Nell’editoria statunitense c’è un dibattito sui “blurb”
Le recensioni positive che compaiono sulle fascette fanno vendere, ma sono una fatica sia per chi le scrive che per chi le chiede

A fine gennaio Sean Manning, editore di Simon & Schuster, una delle case editrici più grandi del mondo, ha scritto un articolo per la rivista di settore Publishers Weekly per annunciare che la sua azienda non chiederà più agli autori che pubblica di fornire “blurb” per i propri libri. Con “blurb” nell’editoria anglofona si intendono i commenti con cui autori affermati esprimono il proprio apprezzamento per il libro di qualcun altro, spesso un esordiente o qualcuno meno noto di loro: a volte vengono pubblicati sulle fascette, a volte sulla copertina. Un esempio attualmente nelle librerie italiane è la fascetta di Il giorno dell’ape di Paul Murray, con blurb scritti da Bret Easton Ellis («Il romanzo più bello che ho letto quest’anno») e Donna Tartt («Murray è uno dei miei autori contemporanei preferiti»).
L’annuncio di Manning ha aperto una grossa discussione nel settore che sta andando avanti da settimane, principalmente negli Stati Uniti. I blurb infatti sono generalmente detestati da gran parte delle figure professionali che lavorano nell’editoria, dagli scrittori agli agenti letterari, per motivi diversi.
Ottenere un blurb è un lavoro spesso frustrante e dispendioso in termini di tempo, soprattutto per gli autori che non sono ancora ben inseriti nel mondo dell’editoria e quindi non hanno amici o conoscenti più famosi a cui chiedere un favore. Ma è considerato anche fondamentale se si vuole che il proprio libro venga notato da critici, giornalisti e premi letterari, e quindi ottenga particolare riconoscimento in un settore sempre più affollato di nuovi titoli.
L’approccio ai blurb, quanto meno nel mercato anglofono, funziona così: in vista della pubblicazione di un libro (soprattutto, appunto, se di qualcuno che non è ancora molto conosciuto) l’autore, gli editori e il team di marketing della casa editrice inviano una copia del libro (digitale o cartacea) a scrittori più celebri a cui pensano che il libro potrebbe piacere.
I team di marketing spesso non hanno moltissime risorse a disposizione, e le allocano soprattutto su un numero ristretto di uscite che possono suscitare un grande interesse, come il nuovo libro di Sally Rooney o il nuovo capitolo di una saga molto amata dagli adolescenti. Questo vuol dire due cose. La prima è che spesso la ricerca di un buon blurb è il massimo di impegno che un team di marketing investirà sul libro di un esordiente, anche perché è un processo piuttosto laborioso: oltre a inviare le copie bisogna poi sollecitare, anche per mesi, gli autori affermati nella speranza di ottenere un riscontro positivo di una riga. «Si passano letteralmente settimane a inviare email educate/disperate agli editori e agli agenti degli autori, o a cercare di contattarli via messaggio sui social media, chiedendo il permesso di inviare loro una copia», ha raccontato un editore di una grande casa editrice a Slate. «È la mia rovina».
Il secondo problema è che i team di marketing non hanno tanto tempo e risorse da spendere sulla selezione precisa degli autori affermati a cui un singolo libro potrebbe piacere, e spesso adottano un approccio approssimativo. In questo modo, agli autori affermati arrivano molti libri che non sono per nulla di loro interesse. Alcuni leggono almeno un pezzo delle decine di libri che ricevono ogni anno, senza essere peraltro pagati per farlo, e poi forniscono effettivamente un blurb soltanto a quelli che hanno apprezzato, ma sono pochi.
Alcuni leggono soltanto quelli di amici, conoscenti ed ex studenti, oppure chiedono direttamente a loro di scriversi un blurb da soli e poi farglielo approvare: è una pratica piuttosto diffusa, che ovviamente premia gli autori meglio inseriti nel settore, o quelli che hanno i soldi per seguire corsi universitari di scrittura spesso molto costosi. «Gran parte del gioco dei blurb è basato su contatti preesistenti. C’è un’enorme pressione sociale a leggere libri di persone che si conoscono», ha detto un autore rimasto anonimo a Slate, spiegando che succede anche che qualcuno alla fine scriva un commento positivo solo per evitare l’imbarazzo che comporterebbe un rifiuto. «Alcuni autori riescono a convincere più di venti amici semi-famosi a dire qualcosa di carino su di loro nel giro di una settimana, mentre altri esordienti di grande talento passano mesi estenuanti cercando di mettere piede nel mondo del networking e si sentono orribilmente rifiutati», ha detto un editore a Slate.
Ogni tanto succede che un autore affermato annunci che non ha più intenzione di scrivere blurb: l’ha fatto a dicembre la scrittrice Rebecca Makkai, spiegando che lo sforzo necessario a leggere tutti quei libri e pensare ai blurb da scrivere stava occupando una percentuale eccessiva del suo tempo.
Un altro aspetto del discorso ha a che fare con l’impatto effettivo dei blurb sulle vendite, che è sostanzialmente impossibile da quantificare. Vari editori ed esperti di marketing intervistati da Slate e Vox hanno spiegato che un buon blurb non serve tanto ad attirare i lettori che devono scegliere quale libro comprare in libreria, ma piuttosto per aiutare altri addetti ai lavori a districarsi tra i tantissimi titoli che vengono pubblicati ogni anno. I giornalisti e i critici che si occupano di libri, per esempio, vi si affidano spesso per preselezionare i titoli a cui dare maggiore importanza, e lo stesso succede spesso alle persone che selezionano i libri candidati ai concorsi letterari e ai librai che scelgono cosa ordinare per il proprio negozio.
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«Credo che l’insistenza sui blurb sia diventata incredibilmente dannosa per quello che dovrebbe essere l’obiettivo finale del nostro settore: produrre libri della massima qualità possibile», ha scritto Manning, l’editore di Simon & Schuster, nell’articolo che ha dato inizio a questa discussione. La sua casa editrice, comunque, continuerà a pubblicare blurb sulle copertine dei libri che pubblica, se ce ne sono: l’unica differenza rispetto a prima è che gli autori pubblicati con loro non saranno più costretti a trovare dei blurb in vista dell’uscita del loro libro.