Le lunghe code davanti all’ufficio immigrazione di Torino
Molte persone sono costrette a stare lì fuori al freddo, anche di notte, per un appuntamento sul permesso di soggiorno, mentre la questura sta cercando una soluzione

Da qualche giorno il quotidiano La Stampa si sta occupando delle lunghe code che si creano davanti all’ufficio immigrazione della questura di Torino: sono formate da persone migranti arrivate in Italia da altri paesi che aspettano solo di prendere un appuntamento per le pratiche di rilascio, rinnovo, conversione o aggiornamento dei permessi di soggiorno. L’ufficio non riesce a gestire così tante persone, sia per ragioni logistiche che organizzative, e negli ultimi tempi la questura si sta attrezzando per cercare una soluzione.
Nel frattempo però le persone in coda trascorrono giorni e giorni davanti agli uffici, aperti solo due giorni alla settimana, per prendere un appuntamento. Si autogestiscono i turni, per non perdere il posto si costruiscono tende di fortuna e nell’attesa vengono sostenute dalla Croce Rossa che distribuisce loro té caldo e coperte: «In coda c’è chi accende un fuoco, chi porta da mangiare, chi dei plaid. Ci sono studenti, bambini, famiglie, coppie. Genitori che si danno il cambio perché devono tornare a casa a badare ai figli (…) Alcuni hanno perso il lavoro, altri hanno dovuto prendere ferie per poter stare in fila», scrive La Stampa, che ha parlato con molti di loro.
Lo sportello dell’ufficio immigrazione della questura di Torino si trova in corso Verona, vicino al cimitero monumentale e a nord del quartiere Vanchiglia. L’ufficio è aperto al pubblico dal lunedì al venerdì con diversi orari, ma lo sportello per prendere appuntamento e presentarsi in un secondo momento per procedere con la propria pratica è aperto solo il martedì e il giovedì dalle 14 alle 17. In ognuno di questi giorni vengono fatte entrare tra le quaranta e le cinquanta persone. La Stampa scrive che l’ufficio di Torino ha la fama di sbrigare le pratiche più velocemente di altri, e per questo arrivano persone a mettersi in coda anche da altre parti d’Italia. Quelle che si presentano però sono troppe per l’ufficio, che non può contenerle tutte. Non è possibile prendere appuntamento online.
Nel 2024 l’ufficio ha seguito 70-75mila pratiche, in forte aumento rispetto alle 58mila dell’anno prima. A Torino risiedono con un permesso di soggiorno, che però va periodicamente rinnovato, circa 137mila persone.
Il problema delle code di persone migranti fuori dalla questura di Torino non è affatto nuovo, come non lo è in altre città. Negli ultimi mesi l’amministrazione e la questura si sono prese in carico la questione. La questura ha fatto sapere che «questa spiacevole situazione», cioè le lunghe code all’esterno, «si è verificata per riduzione della capacità ricettiva» dell’edificio, che nel 2022 è stato dichiarato parzialmente inagibile e non adatto ad accogliere le persone al suo interno che quindi devono rimanere fuori: al caldo d’estate e al freddo d’inverno.
Oltre all’attivazione di un sistema di prenotazione online, tra le possibili soluzioni che sono state suggerite c’è quella di aumentare i giorni di apertura dell’ufficio e il personale, o almeno di montare un tendone protettivo all’ingresso.
Per affrontare l’emergenza qualche giorno fa la questura ha annunciato una riorganizzazione: da febbraio sposterà parte delle pratiche alla sede di via Tommaso Dorè, sempre a Torino, mentre la consegna dei documenti al commissariato di Barriera di Milano. Una soluzione più a lungo termine, ha fatto sapere sempre la questura, dovrebbe invece essere disponibile entro il prossimo autunno, quando l’ufficio sarà trasferito in un nuovo spazio molto più grande.
Nel frattempo, per dare sostegno a chi è obbligato a restare in coda per giorni il comune ha attivato la Protezione Civile, la Croce Rossa e la polizia locale. Il presidente della Croce Rossa, Giuseppe Vernero, ha detto: «Passeremo ogni notte. E ci stiamo procurando le metalline (le coperte isotermiche utilizzate nelle situazioni di emergenza, ndr): sono più adatte per i bisogni di chi è in strada». Il sindacato Cgil ha anche chiesto l’installazione di bagni chimici e di una tensostruttura e ha annunciato un presidio per la prossima settimana.