Mario Draghi vorrebbe l’Unione Europea più compatta sulle cose importanti

«Abbiamo un mercato unico per i dentifrici e non l'abbiamo per l'intelligenza artificiale», ha detto al parlamento italiano

L’ex presidente del Consiglio Mario Draghi in audizione davanti alle commissioni congiunte Bilancio, Attività produttive e Politiche Ue di Camera e Senato, il 18 marzo 2025 (Mauro Scrobogna/LaPresse)
L’ex presidente del Consiglio Mario Draghi in audizione davanti alle commissioni congiunte Bilancio, Attività produttive e Politiche Ue di Camera e Senato, il 18 marzo 2025 (Mauro Scrobogna/LaPresse)

Martedì mattina l’ex presidente del Consiglio Mario Draghi ha tenuto un’audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, che riguardava il rapporto che lui stesso ha curato sulla crisi di competitività dei paesi dell’Unione Europea. Dello studio, che i media e la politica chiamano ormai il “rapporto Draghi”, si è parlato moltissimo negli scorsi mesi perché ha evidenziato diverse storture eclatanti dell’economia europea, dalle barriere normative che ne ostacolano il commercio fino all’arretratezza dei mercati finanziari.

Un tema su cui Draghi ha insistito molto nelle sue diverse dichiarazioni sui risultati del rapporto riguarda quanto nei fatti l’Unione Europea non sia davvero unita nelle cose più importanti, una delle ragioni per cui è indietro rispetto alle altre economie concorrenti: è frammentata nei meccanismi decisionali all’interno delle istituzioni, che ne rallentano l’azione su molte questioni, ed è ancora frammentata nelle regolamentazioni per il commercio di beni e servizi, col risultato che negli anni si sono stratificate regole complicate. «Abbiamo un mercato unico per i dentifrici e non l’abbiamo per l’intelligenza artificiale», ha detto Draghi (nel video si ritrova il passaggio al minuto -2:30:10).

Draghi ha citato uno studio del Fondo Monetario Internazionale, secondo cui l’eccesso di regolamentazione e specialmente la sua frammentazione tra i diversi paesi hanno contribuito a creare barriere interne al mercato unico europeo che equivalgono a un dazio del 45 per cento sui beni manifatturieri e del 110 per cento sui servizi: significa che i prezzi delle merci scambiate tra i paesi europei non beneficiano davvero del fatto di essere in un mercato unificato, ma finiscono per costare di più per effetto della confusione normativa che c’è in diversi comparti. Anche in quelli più strategici, come la tecnologia e il settore dell’intelligenza artificiale.

Secondo il rapporto questa confusione finisce per penalizzare le imprese, scoraggiare l’innovazione e infine per essere un danno per l’economia: «Non possiamo dunque stupirci che i nostri inventori più brillanti scelgano di portare le loro aziende in America, e che i cittadini europei li seguano con i propri risparmi» ha detto Draghi. Poi ha aggiunto che «non si tratta di proporre una deregolamentazione selvaggia ma solo un po’ meno di confusione».

Draghi ha parlato infine della necessità di maggiore unità anche nel settore della difesa, uno dei temi più discussi a livello europeo nelle ultime settimane: l’Unione Europea non ha un esercito comune, e non ha neanche davvero una spesa militare comune. Draghi ha proposto di «definire una catena di comando di livello superiore che coordini eserciti eterogenei per lingua, metodi, armamenti e che sia in grado di distaccarsi dalle priorità nazionali operando come sistema della difesa continentale».

In generale il rapporto propone un radicale cambiamento della politica industriale europea per continuare a essere competitivi sui mercati internazionali e non restare indietro rispetto ai progressi che stanno facendo gli Stati Uniti e la Cina, le altre due grandi economie con cui i paesi europei devono confrontarsi.

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