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  • Domenica 14 aprile 2024

Le armi usate dall’Iran per attaccare Israele

Droni, missili da crociera e missili balistici, di cui il paese possiede uno dei più grossi arsenali del Medio Oriente

Un missile lanciato durante un'esercitazione dell'esercito iraniano lo scorso gennaio
Un missile lanciato durante un'esercitazione dell'esercito iraniano lo scorso gennaio (Iranian Army via AP)
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Sabato sera, con un attacco senza precedenti recenti, l’Iran ha attaccato Israele con centinaia di droni e missili: i primi sono stati quasi tutti intercettati, i secondi sono entrati solo in piccola parte nel territorio israeliano. I danni sono stati tutto sommato contenuti: è stata lievemente danneggiata una base militare israeliana e non ci sono stati morti ma solo alcuni feriti, la maggior parte in modo lieve.

L’attacco però, così come le minacce dei giorni precedenti, ha suscitato forti preoccupazioni per le conseguenze che uno scontro militare diretto tra Iran e Israele potrebbe avere su tutta la regione. L’Iran possiede «uno dei più grossi arsenali di droni e missili di tutto il Medio Oriente», ha detto al New York Times l’esperto Afshon Ostovar, e più in generale uno dei più grandi eserciti della regione. Le armi con cui ha attaccato Israele sono inoltre molto più sofisticate e precise di quelle utilizzate negli ultimi mesi da Hamas e altri gruppi in guerra contro Israele.

L’attacco di sabato è stato compiuto con più di 300 tra droni, missili da crociera e missili balistici. Numeri più precisi sono stati dati da Avichay Adraee, portavoce dell’esercito israeliano, che ha parlato di 170 droni, 30 missili da crociera e 120 missili balistici. I danni più evidenti sono stati causati dai missili balistici, che hanno colpito superficialmente alcune infrastrutture della base aeronautica di Nevatim, nel centro del paese.

Le informazioni sulle armi utilizzate dall’Iran hanno contraddetto le notizie inizialmente circolate sull’attacco dell’Iran, per cui si era parlato solo di droni (quelli detti “suicidi” o “kamikaze”, cioè mezzi senza equipaggio che si schiantano contro un obiettivo facendo detonare il proprio esplosivo autodistruggendosi). L’arsenale di droni iraniano comprende dispositivi con gittate di oltre 2mila chilometri, in grado di volare a bassa quota e di sfuggire ai radar.

I droni sono però anche mezzi relativamente lenti, che per raggiungere Israele (distante almeno mille chilometri) hanno impiegato ore: le prime notizie del lancio di droni sono arrivate verso le 22 italiane, e soltanto attorno all’una sono arrivate le prime testimonianze di mezzi abbattuti dai sistemi di difesa aerea sui cieli di Israele. Una bambina di 10 anni di una piccola città vicino ad Arad è rimasta ferita dopo essere stata colpita da alcune schegge di un drone abbattuto da Israele, e attualmente è ricoverata in gravi condizioni.

Anche il primo tipo di missili utilizzati dall’Iran, i missili da crociera, richiedono un certo tempo per percorrere tutta la distanza fino a Israele, stimato in circa due ore: sono mezzi che procedono nel loro viaggio alimentati da un motore e raggiungono il loro bersaglio con una traiettoria orizzontale. Nessuno di questi missili ha raggiunto il territorio israeliano.

I missili che hanno causato i danni maggiori, e quelli più veloci, sono stati i missili balistici: a differenza di quelli da crociera, vengono sparati oltre l’atmosfera e, sfruttando la gravità, ricadono sull’obiettivo attraverso una traiettoria parabolica. Quando cadono sul bersaglio sono velocissimi, ma sono anche molto imprecisi. Dei 120 missili balistici lanciati dall’Iran verso Israele solo una minima parte ha effettivamente raggiunto il territorio israeliano, ed è stato proprio questo tipo di armi a colpire la base militare israeliana di Nevatim, nel sud del paese, causando danni minori alle infrastrutture.

Negli ultimi anni l’Iran ha investito molto sulla propria tecnologia militare, anche come mezzo per aggirare le sanzioni imposte da diversi governi esteri al regime, che di fatto hanno molto limitato la possibilità per l’Iran di acquistare armi da altri stati. A partire dagli anni Novanta la Guida suprema dell’Iran Ali Khamenei, la più importante figura politica e religiosa del paese, ha investito molte risorse nello sviluppo di un’industria bellica autonoma e nazionale.

L’Iran ha ampiamente pubblicizzato le proprie armi, sui media e durante esercitazioni, manifestazioni e parate militari. Le conserva in magazzini in buona parte sotterranei e fortificati con sistemi di difesa in grado di resistere ad attacchi esterni. L’Iran vende inoltre le proprie armi e tecnologie militari ad altri paesi: una di queste sono i droni telecomandati Shahed 136, ampiamente utilizzati dalla Russia in Ucraina e secondo varie ricostruzioni anche nell’attacco di sabato contro Israele.

Gli Shahed 136 sono fabbricati dalla HESA, una società statale iraniana. Sono lunghi circa 3 metri e hanno un’apertura alare di 2,5. Possono volare per più di 2mila chilometri in maniera autonoma, cioè seguendo delle coordinate GPS, e trasportare fino a circa 50 chili di esplosivo: appartengono alla famiglia dei cosiddetti “droni kamikaze”.

– Leggi anche: I droni iraniani usati dalla Russia in Ucraina