Negli Stati Uniti è stato arrestato un uomo accusato di aver nascosto il suo coinvolgimento nel genocidio in Ruanda

Foto di persone uccise, nel Memoriale del genocidio di Kigali, in Ruanda (AP Photo/Ben Curtis, File)
Foto di persone uccise, nel Memoriale del genocidio di Kigali, in Ruanda (AP Photo/Ben Curtis, File)

In Ohio, negli Stati Uniti, un uomo ruandese è stato arrestato e accusato di aver mentito durante una testimonianza in tribunale per nascondere il proprio coinvolgimento nel genocidio in Ruanda, avvenuto nel paese dell’Africa orientale nel 1994. Nel 2019 l’uomo arrestato, Eric Tabaro Nshimiye, aveva testimoniato nel processo contro Jean Leonard Teganya, che era stato poi condannato per aver partecipato al genocidio. Secondo le autorità statunitensi Nshimiye aveva dato una testimonianza falsa per nascondere i suoi crimini, che includerebbero l’uccisione di persone con mazze chiodate e machete.

Nshimiye vive negli Stati Uniti da quasi 30 anni: era andato in Kenya dopo aver lasciato il Ruanda nel 1994. Lì secondo le accuse contro di lui avrebbe mentito a dei funzionari statunitensi per ottenere lo status di rifugiato, pur non avendone diritto, e trasferirsi negli Stati Uniti, dove arrivò nel 1995.

Il genocidio del Ruanda si consumò nel giro di 100 giorni nel 1994: gruppi armati di etnia hutu, quella più numerosa, compirono massacri sanguinosi e indiscriminati nei confronti della minoranza dei tutsi, ma anche contro oppositori politici e hutu “moderati”. Si stima che dal 7 aprile alla metà di luglio del 1994 furono uccise almeno 800mila persone; ci furono anche decine di migliaia di stupri e di bambini arruolati come soldati. La ricerca dei colpevoli è stata particolarmente lunga e in alcuni casi è ancora in corso.

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