Il film liceale da cui derivarono tutti gli altri

“Breakfast Club” uscì quarant'anni fa, definendo un nuovo modo di raccontare gli adolescenti al cinema

Una scena di Breakfast Club (Universal Pictures)
Una scena di Breakfast Club (Universal Pictures)
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Cinque studenti indisciplinati di un liceo americano vengono messi in punizione dal preside, che li costringe a passare insieme l’intera giornata in biblioteca per scrivere un tema partendo dalla più classica delle domande filosofiche («Chi sono?»). Durante quel periodo fanno amicizia, rivelano i lati più fragili del loro carattere, parlano del loro rapporto col sesso, dicono molte parolacce e ovviamente fumano marijuana.

È una trama arcinota e comune a molti film americani ambientati nelle scuole superiori e che ruotano attorno alle difficoltà comunicative degli adolescenti, ma fu sdoganata per la prima volta da Breakfast Club, diretto da John Hughes e uscito il 7 febbraio di quarant’anni fa.

È considerato il film più importante di questo filone, quello che definì la caratterizzazione con cui gli studenti americani sono abitualmente rappresentati al cinema. I cinque personaggi di Breakfast Club corrispondono infatti ad archetipi che sono stati ampiamente ripresi, quando non direttamente copiati, nei decenni successivi.

Brian (Anthony Michael Hall) è il classico studente secchione, impacciato, pressato dai genitori e destinato a essere ammesso in un’università molto prestigiosa, mentre Andy (Emilio Estevez) è quello sportivo e spaccone che ha poca voglia di studiare, ma uno spiccato talento per il football. Claire (Molly Ringwald) è frivola, benestante e preoccupata di mantenere il suo status di ragazza più popolare della scuola, ed è in un certo senso l’antitesi di John (Judd Nelson), lo studente ribelle, sboccato e con una difficile situazione familiare alle spalle. Infine c’è Allison (Ally Sheedy), l’adolescente silenziosa, stramba e introversa che il resto del gruppo all’inizio guarda con un po’ di sospetto.

Uno dei momenti più ricordati del film è la scena finale, quella in cui Brian legge l’incipit del tema che ha scritto insieme ai compagni con la canzone “Don’t You (Forget About Me)” dei Simple Minds in sottofondo:

Caro signor Vernon, accettiamo di essere stati in punizione a scuola di sabato qualunque sia stato l’errore che abbiamo commesso. Ma pensiamo che lei sia proprio pazzo a farci scrivere un tema nel quale dobbiamo dirle cosa pensiamo di essere. Tanto lei ci vede come vuole. In termini semplici, per essere più chiari, quello che abbiamo scoperto è che ognuno di noi è: un genio, un atleta, un pazzo, una principessa e un criminale. Abbiamo risposto alla domanda?
Con affetto, il Breakfast Club

Anche gli altri personaggi del film rispondevano a tropi narrativi oggi radicatissimi nell’immaginario collettivo: Richard Vernon (Paul Gleason) è il preside rigido, severo, paternalista e poco disposto al dialogo, mentre Carl Reed (John Kapelos) è il bidello dal carattere burbero che sembra disprezzare gli studenti, anche se alla fine è un buono.

Parlando dell’importanza del film, il giornalista dell’Atlantic David Sims ha scritto che Breakfast Club ha sicuramente molti difetti, tra cui quello di essere invecchiato non proprio benissimo: guardandolo oggi è infatti facile «essere scoraggiati dall’omogeneità e dal privilegio dei suoi personaggi principali: cinque ragazzi bianchi della periferia di Chicago che per tutto il film si lamentano del loro status sociale, dei loro genitori autoritari e delle loro paure esistenziali».

Tuttavia, nel periodo in cui uscì al cinema fu una novità assoluta. Questo perché ai tempi i prodotti culturali destinati agli adolescenti erano ancora estremamente scarni e ingenui: i romanzi young adult non erano ancora un genere fecondo, e il mercato dei “film sui liceali” era dominato da commedie che enfatizzavano all’estremo la sessualizzazione e l’edonismo dei loro protagonisti, come Losin’ It, Porky’s – Questi pazzi pazzi porcelloni! e Risky Business – Fuori i vecchi… i figli ballano.

Hughes invece gettò le basi per un racconto diverso, meno incentrato sulla trama e più attento allo sviluppo dei personaggi. In Breakfast Club «nessuno cerca disperatamente di fare sesso, fare soldi, organizzare qualche scherzo epico o recuperare un uovo di cristallo da un gangster. I suoi eroi sono solo ragazzi seduti in cerchio che si dedicano a una sessione di terapia improvvisata», ha scritto Sims.

Breakfast Club è stato citato come un riferimento fondamentale da diversi registi, anche piuttosto apprezzati. Per esempio John Singleton, che morì nel 2019 e che negli anni Novanta fu il primo afroamericano a ottenere una candidatura all’Oscar come miglior regista, raccontò di aver preso ispirazione da Hughes per scrivere la sceneggiatura del suo film più famoso, il celebrato Boyz n the Hood – Strade violente: «non mi sentivo alienato dal fatto che i protagonisti fossero tutti ragazzi bianchi: erano solo adolescenti che cercavano la loro strada verso l’età adulta, un po’ come me», disse.

Negli ultimi quarant’anni Breakfast Club è stato ampiamente citato in altre opere: un episodio della quarta stagione di One Tree Hill, una celebre serie televisiva teen drama degli anni Duemila, riprende in maniera piuttosto esplicita la trama del film.

Anche Matt Groening, l’ideatore dei Simpson e di Futurama, è notoriamente fissato con Breakfast Club: una delle frasi più famose pronunciate da Bart Simpson, «ciucciati il calzino» («eat my shorts» nella versione originale), è ripresa dal film di Hughes, e una delle scene più amate di Futurama ha in sottofondo “Don’t You (Forget About Me)”, la canzone con cui si chiude il film. Anche il nome di uno dei personaggi più noti della serie, il robot Bender, è un omaggio a Breakfast Club: è infatti il cognome di John, lo studente “ribelle”.

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