Il PKK ha dichiarato il cessate il fuoco

Come chiesto dal suo fondatore Abdullah Öcalan, dopo oltre 40 anni di guerra contro lo stato turco

Un manifestante con una bandiera con la faccia di Öcalan, a Istanbul nel 2018 (AP Photo/Lefteris Pitarakis)
Un manifestante con una bandiera con la faccia di Öcalan, a Istanbul nel 2018 (AP Photo/Lefteris Pitarakis)

Il comitato direttivo del PKK, l’organizzazione armata curda, ha dichiarato un cessate il fuoco con lo stato turco, con cui è in conflitto da oltre 40 anni. Lo ha detto il gruppo in un comunicato diffuso sui media curdi. La fine delle ostilità e lo scioglimento del PKK erano stati richiesti dal suo storico leader Abdullah Öcalan con una lettera scritta dal carcere e letta in una conferenza stampa giovedì. Il gruppo ha anche detto che convocherà un congresso per sciogliersi, a patto che lo stato turco fornisca adeguate garanzie di sicurezza.

Secondo il comunicato il cessate il fuoco è in vigore da sabato e servirà a mettere in atto la richiesta di pace di Öcalan. I miliziani del PKK quindi non inizieranno azioni ostili contro la Turchia, anche se risponderanno al fuoco se attaccati. Il governo turco non ha ancora reagito pubblicamente all’annuncio.

Ufficialmente Öcalan non guida più attivamente il PKK dal 1999, anno in cui fu arrestato. Aveva fondato l’organizzazione nel 1978 e nel corso dei decenni l’aveva trasformata in un gruppo armato da oltre 10mila soldati. Il PKK è considerato ancora oggi un’organizzazione terroristica da Turchia, Stati Uniti e Unione Europea, e gli sono stati attribuiti attentati terroristici anche di recente.

Negli anni Novanta l’insurrezione del PKK perse forza e si aprì la possibilità di un negoziato di pace. Nel 1995 il gruppo rinunciò alla richiesta di indipendenza, limitandosi a chiedere maggiore autonomia per i curdi in Turchia. Nel 1998 Öcalan presentò un primo piano di pace e l’anno successivo il PKK dichiarò un cessate il fuoco che durò fino al 2004. Con l’elezione di Erdogan a primo ministro, inizialmente considerato un leader moderato, vennero approvate alcune riforme che concessero un minimo di autonomia alla cultura curda, mentre la condanna a morte di Öcalan fu commutata in ergastolo. Tuttavia i tentativi di dialogo tra il 2009 e il 2015 fallirono, e da allora Erdogan ha adottato una politica di dura repressione contro i curdi, con arresti di massa e operazioni militari mirate.

Negli ultimi anni, la Turchia ha intensificato l’uso di droni e arresti collettivi, riducendo drasticamente la presenza del PKK, che da circa diecimila guerriglieri negli anni Novanta è oggi molto ridimensionato.