Un po’ di numeri sui soccorsi in montagna
Nel 2024 i tecnici volontari hanno soccorso quasi 12mila persone: i feriti gravi sono stati 1.431, i morti 466

Nel 2024 il numero delle persone morte in montagna è leggermente diminuito rispetto al 2023 e al 2022, ma è ancora presto per capire se il calo sia il segnale di una tendenza consolidata: in totale sono morte 466 persone e 118 sono state dichiarate disperse. Più in generale, circa 7.000 tecnici volontari operativi in tutta Italia hanno partecipato a 12mila missioni di soccorso che hanno permesso di soccorrere 11.789 persone.
I dati diffusi dal soccorso alpino, che come ogni anno ha pubblicato il bilancio delle sue attività, mostrano che nel 44 per cento dei casi le persone soccorse stavano facendo un’escursione, il 14 per cento stava sciando, il 6,8 per cento era in mountain bike, il 5,9 per cento stava facendo alpinismo, il 3,4 per cento andava a funghi, in minima parte stava lavorando o stava scalando ferrate o falesie. Il Piemonte è la regione dove sono stati segnalati più interventi, il 15,9 per cento, seguono la Valle d’Aosta con il 14,3 per cento e la provincia di Trento con l’11,7.
I feriti gravi sono stati 1.431, mentre quelli lievi 5.288. Quasi la metà delle persone si sono ferite a causa di una caduta o di una scivolata, un quarto per scarsa esperienza, poco più di un decimo per malore. Anche in questo caso, come per i morti, è complicato stabilire se l’andamento stia peggiorando perché non è possibile sapere quante persone siano state in montagna nel 2024. Solo rapportando il numero degli incidenti al totale degli escursionisti e degli sciatori sarebbe possibile stimare la pericolosità e la mortalità. «Di sicuro a partire dalla pandemia molte più persone hanno iniziato ad andare in montagna: più aumentano le persone e più c’è la possibilità che avvengano infortuni», dice Roberto Bolza, consigliere nazionale del soccorso alpino.
Secondo un’analisi sommaria dei dati raccolti dal soccorso alpino, il profilo prevalente della persona soccorsa è quello di un uomo, italiano, tra i 50 e i 60 anni, leggermente ferito durante un’escursione. Agosto è stato il mese con più interventi.
Bolza dice che gli incidenti non sono solo riconducibili all’inesperienza e allo stesso modo è sbagliato definire la montagna «killer», come si legge spesso nei titoli di molti giornali. Per questo è complicato avere certezze sulle cause degli infortuni. «Ovviamente l’allenamento, la capacità, l’esperienza e la pianificazione dell’escursione aiutano a ridurre i rischi, ma la montagna è un ambiente in cui non abbiamo il pieno controllo di quello che accade intorno a noi», continua Bolza. «Negli ultimi anni bisogna considerare che sono cambiate le temperature e sono aumentati i temporali intensi che in montagna creano molti problemi anche a noi soccorritori».
La tecnologia sta però aiutando molto i tecnici volontari. Le squadre di soccorso si stanno servendo sempre di più di dispositivi come i droni, che consentono di osservare il territorio da lontano e studiare l’intervento più adatto, nel migliore dei casi di individuare la persona dispersa da soccorrere.
Inoltre circa 200mila persone hanno scaricato e utilizzano un’app chiamata GeoResQ: è un servizio di geolocalizzazione e invio di richieste di soccorso gestito dal soccorso alpino e promosso dal Club Alpino Italiano (CAI). Consente di individuare la precisa posizione geografica, di effettuare il tracciamento in tempo reale del percorso dell’escursione e in caso di necessità l’invio dell’allarme a una centrale operativa. In generale, il segnale degli smartphone è migliorato anche in zone remote, dove fino a pochi anni fa sarebbe stato impossibile chiamare i soccorsi o inviare una posizione geolocalizzata.



