Tirana è tutta un cantiere
Decine di progetti urbanistici stanno trasformando la capitale dell'Albania, escludendo una parte dei suoi abitanti
di Laura Loguercio

Negli ultimi decenni una serie di progetti urbanistici ha trasformato Tirana, la capitale dell’Albania, e cambiato profondamente molti quartieri: in centro si vedono ovunque cantieri, gru e impalcature, e in molte zone edifici nuovissimi ne affiancano altri ben più vecchi e malmessi. Oggi il centro della città appare complessivamente moderno, ma non sempre i cambiamenti sono stati accolti positivamente dagli abitanti, perché le nuove costruzioni stanno facendo aumentare i prezzi degli affitti, innescando un processo di gentrificazione.
Di solito questo genere di cambiamenti che snaturano i quartieri popolari è relativamente graduale: vengono scanditi dall’apertura di nuovi locali e negozi costosi e dal trasferimento di sempre più persone benestanti. A Tirana invece il processo sta avvenendo con modalità più rapide e massicce. Il cambiamento della città è meno spontaneo e più deciso a tavolino: ovunque stanno sorgendo grattacieli, complessi residenziali e spazi commerciali completamente nuovi, che sostituiscono tutto quello che c’era prima.
«Ogni volta che ti allontani dalla città per una settimana o due, torni e c’è un nuovo cantiere spuntato dal nulla», dice Franziska Tschinderle, una giornalista austriaca che vive a Tirana da vari anni. In questo modo, la città «sta perdendo la sua anima: le strade strette, le case vecchie con il giardino, i bar in cui incontravo gli amici sono scomparsi. I nuovi edifici sono moderni, ma gli affitti sono troppo cari e le persone locali non possono permetterseli».
I cambiamenti iniziarono nel 2000, quando fu eletto sindaco Edi Rama, che oggi è primo ministro. Prima di fare il politico, Rama faceva l’artista: era soprattutto pittore e scultore. All’inizio del suo mandato fece dipingere le facciate di molti edifici della città con dei murales. «Per me i colori sugli edifici non erano arte. Erano parte di un’azione politica, fatta con i colori», disse Rama in un breve documentario del 2003 intitolato Dammi i colori (anche la versione originale ha il titolo in italiano).
Alcuni di quei murales ci sono ancora oggi, e nel frattempo ne sono stati realizzati molti altri in tutta la zona centrale della città. La loro presenza è così radicata che ogni anno a Tirana viene organizzato un festival dedicato promosso dal comune, ma sono anche oggetto di critiche. Ervin Goci, attivista e docente alla facoltà di Comunicazione e giornalismo all’Università di Tirana, li definisce una forma di «art washing», ossia un’iniziativa che richiede relativamente poco sforzo, con cui il comune cerca di migliorare esteticamente la città senza concentrarsi su problemi più strutturali. «I murales non sono fatti per motivi sociali o come forma di protesta, ma sono controllati dall’amministrazione», dice Goci. «Il comune non ti lascia fare nemmeno un segno senza autorizzazione».

Tirana, dicembre 2024 (il Post)
Tra i vari luoghi riqualificati negli ultimi anni c’è stata piazza Skanderbeg, nel pieno centro della città. Prima era una sorta di grossa rotonda che serviva a gestire il traffico di auto, mentre oggi è uno spazio pedonale usato per ospitare manifestazioni, festival ed eventi pubblici. Sui suoi quattro lati si affacciano vari edifici governativi, tra cui la Biblioteca nazionale, il municipio, le sedi di alcuni ministeri e il Museo storico nazionale. Ci sono ancora cantieri e gru quasi ovunque, a indicare che i lavori nella zona non sono finiti.

Tirana, dicembre 2024 (il Post)
Circa dieci minuti a sud di piazza Skanderbeg c’è la Piramide di Tirana, una struttura alta 21 metri. Fu inaugurata nel 1988 come museo dedicato al dittatore comunista Enver Hoxha, che governò il paese dal 1944 fino alla sua morte, nel 1985. In oltre quarant’anni Hoxha chiuse l’Albania alle influenze straniere e instaurò un regime basato sulla repressione del dissenso e sul culto della personalità. Era anche convinto che il paese potesse essere invaso da un momento all’altro, e fece costruire un’estesissima rete di tunnel sotterranei che di fatto non furono mai usati. Oggi alcuni sono stati trasformati in attrazioni turistiche.
Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, nel 1991, la Piramide ha avuto vari usi: è stata un centro conferenze, un locale notturno, ha ospitato una base della NATO durante la guerra in Kosovo e le sedi di alcune emittenti tv e radio. Con il tempo però cadde in disuso e fu oggetto di vari episodi di vandalismo: diventò un posto da evitare, nonostante fosse nel pieno centro della città.

Tirana, dicembre 2024 (il Post)
Nel 2017 il sindaco Veliaj annunciò l’intenzione di riqualificarla, e l’area riaprì al pubblico nel 2023, completamente ristrutturata. È stata mantenuta la forma originale, ma oggi dentro alla Piramide hanno aperto negozi, bar e un laboratorio di tecnologia per studenti gestito da un’associazione privata. Nello spazio esterno sono state aggiunte delle strutture colorate, posizionate in modo da sembrare asimmetriche rispetto alla strada, all’interno delle quali ci sono altri bar e negozi.
Con la fine dei lavori l’area della Piramide è tornata a essere frequentata da abitanti e turisti. «Hoxha si rivolterebbe nella tomba vedendo che il suo memoriale è stato trasformato in una celebrazione del capitalismo, del lavoro e del futuro», disse Veliaj al New York Times nel 2023.

Tirana, dicembre 2024 (il Post)
Negli ultimi dieci anni ci sono state molte contestazioni da parte di attivisti che hanno criticato l’affidamento dei lavori ad aziende private e i conseguenti fenomeni speculativi e di gentrificazione, che fanno aumentare i prezzi delle case e costringono molte attività locali a chiudere, perché non possono più permettersi di pagare l’affitto oppure perché l’edificio nel quale avevano sede è stato demolito.
È il caso per esempio del Noel, un piccolo ristorante in una via pedonale nel centro della città. Per trent’anni è stato gestito da una coppia di persone ormai anziane, che chiedono di non essere identificate. Dicono che non sanno se potranno mai riaprire, dato che l’edificio è stato acquistato da una compagnia edile che vuole abbatterlo per costruire qualcosa di nuovo.
A Tirana la gentrificazione è iniziata da relativamente poco, ma le conseguenze sono già evidenti. Secondo Guerrilla Foundation, una ong con sede a Berlino, negli ultimi cinque anni i prezzi degli affitti sono aumentati tra il 45 e il 58 per cento, a seconda della varie zone delle città e dei diversi tipi di appartamenti. Intanto, gli stipendi sono rimasti sostanzialmente uguali.

Tirana, dicembre 2024 (il Post)
Lorin Kadiu, un attivista e direttore esecutivo del sito Citizens.al, dice che oggi «per una persona albanese della classe media è quasi impossibile comprare un appartamento, anche piccolo, nel centro di Tirana», sia nelle nuove costruzioni che in quelle vecchie. A causa dei tanti progetti «la città sta diventando il parco giochi degli architetti», aggiunge, e lo sviluppo urbanistico sta proseguendo in modo «paradossale»: «ci sono edifici molto vecchi, e di fianco ci stanno costruendo un grattacielo».
La vicesindaca Frida Pashako però crede che proprio questi contrasti siano parte della natura di Tirana: «La voglia di trasformazione e di essere sempre al passo fanno parte dell’indole della città, data anche dalla volontà di recuperare gli anni del comunismo, quando siamo stati chiusi e lontani da tutto». Nel 2015 il comune indisse un bando internazionale per dotare la città di un nuovo piano urbanistico, poi realizzato dallo studio di architettura italiano di Stefano Boeri. In quegli stessi anni la città ampliò la sua superficie inglobando vari comuni circostanti.
Pashako dice che i molti nuovi progetti sono pensati per «densificare il centro» della città, ossia costruire edifici più alti per ridurre il consumo di suolo, e migliorare «le aree anche nella zona nord, oltre piazza Skanderberg», dove ci sono molti casi di abusi edilizi. Una parte delle opere è di competenza del comune, ma alcune sono gestite direttamente dal governo nazionale perché considerate di importanza e rilevanza strategica. Pashako sostiene che le persone la cui casa viene demolita a causa delle nuove costruzioni sono «fortunate», perché viene offerta loro un’abitazione nei nuovi palazzi, «che valgono molto di più».

Tirana, dicembre 2024 (il Post)
In alcuni casi le proteste sono sfociate in scontri, anche violenti, con le forze dell’ordine. È successo per esempio nel 2020, quando vari gruppi di attivisti si opposero alla demolizione dell’ex Teatro nazionale. Della questione si discusse per più di due anni, e alla fine i manifestanti arrivarono a occupare l’edificio, senza successo: domenica 17 maggio 2020 alle 4:30 di mattina le forze dell’ordine sgomberarono il teatro e iniziarono a distruggerlo. Oggi al suo posto c’è un cantiere, e sarà costruito un nuovo teatro.
I progetti urbanistici riguardano anche le periferie: nella zona nord, per esempio, è in corso la costruzione di un intero quartiere completamente nuovo. Il progetto, come molti altri in città, è curato dallo studio Boeri ed è noto come Riverside Project perché fiancheggia il fiume di Tirana. Si trova all’estremità del quartiere 5 maggio, una zona popolare dove ancora i grattacieli non si vedono: ci sono principalmente edifici bassi, spesso abbandonati o maltenuti, con attività commerciali al piano terra e poi appartamenti o uffici. Nella via centrale c’è un continuo viavai di auto e pedoni.
Il nuovo quartiere di Riverside è l’opposto: tutti gli edifici sono bianchi, squadrati ed evidentemente nuovissimi, con l’intonaco perfetto e gli infissi che luccicano. In strada però non si vede nessuno, la zona è silenziosa e quasi completamente deserta. Tutto intorno ai nuovi edifici si estendono ampie zone di cantiere con gru, impalcature e tubi che escono dall’asfalto.

Tirana, dicembre 2024 (il Post)
Anche qui per far spazio ai cantieri è stato necessario demolire decine di case, alcune delle quali completamente o parzialmente abusive. Ai proprietari degli edifici demoliti è stato chiesto di firmare un accordo di esproprio con il comune: in cambio dovrebbero ricevere un appartamento nei nuovi palazzi, ma non sono state indicate tempistiche precise.
Diversi cittadini che sono stati espropriati hanno detto al giornale locale Citizens.al di non sapere quando verrà consegnata loro un’abitazione nel nuovo quartiere, e qualcuno si sta anche rifiutando di firmare l’accordo finché il comune non comunicherà una data certa per la consegna della nuova casa. Quando cominciarono le demolizioni, nel 2021, alcuni residenti dissero di non aver ricevuto alcuna comunicazione ufficiale sull’imminente esproprio. Negli anni ci sono state anche alcune proteste e scontri tra manifestanti e forze dell’ordine.



