Perché si discute di bloccanti per la pubertà e transizione di genere nei più giovani

Un importante rapporto pubblicato in Inghilterra ha segnalato la scarsità di ricerche e dati affidabili sulle linee guida e sui trattamenti più diffusi nel mondo

(AP Photo/Rick Bowmer)
(AP Photo/Rick Bowmer)
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Il National Health Service (NHS) dell’Inghilterra, uno dei quattro sistemi sanitari pubblici del Regno Unito, ha avviato una profonda revisione dei trattamenti per la cosiddetta “disforia di genere” nei pre-adolescenti e negli adolescenti che non si sentono a proprio agio nel genere corrispondente al sesso biologico o che manifestano il desiderio di identificarsi in un genere diverso. Il ripensamento e la limitazione di alcuni interventi sono la conseguenza della pubblicazione di un atteso rapporto – basato sul lavoro di quattro anni e su un’ampia analisi della letteratura scientifica disponibile – dal quale sono emerse importanti lacune nelle conoscenze scientifiche sugli effetti di alcune terapie che vengono avviate per accompagnare e affrontare l’incongruenza di genere in un periodo estremamente delicato per lo sviluppo fisico e mentale.

La pubblicazione della Revisione indipendente dei servizi di identità di genere per bambini e giovani, che informalmente viene chiamato “rapporto Cass” dal nome della sua autrice, la pediatra britannica Hilary Cass, ha suscitato grande interesse e qualche polemica nella comunità medica e tra chi si occupa di identità di genere, sia per i suoi effetti pratici nei servizi offerti dall’NHS alla popolazione sia per alcune conclusioni che contraddicono almeno in parte studi svolti in passato.

La questione è del resto estremamente delicata e si può prestare a strumentalizzazioni, soprattutto a livello politico e decisionale, come riconosciuto dallo stesso rapporto che secondo Cass ha cercato il più possibile di mantenersi sugli aspetti prettamente scientifici. Per comprendere l’importanza del rapporto e le conseguenze che probabilmente avrà, non solo nel Regno Unito ma nei molti altri paesi in cui sono previsti trattamenti per la disforia di genere, è opportuno partire dalle basi.

Pubertà e sviluppo
La pubertà (tra i 9 e i 14 anni circa) e il periodo che la precede sono fasi molto importanti per la crescita e lo sviluppo dell’organismo, sia in termini fisici sia mentali. In generale, le differenze evidenti tra bambini e bambine prima della pubertà sono limitate all’apparato genitale, per quanto ancora con poche funzionalità. Le cose cambiano con la maturazione sessuale e l’adolescenza, un periodo in cui intervengono importanti trasformazioni fisiche, neuronali e psichiche che portano il corpo di un bambino a diventare il corpo di una persona adulta in grado di riprodursi. Vari tipi di ormoni sono coinvolti in questo processo e portano allo sviluppo non solo di tratti più evidenti e distintivi, come peluria e modifica della voce, ma anche di alcune aree del cervello.

È un periodo delicato che può accompagnarsi a fasi di incertezze, insicurezze e a un certo disagio nel constatare che il proprio corpo sta cambiando in modi magari inattesi e non in linea con le proprie aspettative e aspirazioni. Per la maggior parte delle persone è una fase transitoria, ma può accadere che a volte un bambino o una bambina manifestino un senso di insoddisfazione nei confronti dei loro genitali, dell’avvento delle mestruazioni, dell’abbassamento della voce o della crescita della barba.

Quel senso di disagio può manifestarsi ancora prima della pubertà, negli anni in cui bambini e bambine iniziano a essere consapevoli del proprio sesso biologico, del genere corrispondente a quel sesso e delle aspettative di chi hanno intorno sul modo in cui lo esprimono. Bambini e bambine non hanno sempre gli strumenti per riflettere profondamente sul non sentirsi a proprio agio nel genere che viene loro attribuito, ma lo possono manifestare in vari modi: per esempio esprimendo il desiderio di indossare abiti socialmente associati al genere opposto, oppure di preferire colori o giochi diversi da quelli che ci si aspetterebbe. Con l’arrivo della pubertà, e quindi di una maggiore consapevolezza di sé, quel senso di disagio può scomparire, ma anche aumentare, e secondo pediatri e psicologi infantili è importante che venga affrontato.

Disforia e incongruenza
La disforia di genere è indicata nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM), mentre nella Classificazione internazionale delle malattie dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) si usa la categoria diagnostica di “incongruenza di genere”, ritenuta una definizione più neutra. Negli ultimi anni tra chi si occupa professionalmente della salute delle persone trans è prevalsa comunque l’indicazione “varianza di genere”, più ampia e che aiuta a descrivere un approccio con maggiori complessità rispetto al modello medico tradizionale più orientato a considerare gli aspetti patologici.

L’accompagnamento delle esperienze di varianza di genere durante l’infanzia e l’adolescenza si è orientato verso due approcci: il cosiddetto “watchful waiting”, cioè di attesa vigile, e il modello affermativo. Il primo consiste nell’osservare con attenzione l’identità di genere che viene dichiarata dalla giovane persona, riducendo le difficoltà e gli ostacoli che dall’esterno potrebbero turbare il naturale sviluppo della stessa identità di genere; il secondo prevede un intervento sul contesto sociale in cui vive la persona che manifesta una varianza di genere in modo che questa venga riconosciuta.

In alcuni casi il percorso di transizione comprende anche l’impiego di particolari farmaci, la maggior parte a base di ormoni, che hanno la funzione di ritardare il periodo della pubertà o di orientare in modo diverso lo sviluppo sessuale. Si impiegano particolari farmaci (analoghi dell’ormone di rilascio delle gonadotropine, GnRH) che in altri contesti vengono usati per il trattamento della pubertà precoce centrale, cioè di quella condizione che porta a entrare nel periodo di pubertà prima degli 8 anni di età nelle bambine e dei 9 anni nei bambini.

Le cause della pubertà precoce non sono completamente note e non sempre è necessario intervenire, per esempio se questa si manifesta non troppo prima della media. Nel caso in cui venga diagnosticata si procede con la somministrazione di farmaci come la Triptorelina che ritardano la progressione dello sviluppo, lasciando in questo modo all’organismo il tempo di proseguire con la crescita per esempio dell’apparato osseo che altrimenti rallenterebbe prima del dovuto. La terapia prosegue fino a quando la bambina o il bambino non raggiungono la normale età, con il processo della pubertà che ricomincia dai 6 ai 12 mesi dopo la sospensione della terapia (questo scarto viene tenuto in considerazione sul finire del trattamento).

Primi trattamenti
Nelle persone con diagnosi di pubertà precoce, in linea di massima la terapia è ben tollerata e non ci sono particolari ripercussioni a distanza di anni dal trattamento. Partendo da queste considerazioni alcuni medici e gruppi di ricerca che si occupano dello sviluppo si erano chiesti se gli stessi trattamenti non potessero essere usati nei casi di disforia di genere tra i bambini, in modo da ritardare l’avvento della pubertà e dare loro qualche tempo in più per esplorare la propria identità prima di affrontare eventualmente il successivo percorso, che coinvolge l’impiego di altri tipi di ormoni per effettuare il percorso di transizione vero e proprio.

Alcune delle prime esperienze in questo senso furono svolte nei Paesi Bassi negli anni Novanta, con la somministrazione di farmaci per il trattamento della pubertà precoce in adolescenti e pre-adolescenti che avevano manifestato il desiderio persistente di identificarsi in un genere diverso. La pratica, basata sull’esperienza con 70 adolescenti, fu raccontata in una ricerca scientifica pubblicata nel 2011. Lo studio segnalava come i farmaci bloccanti della pubertà avessero portato, insieme alla terapia psicologica, a importanti benefici per i partecipanti riducendo alcuni dei sintomi più ricorrenti a cominciare dal forte senso di depressione, ansia, scarsa stima di sé e un maggiore rischio di suicidio nell’età adulta.

L’esperienza clinica dei Paesi Bassi divenne negli anni un importante punto di riferimento nei paesi dove iniziavano a essere organizzate strutture dedicate alla disforia di genere. La maggiore conoscenza della questione tra pediatri e medici contribuì a fare aumentare le segnalazioni e l’invio di pazienti verso i centri specializzati. L’aumento dei casi gestiti fu significativo in alcuni paesi, per quanto con numeri relativamente contenuti rispetto alla popolazione dei minori di 14 anni. In Svezia si passò da 50 casi nel 2014 a oltre 350 nel 2022, mentre in Inghilterra l’aumento fu lievemente più marcato con un passaggio da 470 a 3.600 nello stesso periodo di tempo.

Dubbi
Con questi incrementi ci fu anche un aumento della varietà dei casi, spesso sensibilmente diversi rispetto a quelli raccontati nello studio del 2011 nei Paesi Bassi. Molte delle nuove persone coinvolte non avevano per esempio mostrato forme di disagio legate al genere fino al periodo della pubertà e c’erano più casi di particolari condizioni come forme di depressione e di autismo. Alcuni medici iniziarono a mettere in dubbio le pratiche seguite in alcuni ospedali o cliniche, visto che alcuni dei presupposti derivavano soprattutto da quello studio ritenuto datato e non sempre rappresentativo.

I dubbi sollevati dagli esperti, alcuni coinvolti direttamente nelle cliniche specializzate, portarono tra il 2020 e il 2022 alcuni paesi come Finlandia e Svezia a rivedere alcune delle pratiche legate soprattutto ad alcune tipologie di trattamenti ormonali. Nel 2023 un documentario della televisione pubblica dei Paesi Bassi portò nuovi elementi di confronto e dibattito, che all’inizio di quest’anno sono sfociati nella richiesta da parte del parlamento di avviare una ricerca per mettere a confronto i metodi utilizzati nei Paesi Bassi con quelli di altri paesi europei. La decisione ha suscitato polemiche ed è arrivata pochi mesi dopo la vittoria dell’estrema destra alle elezioni politiche del paese.

La decisione di avviare un’indagine medico-scientifica nel Regno Unito era nata sulla scia dei medesimi dubbi, espressi da alcuni medici della Gender Identity Development Service di Tavistock, l’unica clinica dell’Inghilterra dedicata alle esperienze di varianza di genere durante l’infanzia e l’adolescenza. Nel 2018 una decina di medici presentò una segnalazione formale, dicendo di lavorare in un contesto che nei fatti portava ad approvare velocemente i trattamenti con i bloccanti per la pubertà anche nel caso di persone con problemi mentali più gravi. La loro preoccupazione è condivisa da chi lavora in cliniche di questo tipo con capacità insufficiente per accogliere le richieste, con la conseguenza di un forte carico di lavoro e di lunghe liste di attesa non compatibili con i tempi della fase dello sviluppo. La possibilità che la delicata fase della diagnosi possa essere affrettata è anche uno dei fattori che può portare una famiglia di bambini e adolescenti trans a preoccuparsi che la disforia di genere possa essere sovrastimata nel caso che la riguarda.

Alla segnalazione si era aggiunta nel 2021 una ricerca svolta nella clinica inglese e che aveva coinvolto 44 bambini ai quali erano stati prescritti farmaci bloccanti per la pubertà. Lo studio aveva portato a risultati diversi dalla ricerca del 2011, non facendo emergere esiti rilevanti sulle funzioni psicologiche delle persone interessate. Inoltre, 43 partecipanti su 44 decisero in seguito di avviare i trattamenti con ormoni (testosterone o estrogeni), facendo sollevare qualche dubbio sull’effettiva utilità nel ritardare il periodo della pubertà per valutare se procedere o meno con la transizione.

Sia la ricerca del 2011 sia quella del 2021 presentavano comunque alcuni limiti, come del resto spesso avviene negli studi che riguardano lo stato mentale delle persone. È infatti molto difficile creare condizioni sperimentali che permettano di capire se un dato esito sia dipeso o meno da una terapia, soprattutto in un contesto in veloce evoluzione come nel caso di persone nella loro fase di sviluppo tra inizio della pubertà e adolescenza.

Il rapporto Cass
Nel 2020 sempre in Inghilterra era stata intanto incaricata Hilary Cass di effettuare una analisi indipendente delle pratiche e degli studi scientifici pubblicati negli anni sull’argomento. Cass è una medica molto rispettata e ha avuto numerosi incarichi di rilievo nella sanità pubblica britannica e nel panorama accademico. Tra il 2012 e il 2015 è stata presidente del Royal College of Paediatrics and Child Health, il più importante organismo professionale dei pediatri nel Regno Unito e in precedenza era stata responsabile di alcuni ospedali pediatrici e della Scuola di pediatria di Londra. Nel 2015 per le proprie attività in ambito pediatrico ha ricevuto una delle più alte onorificenze del Regno Unito (OBE, Officer of the Order of the British Empire).

Come avrebbe raccontato in seguito, Cass pensò che il lavoro potesse essere svolto in qualche mese: invece avrebbe richiesto quasi quattro anni per essere completato, sia per la complessità dell’argomento sia per la necessità di valutare nel modo più accurato possibile la letteratura scientifica.

Poco dopo avere ricevuto l’incarico, Cass chiese all’Università di York di effettuare una serie di analisi degli studi esistenti, non solo per confrontare i loro risultati, ma anche per capire metodologie e approcci seguiti per svolgerli. Quel lavoro che ha coinvolto decine di ricercatrici e ricercatori ha portato alla produzione di alcune ricerche scientifiche che sono state comprese nel rapporto e che coinvolgono diversi aspetti della questione: sono per lo più revisioni analisi degli studi già prodotti su un determinato argomento nel tempo, sottoposte poi a processi di revisione da parte di altri esperti indipendenti (“peer review“).

Linee guida
Due ricerche sono dedicate alla qualità e al modo in cui sono messe in pratica le linee guida e le raccomandazioni per gestire la disforia di genere nei giovani fino a 18 anni di età. Il lavoro si è concentrato su 23 linee guida pubblicate in vari paesi tra la fine degli anni Novanta e il 2022 ed è emerso che la maggior parte non offre un approccio «indipendente e basato sulle prove scientifiche» e informazioni adeguate sul modo in cui sono state realizzate. Le due ricerche hanno anche segnalato la mancanza di trasparenza sul modo in cui sono state sviluppate alcune raccomandazioni e l’assenza di revisioni sistematiche (in sostanza analisi di analisi) delle prove empiriche utilizzate.

Per l’Italia è stato preso in considerazione uno studio svolto nel 2014 che aveva coinvolto diversi esperti del settore in quello che era stato definito dagli stessi autori: «Un approfondito brainstorming sull’applicazione delle linee guida internazionali nel contesto italiano». I centri di riferimento in Italia sono ancora relativamente pochi, uno dei più conosciuti è presso l’ospedale Careggi di Firenze, di recente sottoposto ad accertamenti da parte del ministero della Salute. Le analisi svolte all’Università di York avevano lo scopo di fare una valutazione generale sulle linee guida, di conseguenza non ci sono riferimenti o confronti specifici tra diversi paesi.

Entrambe le ricerche hanno comunque messo in evidenza la mancanza di dati attendibili e la necessità di riempire molte lacune, in modo da offrire un servizio migliore a persone che si trovano in una fase critica del loro sviluppo. Partendo da questi risultati, nell’introduzione al proprio rapporto Cass ha scritto che solitamente in ambito medico si è molto cauti nell’adottare nuove scoperte ma che «nel campo dell’assistenza di genere per i bambini è avvenuto il contrario».

Bloccanti
Per quanto riguarda i bloccanti per la pubertà, un altro studio effettuato sempre per il rapporto dall’Università di York ha preso in considerazione 50 ricerche sugli effetti di questo tipo di farmaci nei bambini e nelle bambine con disforia di genere. Il gruppo di ricerca ha concluso che un solo studio conteneva dati affidabili e di alta qualità, mentre 25 ne contenevano di «qualità moderata». I restanti 24 studi sono stati invece scartati dopo una prima analisi, perché ritenuti inconsistenti.

Lo studio ha segnalato che in molti casi le ricerche si erano concentrate sull’efficacia dei trattamenti per fermare la pubertà e sugli effetti collaterali, senza però valutare se i farmaci avessero portato ai benefici attesi in termini di benessere e serenità delle persone coinvolte. Il gruppo di ricerca di York ha trovato indizi «molto limitati» sul fatto che i bloccanti per la pubertà migliorino le condizioni mentali e nel complesso ha scritto che non si possono trarre conclusioni sul loro impatto sulla disforia di genere. Per quanto riguarda gli eventuali effetti dopo i trattamenti, il gruppo di ricerca ha segnalato la presenza di qualche indizio sul peggioramento della salute dell’apparato osseo, in una fase in cui termina il proprio sviluppo.

Ormoni
Una quarta ricerca svolta sempre all’Università di York si è invece occupata dei trattamenti a base di ormoni, molto importanti per la transizione di genere e utilizzati dagli adulti transgender da molto tempo (la loro assunzione può portare a problemi di salute, ma i benefici per chi vive un disagio legato al genere atteso superano abbondantemente i rischi). Negli ultimi anni è diventata più frequente l’assunzione – sotto controllo medico – degli ormoni anche da parte degli adolescenti, dopo che hanno terminato l’assunzione dei farmaci per bloccare la pubertà. È uno degli aspetti più discussi e ha subìto spesso strumentalizzazioni di tipo politico, specialmente (ma non unicamente) dagli ambienti conservatori, e ha portato a limitazioni negli accessi alle terapie in alcuni paesi.

In questo caso la ricerca ha riguardato l’analisi di 53 studi per verificare quale sia a oggi lo stato delle conoscenze su benefici, rischi ed eventuali effetti indesiderati dei trattamenti ormonali nelle persone di giovane età. A parte uno studio che effettivamente indagava gli effetti indesiderati, tutti gli altri sono stati valutati di qualità bassa o moderata a seconda dei casi, rendendo quindi impossibili conclusioni affidabili su questo tipo di trattamenti per lo meno sugli effetti per l’organismo.

L’analisi ha trovato qualche indizio sul fatto che questi trattamenti possano comunque portare qualche beneficio dal punto di vista della salute mentale nelle persone trans di giovane età. Cinque studi tra quelli esaminati hanno indicato un miglioramento negli adolescenti con depressione, ansia e altre condizioni a un anno di distanza dall’inizio dei trattamenti. È però difficile stabilire quale sia stato di preciso il ruolo degli ormoni e se non si potessero ottenere i medesimi risultati in altro modo.

Conclusioni e controversie
Il rapporto Cass raccomanda che sia avviato uno studio più ampio sui bloccanti per la pubertà (in Inghilterra dovrebbe essere avviato entro fine anno), che siano svolte ricerche più approfondite sugli aspetti psicologici e legati alle linee guida impiegate e una maggiore raccolta di dati sui trattamenti a base di ormoni.

La diffusione del rapporto, che era stata anticipata da alcune versioni provvisorie e dai risultati degli studi, è stata accolta con interesse ed è vista come la possibilità di ampliare il confronto su un tema già fortemente dibattuto e spesso polarizzante. Cass ha detto di essere consapevole che le conclusioni del suo lavoro avranno effetti diretti su alcune persone, per le quali ci saranno maggiori limitazioni, ma ritiene che questi effetti siano la dimostrazione della necessità di arrivare a qualcosa di meglio per loro: «Le abbiamo deluse perché le ricerche non sono valide a sufficienza e perché abbiamo pochi dati. La tossicità del dibattito è dovuta agli adulti, e questo non è corretto nei confronti dei bambini e delle bambine coinvolti».

La scarsa disponibilità di ricerche di alta qualità dipende da numerosi fattori, anche molto diversi tra loro a seconda dei paesi e delle circostanze in cui vengono svolte. La quantità di casi relativamente contenuta, per esempio, rende più difficile avere dati a sufficienza per fare valutazioni ampie e arrivare a conclusioni affidabili. Le risorse finanziarie destinate a questo tipo di esperienze sono talvolta insufficienti, con poco personale medico che può occuparsene e che abbia poi anche il tempo e le opportunità per produrre studi e rapporti sulle pratiche seguite. È un problema comune a diversi ambiti dell’assistenza medica, in particolare in settori che per lungo tempo sono stati messi in secondo piano come quelli della salute mentale per il benessere complessivo di ogni persona.

Il personale sanitario si muove in questo contesto non sempre ideale per prendere decisioni che avranno importanti conseguenze sulla vita dei loro pazienti. Decidere e avviare un trattamento, al meglio delle conoscenze acquisite in ambito scientifico (per quanto parziali), in alcuni casi è sentito come una necessità sia per la veloce evoluzione del fisico nella fase di sviluppo che richiede di intervenire in tempi rapidi, sia per ridurre il rischio di depressione e suicidi in età più matura.

Si discuterà ancora a lungo del rapporto Cass soprattutto perché a oggi comprende alcuni degli studi scientifici più completi nella revisione delle ricerche prodotte in questi anni sui trattamenti per gestire la disforia di genere. Alcuni gruppi e associazioni che lavorano sulle questioni di genere hanno segnalato il rischio che il rapporto possa essere strumentalizzato, portando alla perdita di alcuni dei progressi raggiunti in questi anni per accompagnare e assistere i minorenni con varianza di genere.