La Lombardia sta cercando infermieri in Sudamerica

La regione vuole far arrivare circa 500 professionisti dall'Argentina e dal Paraguay entro la fine dell'anno, per risolvere almeno in parte una grave carenza che riguarda tutto il paese

Un'infermiera
(AP Photo/Gregorio Borgia)
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Nei prossimi giorni Guido Bertolaso, assessore al Welfare della Lombardia, andrà in Argentina e Paraguay per accordarsi con le autorità sanitarie locali con l’obiettivo di far arrivare negli ospedali e nelle aziende sanitarie lombarde tra 400 e 500 infermieri e infermiere sudamericane entro la fine dell’anno. Intervistato da Repubblica Milano, Bertolaso ha detto che l’accordo con i paesi sudamericani è una buona opportunità per risolvere almeno in parte i problemi dovuti alla mancanza di infermieri, particolarmente grave in Lombardia.

Secondo i piani dell’assessore, gli infermieri stranieri verranno distribuiti negli ospedali e negli ambulatori, e serviranno a garantire l’assistenza domiciliare integrata (ADI), cioè le visite che gli infermieri fanno quasi quotidianamente nelle case delle persone anziane non autosufficienti oppure di quelle con gravi malattie debilitanti. Argentina e Paraguay hanno buone scuole di infermieristica, ha detto Bertolaso, e l’integrazione sarebbe rapida perché le differenze culturali e linguistiche sono poche: l’obiettivo è portare gli infermieri in Italia e farli lavorare negli ospedali e negli ambulatori per quattro o cinque anni.

Nei mesi scorsi era già stato fatto un esperimento in provincia di Varese, dove 11 infermieri e infermiere sudamericane avevano preso servizio alla fine dell’anno. Dopo tre mesi con risultati incoraggianti, a metà marzo l’azienda sanitaria Sette Laghi ha pubblicato un altro bando rivolto all’estero per portare altri sette infermieri sudamericani: dopo il colloquio online sono state selezionate 3 donne e 4 uomini che arriveranno nelle prossime settimane dal Paraguay. Bertolaso si è convinto ad avviare il progetto anche per via dei buoni risultati raggiunti in provincia di Varese.

La mancanza di infermieri è grave in Lombardia, ma è un problema che riguarda tutte le regioni italiane. Secondo i dati più recenti diffusi dalla federazione nazionale ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI), in Italia gli infermieri sono circa 395mila di cui 270mila dipendenti del servizio sanitario nazionale (SSN), 80mila assunti in strutture sanitarie private e 45mila liberi professionisti.

Negli ultimi anni associazioni di categoria e sindacati hanno diffuso diverse stime per quantificare la mancanza di infermieri. Uno dei dati più affidabili è stato pubblicato dalla Corte dei Conti a commento della nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (NADEF) del 2022, dove ha scritto che il fabbisogno infermieristico è «pesantemente sottodimensionato in molte aree e nel confronto con standard europei». Basandosi sulle linee guida internazionali, secondo cui dovrebbero esserci tre infermieri per ogni medico, la Corte dei Conti ha stimato che in Italia mancano circa 65mila infermieri.

A questi vanno poi aggiunti i 20mila infermieri che bisognerà assumere per portare a termine la riforma dell’assistenza territoriale prevista dal PNRR, il piano nazionale di ripresa e resilienza con cui il governo italiano intende spendere i finanziamenti europei del Recovery Fund.

La riforma prevede di creare le Case della Comunità, cioè 1.350 strutture sanitarie aperte 24 ore su 24 e tutti i giorni della settimana con medici e infermieri a cui le persone possono rivolgersi per l’assistenza socio-sanitaria. Un altro obiettivo del PNRR è l’introduzione del cosiddetto infermiere di comunità, cioè un infermiere che farà da raccordo tra i pazienti e le strutture sanitarie o sociali per garantire una migliore assistenza. Soltanto in Lombardia si dovrebbero assumere 3.000 infermieri per adeguare la copertura di personale ai progetti del PNRR.

In Italia mancano infermieri e infermiere per ragioni non molto diverse da quelle che spiegano la mancanza di medici. Uno dei motivi è la programmazione sbagliata: in passato ci sono stati periodi di assunzioni significative seguiti a periodi di tagli al personale fatti senza tenere troppo conto della previsione dei pensionamenti.

Con l’emergenza coronavirus, per esempio, i posti nei dipartimenti di infermieristica sono aumentati, ma meno rispetto ai posti riservati ai medici. Nell’ultimo anno accademico, nonostante la grande richiesta, le domande di accesso ai corsi per ottenere la laurea in infermieristica sono addirittura diminuite del 10,5 per cento: sono passate da 25.539 a 22.870 su 19.860 posti. A questo ritmo non si riuscirà a compensare il calo dovuto ai pensionamenti stimato in 109mila uscite entro il 2032.

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Il calo delle domande per diventare infermiere è legato in buona parte alle prospettive economiche. Il lavoro non manca sia nel pubblico che nel privato, ma la retribuzione mensile di un infermiere può arrivare nel migliore dei casi a circa 1.700 euro netti. In provincia di Milano, dove il costo per vivere è decisamente alto, lo stipendio medio è di circa 1.500 euro. Lo stipendio basso ha portato circa 4.000 infermieri lombardi a licenziarsi dal servizio sanitario nazionale e diventare frontalieri: vivono in Italia e lavorano in Svizzera, dove lo stipendio di un infermiere è di circa 4.400 euro netti al mese. Le province con più infermieri frontalieri sono Varese, Lecco, Como e Sondrio, le più vicine al confine.

Lo scorso settembre la federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche ha chiesto al governo di aprire una «questione infermieristica», perché negli ultimi anni la carenza di infermieri è stata sottovalutata. Tra le altre cose, la federazione ha chiesto di rivedere i criteri di accesso ai corsi di laurea triennali, per garantire una migliore programmazione in vista dei prossimi anni, e un cambio generale dell’organizzazione della professione infermieristica anche sul territorio, per evitare la migrazione di infermieri dal Sud verso il Nord e in generale degli italiani verso l’estero. Soprattutto, la federazione ha chiesto di aumentare gli stipendi. In parte è stata ascoltata: nel nuovo contratto collettivo nazionale discusso nelle ultime settimane è previsto un aumento medio del 5,78%, pari a 156 euro al mese per infermieri e tecnici sanitari.

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