A vent’anni da “Ally McBeal”, è tornata Calista Flockhart

Negli anni Novanta l'attrice era all'apice del successo grazie alla famosa serie tv, poi per anni ha fatto poco o niente: fino a ora

Calista Flockhart ai Golden Globe, Beverly Hills, 11 gennaio 2015
(CAMERA PRESS/ED/CS/HFPA /contrasto)
Calista Flockhart ai Golden Globe, Beverly Hills, 11 gennaio 2015 (CAMERA PRESS/ED/CS/HFPA /contrasto)

Dal 1997 al 2002 tutti conoscevano Calista Flockhart: era, infatti, la protagonista di Ally McBeal, una serie tv seguitissima (con una media di 12 milioni di spettatori a puntata negli Stati Uniti), amata, controversa, al centro del dibattito sui desideri e sui corpi delle donne di quegli anni. Quando la serie si concluse, Flockhart aveva 38 anni ed era all’apice del successo ma, anziché sfruttarlo, preferì scomparire dalle scene per dedicarsi soltanto a qualche ruolo minore e apparire sui red carpet a fianco del marito, l’attore Harrison Ford. Ora, a 59 anni, «Calista Flockhart è tornata», scrive il New York Times, grazie a un ruolo importante nella serie tv Feud: Capote vs The Swans, disponibile in Italia su Disney+.

La serie tv – che è il secondo capitolo dell’antologia Feud di Ryan Murphy ed è composta da otto episodi diretti dal regista Gus Van Sant – racconta di come, negli anni Settanta, lo scrittore americano Truman Capote (interpretato da Tom Hollander) si inimicò le donne della buona società americana di cui era intimo amico, confidente e intrattenitore, quelle che lui chiamava i suoi “cigni”. Capote ascoltò per anni i loro segreti e i loro dispiaceri, si fece ospitare alle loro feste, sui loro yacht, alle loro vacanze in giro per il mondo, e poi raccontò tutto in un libro.

– Leggi anche: La festa del secolo è ancora quella che diede Truman Capote

Nel 1975 non lo aveva ancora terminato ma passò il capitolo La Côte Basque, 1965 alla rivista Esquire perché lo pubblicasse in anteprima: Capote vi riversava la vita privata, i crucci, i tradimenti extraconiugali, i disturbi alimentari, i ricorsi alla chirurgia plastica delle sue amiche, definendole «un paio di geishe occidentali». Accusò anche una di loro, l’ex showgirl Ann Woodward, di aver ucciso il ricco marito fingendo di scambiarlo per uno scassinatore. Dopo la pubblicazione, Woodward si uccise e gli altri “cigni” bandirono Capote dalla loro cerchia. Da allora non si riprese più, la sua dipendenza dall’alcol e dalle droghe peggiorò e passò i 9 anni che gli restavano da vivere entrando e uscendo dai centri di riabilitazione. Morì a Los Angeles nel 1984 a 59 anni; lo scrittore Gore Vidal – suo rivale – commentò: «una saggia mossa per la carriera».

Capote non concluse mai il libro, che venne pubblicato postumo nel Regno Unito nel 1986 con il titolo Answered Prayers (in Italia uscì nello stesso anno per Garzanti con il titolo Preghiere esaudite). “Answered prayer” era il nomignolo con cui lo chiamava uno dei suoi cigni, Lee Radziwill (1933-2019), cioè la sorella minore della first lady Jacqueline Kennedy: il personaggio di Flockhart.

Lee Radziwill dopo l’uccisione del senatore Robert Kennedy, 21 giugno 1968 (Michael Stroud/Daily Express/Hulton Archive/Getty Images)

Radziwill, nata Caroline Lee Bouvier, doveva le sue sofferenze a un tremendo rapporto con la madre e all’essere l’ombra imperfetta della sorella. Divenne la ribelle di casa, si sposò tre volte – una con un principe polacco, da cui il cognome – ed ebbe anche una relazione con l’imprenditore greco Aristotele Onassis, prima che questi sposasse Jackie Kennedy, rimasta vedova. Fu amica di molti artisti del tempo, tra cui Andy Warhol, aveva più buon gusto e originalità della sorella, e fu lei a consigliarle di vestire marchi di moda non americani – come l’italiano Giorgio Armani e il francese Givenchy – quand’era first lady degli Stati Uniti (1961-63).

Nonostante questo, la rivalità la corrodeva e Capote si infilò in questa debolezza: «le diceva cose come “Sei molto più bella. Sei molto più intelligente. Sei molto più interessante. Hai più stile”. Aveva davvero bisogno di sentirsele dire. Penso che Truman riuscì a farsi amare da lei così: era divertente e lei si confidò con lui, come fecero tutte», ha spiegato la stessa Flockhart.

Truman Capote e Lee Radziwill al ballo in Bianco e Nero organizzato da Capote a New York, 28 novembre 1966 (Harry Benson/Daily Express/Hulton Archive/Getty Images)

Le altre a cui si riferisce Flockhart sono Babe Paley, ex giornalista di Vogue America, probabilmente la più amata da Capote (interpretata nella serie da Naomi Watts); l’icona di stile Slim Keith (Diane Lane); l’attrice e stilista C.Z. Guest (Chloë Sevigny); la modella Joanne Carson (Molly Ringwald) e Ann Woodward (Demi Moore), oltre all’aristocratica Marella Agnelli, moglie di Gianni Agnelli, e alla giornalista della rivista Harper’s Bazaar, Gloria Guinness. Nella serie compare anche il fantasma della madre di Capote, interpretata da Jessica Lange: una bellezza degli Stati Uniti del Sud che cercò a lungo e inutilmente di entrare nella buona società newyorkese, divenne dipendente dall’alcol e si suicidò nel 1954.

Le attrici Diane Lane, Chloë Sevigny, Naomi Watts, Molly Ringwald, Demi Moore, Calista Flockhart e l’attore Tom Hollander di Feud: Capote vs. The Swans, New York, gennaio 2024 (Ylmj/AdMedia via ZUMA/ansa)

«Lee Radziwill era la più vipera, la più oscura e la più sofferente di tutte» ha spiegato al New York Times Murphy, co-produttore della serie. «Non ero sicuro che Calista, che era stata Ally McBeal ed era nota come la ragazza americana della porta accanto, avrebbe voluto fare qualcosa del genere a questo punto della sua vita. Ma ha detto di sì senza esitazione».

Dopo Ally McBeal – che in Italia fu trasmessa prima su Mediaset e poi su Fox – Flockhart aveva avuto ruoli marginali nelle serie tv Brothers & Sisters e Supergirl, e l’ultimo film in cui aveva recitato era il thriller del 2005 Fragile. La giornalista Maureen Dowd, che le ha dedicato un ritratto sul New York Times, racconta che «aveva lasciato tutto per fare la mamma» e crescere il figlio Liam, adottato nel gennaio 2001, e per condurre una vita familiare ritirata con Ford, che aveva conosciuto nel 2002. Flockhart  riceveva proposte di lavoro ma accettò di recitare solo cinque anni dopo, a patto di restare a Los Angeles e di lavorare non più di due o tre giorni a settimana per non trascurare suo figlio.

Sulla decisione di ritirarsi potrebbe aver pesato anche l’esperienza con Ally McBeal, che fu gratificante ma difficile: a 33 anni ebbe un successo inaspettato e si ritrovò «risucchiata in un sistema diverso da quello che sembra», dovendo subire «una tremenda quantità di giornalismo da tabloid», ha spiegato Murphy.

Flockhart vince il Golden Globe come migliore attrice nel 1998

Fin dalla prima puntata, infatti, Ally McBeal diventò qualcosa di più di una semplice serie tv: uno specchio del mondo che molte spettatrici e spettatori stavano vivendo. Fu il primo legal drama – una serie tv ambientata nel mondo degli avvocati – con protagonista una donna, Ally McBeal, appunto: un’avvocata trentenne di Boston che cercava di bilanciare la carriera con la vita sentimentale. Rappresentava in modo autentico e divertente cosa succedeva negli uffici in cui le donne e gli uomini provavano a lavorare insieme in condizioni di parità, a partire dai famosi bagni unisex condivisi: c’erano molestie, cotte, rivalità, solidarietà femminile, flirt, amicizie e tutte le difficoltà di quella nuova convivenza.

Calista Flockhart e il cast di Ally McBeal nel backstage della cerimonia di consegna dei premi Emmy: la serie tv vinse l’Emmy per la migliore commedia o serie tv comica, 12 settembre 1999 (Brenda Chase/Online USA via Getty)

Fu dirompente anche perché era, insieme, una satira sociale e una commedia dell’assurdo: tutti i personaggi erano disfunzionali, avevano tic e terrori raccontati attraverso visioni e canzoni in sottofondo. La serie mostrò per la prima volta in una tv americana un bacio tra due donne, fu la prima in cui si parlò di disforia di genere e fece nascere uno dei primi meme della storia di internet, il cosiddetto dancing baby, da una scena in cui McBeal, angosciata dall’idea di non avere figli per aver preferito la carriera, immagina di ballare con un bambino appena nato.

Ally McBeal era strampalata, insicura, emotivamente instabile e le sue preoccupazioni ruotavano soprattutto attorno alla vita sessuale e sentimentale, cioè agli uomini; indossava, poi, minigonne cortissime, troppo corte secondo alcuni. Flockhart ha raccontato che all’inizio della serie aveva chiesto alla costumista di farle indossare solo gonne lunghe o cortissime perché quelle a metà le imbruttivano le gambe: e così vennero scelte solo minigonne.

Per tutto questo la serie fu accusata di essere anti-femminista e il 29 giugno 1998 la rivista Time uscì con una copertina con i ritratti di tre famose femministe americane (Susan B. Anthony, Betty Friedan e Gloria Steinem) e poi di Ally McBeal con scritto «Il femminismo è morto?». In uno dei due pezzi che la accompagnavano, la femminista Nancy Friday scriveva che: «Ally McBeal è un disastro. È come un animaletto, vuoi metterla al guinzaglio».

In una puntata della serie, Ally McBeal ha anche ironizzato su questa copertina dicendo «ho sognato che mettevano la mia faccia sulla copertina di Time come il volto del femminismo”.

Flockhart ricorda di essere stata «sorpresa» più che ferita, perché il suo era «solo un personaggio inventato dalla mente di un uomo per intrattenere». David E. Kelley, l’autore della serie (e di molte altre di successo tra cui The Practice e Big Little Lies), spiegò di non aver mai voluto presentare Ally McBeal come un «faro del femminismo o un esempio da seguire per le donne». È anche vero che, soprattutto la prima stagione della serie, era diventata uno spunto di confronto e riflessione per molte e molti, come dimostrano anche i forum a tema nati all’epoca. Ally McBeal non era un personaggio femminista tutto d’un pezzo, come la guerriera Xena o Buffy l’ammazzavampiri, ma le sue nevrosi e imperfezioni – e la sua ricerca del “principe azzurro” – la rendevano più simile alle donne reali, che più facilmente si immedesimavano e affezionavano a lei.

Flockhart attraversò un momento difficile soprattutto quando venne accusata di soffrire di anoressia. Dopo la cerimonia dei premi Emmy del 1998 la rivista People pubblicò una foto in cui era particolarmente magra; lei ammise di aver perso qualche chilo ma negò sempre di soffrire di disturbi alimentari. «Ero un bersaglio facile, penso» ha raccontato a Dowd sul New York Times. «Fu doloroso e complicato. Mi piaceva lavorare a Ally McBeal ma tutto questo lo rese un’esperienza amara. Smisi di dormire, mi sentivo depressa». Le critiche erano molto aggressive e insistenti, come si legge in un’intervista che Flockhart diede a People per smentire le accuse. È convinta che oggi non subirebbe un trattamento simile perché non è più accettabile accusare qualcuno di un disturbo a partire dal suo aspetto fisico: «ho semplicemente delle ossa sottili», ha spiegato.

Calista Flockhart e Robert Downey Jr. ai Golden Globe Awards, Los Angeles, 21 gennaio 2001. Downey Jr. divenne un personaggio della serie nella quarta stagione: lui e Flockhart funzionavano molto sullo schermo e gli ascolti aumentarono. Poi nel 2001 fu arrestato per possesso di cocaina e licenziato dalla serie che ne risentì molto e venne cancellata la stagione successiva. (Kevin Winter/Getty Images)

Anche la storia con Ford venne ampiamente criticata dai giornali scandalistici. Si incontrarono ai Golden Globe del 2002, lei aveva 38 anni e lui 60, 22 in più: quando Ford chiese al suo agente di presentarli lei pensò «uh che vecchio lascivo. Ma cosa fa?»; poi iniziarono a parlare e «allora mi incantò davvero». Per sbaglio lei gli versò del vino addosso o forse «io lo versai a lei o qualcosa del genere» ha ricordato Ford, «e quello sigillò la nostra unione»: da allora sono stati sempre insieme.

Dopo le prime apparizioni pubbliche, i giornali scrissero che si sarebbero lasciati presto, che la differenza d’età era troppa, che uscivano per convenienza. Nel 2010 si sono sposati in una cerimonia informale a Santa Fe, in New Mexico, lei con un semplice abito bianco e lui con un paio di scarpe da ginnastica Wrangler, e oggi sono una delle coppie più longeve del cinema e una delle più fotogeniche ai red carpet, in cui si presentano tenendosi sempre per mano. Secondo lei funzionano perché «siamo entrambi piuttosto introversi. Stiamo molto a casa, siamo casalinghi: è carino così».