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  • Lunedì 13 maggio 2024

In Catalogna si fermerà il processo indipendentista?

Per la prima volta dal 2003 gli indipendentisti non hanno la maggioranza nel parlamento nella regione spagnola: ma come andranno le cose dipenderà da chi potrà formare un governo

Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez (a sinistra) e il candidato Socialista in Catalogna Salvador Illa durante un evento elettorale
Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez (a sinistra) e il candidato Socialista in Catalogna Salvador Illa durante un evento elettorale (AP Photo/Emilio Morenatti)
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Il risultato delle elezioni di domenica per scegliere il nuovo parlamento della Catalogna, comunità autonoma della Spagna, ha portato ad alcune conseguenze che potrebbero avere effetti non soltanto locali, ma per tutto il paese. La forza politica più votata è stata il Partito Socialista Catalano (PSC, emanazione del Partito Socialista nazionale), ma il dato più importante è che per la prima volta dal 2003 i partiti che chiedono l’indipendenza della Catalogna non hanno raggiunto la maggioranza, nemmeno sommando tutti assieme i propri voti.

Questo ha fatto parlare molti analisti e politici della fine, o quanto meno della crisi, del procés, parola che significa processo e che è il modo con cui, nel gergo politico spagnolo, si indicano i ripetuti tentativi da parte dei partiti secessionisti catalani di ottenere l’indipendenza, che culminarono nel referendum illegale del 2017. In realtà i partiti indipendentisti sono ancora molto forti in Catalogna, e rappresentano una parte consistente ma non maggioritaria della popolazione catalana che vuole l’indipendenza dalla Spagna: di indipendenza, in Catalogna, si continuerà a parlare a lungo, ma è probabile che cambieranno i modi e gli argomenti.

Secondo varie analisi uno dei vincitori di queste elezioni – oltre a Salvador Illa, il candidato Socialista – è stato Pedro Sánchez, il primo ministro spagnolo, che è stato il principale sostenitore di una politica del governo nei confronti della Catalogna basata sulla convivenza e non sullo scontro.

Negli ultimi anni di governo, Sánchez ha dapprima concesso la grazia ai leader indipendentisti che erano stati incarcerati a seguito del referendum del 2017 e negli scorsi mesi ha fatto approvare una legge per concedere l’amnistia a tutte le persone che hanno avuto problemi con la giustizia spagnola a causa del loro attivismo nel movimento per l’indipendenza. Nel frattempo ha adottato varie misure economiche e politiche per garantire una migliore convivenza tra Catalogna e Spagna, e fatto alcune concessioni alle richieste dei nazionalisti catalani.

In questo modo, Sánchez ha disinnescato le istanze più combattive dell’indipendentismo e consentito di instaurare un dialogo. Ne ha parlato lui stesso dopo la pubblicazione del risultato elettorale, scrivendo che «inizia una nuova tappa in Catalogna» per «rafforzare la convivenza».

Secondo chi lo critica, Sánchez in realtà sarebbe stato costretto a questo atteggiamento di apertura nei confronti delle istanze nazionaliste catalane perché il suo governo dipende dal sostegno esterno dei due principali partiti indipendentisti: Junts, centrodestra, ed ERC, centrosinistra, che hanno entrambi deputati nel parlamento nazionale, oltre che quello catalano.

Ad ogni modo, molto di quello che succederà nella politica catalana nei prossimi mesi dipenderà da quali forze riusciranno a formare un governo: se a riuscirci saranno Salvador Illa e i Socialisti, allora è probabile che il procés entrerà in una fase più moderata, e che la politica catalana si concentrerà sulla convivenza piuttosto che sull’indipendenza.

Per Illa, però, diventare presidente della Catalogna sarà complicato.

Per ottenere la maggioranza nel parlamento regionale catalano sono necessari 68 seggi, e i Socialisti ne hanno 42. Potrebbero allearsi con ERC (partito indipendentista di centrosinistra) e con i Comuns, formazione non indipendentista di sinistra, e arrivare giusto a 68 seggi. Ma ERC ha appena subìto una grave sconfitta (è passato da 33 seggi a 20) e il suo leader, il governatore uscente Pere Aragonès, ha detto che il partito trascorrerà questa legislatura all’opposizione.

Pere Aragonès ammette la sconfitta

Pere Aragonès ammette la sconfitta (David Zorrakino/Contacto via ZUMA Press)

I Socialisti potrebbero anche fare un governo di minoranza con i Comuns, e cercare di provvedimento in provvedimento il sostegno degli altri partiti. Sono tutte opzioni piuttosto complicate, che non escludono la possibilità di una ripetizione del voto nei prossimi mesi.

In questo contesto, un altro elemento notevole è stato il rafforzamento delle forze di destra: il Partito Popolare, che alle scorse elezioni aveva preso appena tre seggi, ne ha ottenuti 15; Vox, partito di estrema destra, ne ha mantenuti 11; e per la prima volta è entrato in parlamento Aliança Catalana, un partito indipendentista ma di estrema destra, che ha ottenuto 2 seggi. I seggi delle destre non sono determinanti per la formazione di nessun governo, ma mostrano una tendenza importante, soprattutto per quanto riguarda la crescita dell’estrema destra.