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  • Martedì 19 marzo 2024

È finita l’era dei tassi d’interesse negativi in Giappone

La banca centrale giapponese li ha alzati per la prima volta dal 2007, nella speranza che il paese sia sulla buona strada per una ripresa economica dopo anni di stagnazione

Il noto incrocio del frequentatissimo quartiere di Shibuya, a Tokyo (Yuichi Yamazaki/Getty Images)
Il noto incrocio del frequentatissimo quartiere di Shibuya, a Tokyo (Yuichi Yamazaki/Getty Images)
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Martedì la banca centrale giapponese ha annunciato di aver alzato i tassi in un intervallo compreso tra lo 0 e lo 0,1 per cento, dal precedente meno 0,1 per cento. È la prima volta dal 2007 che il Giappone alza i tassi d’interesse, che sono il prezzo a cui la banca centrale presta il denaro alle altre banche, ed è di fatto una decisione storica: in questo modo infatti il paese ha concluso un lungo periodo di politica monetaria in cui ha mantenuto tassi d’interesse bassi per stimolare la crescita economica, che altrimenti sarebbe rimasta stagnante.

Mantenere i tassi bassi serve, per esempio, a invogliare le persone a prendere a prestito denaro per comprare cose o investire, e creare quindi un circolo virtuoso che si ripercuote su vari settori economici. Era un modo per cercare attivamente di creare inflazione nel paese (entro il limite del 2 per cento), perché sarebbe stata un segno che l’economia aveva ripreso a crescere.

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Fino a un paio d’anni fa, questa politica di stimolo dell’economia giapponese era stata più o meno allineata a quelle dei paesi occidentali, anche se con certe differenze e con molta più cautela da parte dell’Occidente. Anche negli Stati Uniti e in Europa i tassi d’interesse erano eccezionalmente bassi, e i governi attuavano politiche di stimolo. Poi le cose hanno cominciato a cambiare.

Dalla fine del 2021 in tutto il mondo i prezzi hanno cominciato ad aumentare notevolmente, prima per tutte le conseguenze della pandemia e poi per i rincari dell’energia dovuti alla guerra in Ucraina. Contrastare l’aumento dell’inflazione è diventato fondamentale per le banche centrali, che hanno iniziato ad alzare i tassi di interesse di riferimento con l’obiettivo di limitare l’aumento dei prezzi.

Anche in Giappone l’inflazione è aumentata, seppur in maniera minore rispetto al resto del mondo. Nonostante sia moderata, la crescita dell’inflazione in Giappone ha spinto la banca centrale a cambiare strategia e aumentare i tassi d’interesse, nella speranza che l’economia giapponese sia sulla buona strada per una crescita più sostenuta in futuro. La banca centrale ha motivato la decisione dicendo di aver valutato che l’economia del paese è attualmente in un «ciclo virtuoso» tra salari e prezzi, e cioè che i salari sono aumentati abbastanza da coprire l’aumento dei prezzi, ma non tanto da far diminuire i profitti delle aziende.

C’è comunque una differenza sostanziale nelle cause che hanno determinato l’aumento dell’inflazione in Giappone, rispetto al resto del mondo: l’economia giapponese è infatti rimasta perlopiù stagnante, soprattutto a causa della grande debolezza dello yen, la moneta giapponese. Con una valuta locale che vale sempre meno è diventato sempre più costoso comprare merce straniera in dollari o in euro. Di conseguenza è salito il valore delle importazioni e poi il costo della vita.

La bassa crescita dell’economia è dovuta anche a fattori strutturali: la popolazione è invecchiata e questo ha comportato una riduzione della forza lavoro, che a sua volta ha avuto pessime conseguenze in termini di innovazione e produttività, cioè i due elementi centrali per garantire la crescita.

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