro e tre nei dintorni. Secondo le immagini satellitari gli incendi generati dal bombardamento hanno bruciato 10mila metri quadrati di territorio. I video condivisi sui social mostrano decine di corpi a terra, carbonizzati dalle fiamme.

La guerra civile in Sudan iniziò dopo che si era rotta la fragile alleanza tra i due generali che guidavano la dittatura militare dal colpo di stato del 2021: Abdel Fattah al Burhan, a capo dell’esercito, e Hamdan Dagalo, detto Hemedti, che dirige le Rapid Support Forces. Negli ultimi due anni a causa della guerra sono state uccise decine di migliaia di persone (anche in questo caso, non esistono numeri certi), più di 10 milioni hanno dovuto lasciare la propria casa e ampie aree del paese sono rimaste senza cibo.

Dall’inizio di quest’anno, dopo una lunga fase di stallo nella guerra, l’esercito regolare ha ottenuto alcune importanti vittorie. L’ultima in ordine di tempo è stata la riconquista del palazzo presidenziale della capitale Khartum, che era sotto il controllo delle Rapid Support Forces dall’aprile 2023. Alcune zone della capitale restano tuttora controllate dal gruppo paramilitare.

Un altro fronte aperto è appunto quello in Darfur, dove le Rapid Support Forces controllano diverse parti di territorio ma non sono ancora riuscite a conquistare il capoluogo Al Fashir, assediato ormai da quasi un anno. Secondo gli analisti è possibile che, se dovessero perdere Khartum, le truppe delle RSF si ritirino in Darfur, dove proverebbero a formare un governo parallelo. Lo scorso 24 febbraio avevano firmato un accordo con altre milizie e partiti politici a questo scopo. Se il piano dovesse concretizzarsi, il Sudan ne uscirebbe diviso in due, con una parte governata da al Burhan, cioè il presidente di fatto del paese, e l’altra governata dalle Rapid Support Forces di Dagalo e dai suoi alleati.