I giornali britannici e la “scomparsa” di Kate Middleton

La principessa non si vede in pubblico da Natale e il modo strano in cui se ne stanno occupando gli uffici stampa reali e i media ha alimentato curiosità e complottismi

(Stephen Pond/Getty Images)
(Stephen Pond/Getty Images)

Lunedì il sito scandalistico statunitense TMZ ha pubblicato una foto in cui quella che sembra Kate Middleton, la moglie del principe William d’Inghilterra, sarebbe in macchina assieme alla madre, Carole Middleton, in una strada non distante dal castello di Windsor, una delle principali residenze ufficiali della monarchia britannica. La foto è stata ampiamente discussa e commentata perché Middleton non appariva in pubblico dal 25 dicembre, quando aveva partecipato alla tradizionale messa di Natale nella chiesa di St Mary Magdalene vicino a Sandringham House, nel Norfolk, dove la famiglia reale trascorre ogni anno le feste.

Dell’assenza di Middleton si sa che lo scorso 17 gennaio l’ufficio stampa della residenza reale di Kensington Palace (quello che si occupa di William e Kate) aveva diffuso un comunicato in cui spiegava che aveva subìto da poco un intervento chirurgico all’addome, che stava bene, e che avrebbe ripreso le sue funzioni pubbliche soltanto una volta conclusa la convalescenza, verso la fine di marzo. Da febbraio però la prolungata assenza di Middleton ha cominciato a suscitare una grossa mobilitazione di curiosi su internet, in parte giustificata e alimentata dallo strano comportamento con cui giornali e uffici stampa reali hanno gestito finora la faccenda.

Nelle ultime due settimane l’assenza prolungata di Middleton è diventata un tema di discussione molto insistente sui social network, dove hanno iniziato a circolare moltissimo hashtag dal tono complottista come #WhereIsKateMiddleton e #SaveKate, con numerosi meme e post dedicati alla vicenda. In molti casi questi contenuti hanno un carattere scherzoso: alcuni teorizzano ironicamente che Middleton sia stata sostituita da una controfigura o che sia entrata a far parte del «programma protezione principesse», citando un film della Disney di qualche anno fa. In altri casi la vicenda è diventata oggetto di congetture un po’ spinte e a volte complottistiche: prima che venisse pubblicata la foto di TMZ, una delle più diffuse sosteneva che Middleton fosse in coma da mesi.

Questa speculazione aveva iniziato a diffondersi a fine gennaio, quando la giornalista spagnola Concha Calleja aveva detto durante una puntata della trasmissione Telecinco che dopo l’operazione i medici erano stati costretti a intubare Middleton. L’ufficio stampa di Kensington Palace aveva fatto sapere attraverso il Times di non confermare questa storia, ma come ha spiegato la giornalista statunitense Ellie Hall, che per dieci anni si è occupata di notizie reali per il sito di news BuzzFeed, «gli uffici stampa della famiglia reale di solito non commentano affatto, soprattutto su storie specifiche, e, ironicamente, facendo quella dichiarazione hanno attirato ancora più attenzione sulla storia di Calleja». Dopo la smentita Calleja ha confermato la sua ricostruzione e ha detto di «fidarsi completamente» della sua fonte.

Le speculazioni sulle condizioni di salute di Middleton sono state alimentate anche dal fatto che i giornali del Regno Unito, da quelli più autorevoli ai tabloid, che vivono soprattutto di gossip, si sono in generale occupati molto poco della vicenda, cosa che ha portato i lettori più attenti alla vita della famiglia reale a pensare che ci fosse “qualcosa da nascondere”. Il silenzio della stampa britannica poi è ancora più evidente se si considera che profili social e altri media internazionali, come quelli statunitensi, stanno da giorni discutendo ampiamente delle condizioni di salute di Middleton.

I giornali britannici che hanno dato la notizia della fotografia di TMZ, per esempio, l’hanno fatto senza riportare nei loro articoli la fotografia, che però era già ovunque sui social network. «Ciò che è affascinante è come il circo sui social network dia ai giornali l’occasione di scrivere di qualcosa su cui non c’è niente da scrivere, avendo allo stesso tempo un atteggiamento giudicante verso ciò che gira su internet» ha detto al New York Times Peter Hunt, ex corrispondente di BBC per le notizie sulla famiglia reale.

Il Guardian, uno dei giornali britannici più autorevoli ma anche uno di quelli che storicamente si sono sempre occupati meno delle vicende della famiglia reale, in questi giorni ne ha scritto in pochissime occasioni, in tutti i casi citando i comunicati pubblicati dall’ufficio stampa di Kensington Palace. L’ultima volta è accaduto martedì, quando ha dato notizia di un’affermazione che era stata pubblicata quella mattina sul sito dell’esercito del Regno Unito ed era stata eliminata poco dopo, quando era arrivata una smentita da parte di Kensington Palace: l’esercito aveva dato per certa la partecipazione di Middleton a un evento commemorativo che si terrà a giugno, ma che non era invece stata confermata.

I giornali britannici hanno sempre avuto un rapporto complicato e per certi versi di subordinazione con la famiglia reale. Nella copertura delle notizie che la riguardano le informazioni a disposizione sono solitamente pochissime e limitate a comunicati stampa generici, che vengono diffusi dagli uffici stampa della Corona. I portavoce ufficiali della famiglia reale, le uniche fonti in grado di fornire ulteriori dettagli, non si espongono quasi mai direttamente, e quando succede lo fanno soltanto con quei pochi giornalisti che considerano “di fiducia”, premurandosi in tutti i casi che la loro identità non venga rivelata e che le informazioni riportate non vengano attribuite direttamente a un portavoce della famiglia reale. Alan Rusbridger, ex direttore del Guardian esperto di media e giornalismo (oggi direttore del mensile Prospect), aveva descritto gli uffici stampa della corona come parte di «un mondo quasi privo di fonti aperte o nominabili».

La nicchia ristretta di giornalisti che hanno accesso a questo tipo di fonti è nota come «Royal Rota». I giornalisti che fanno parte di questo gruppo non provengono soltanto da testate autorevoli come GuardianBBC e Financial Times, ma anche dai tabloid, la cui linea editoriale è nella maggior parte dei casi incentrata su notizie di gossip relative alla famiglia reale, spesso caratterizzate da toni sensazionalistici e aggressivi.

Parlando con Nieman Lab delle teorie del complotto sulle condizioni di salute di Middleton, Hall ha detto che probabilmente i lettori più attenti alla vita della famiglia reale sono stati insospettiti dal fatto che addirittura i tabloid, che storicamente hanno un approccio molto irruento e morboso alle notizie che riguardano la famiglia reale, ne stiano scrivendo pochissimo. Prima che TMZ rendesse pubblica la foto, tabloid come Sun e Daily Mail avevano pubblicato pochissime speculazioni relative all’intervento subito da Middleton, e, dice Hall, avevano anche evitato di scrivere il tipo di articoli frivoli e tendenzialmente innocui che solitamente vengono fatti uscire in situazioni del genere, «cose come “Cosa sta facendo Kate per rilassarsi” o “Kate rimane una madre attiva anche durante la sua guarigione”».

Sempre secondo Hall, un altro motivo che rende tutta la storia degna di attenzione, è che solitamente gli uffici stampa della famiglia reale mantengono un profilo molto basso, e raramente intervengono in prima persona per smentire giornali o ancora meno congetture nate sui social. Eppure in queste settimane lo hanno fatto altre volte dopo la prima dichiarazione contro la storia di Calleja. Questo ha fatto sì che nelle ultime settimane la storia di Middleton sia stata commentata non soltanto dal cosiddetto «royal internet» (gli utenti molto interessati alle notizie sulla famiglia reale), ma anche da persone che solitamente hanno uno scarso o nullo interesse per queste vicende.

Un altro caso recente in cui le vicende personali interne alla famiglia reale erano state in qualche modo “protette” dalla stampa britannica risale a novembre, poco dopo la pubblicazione della traduzione olandese di Endgame, un libro sui reali britannici che provocò un gran subbuglio perché diceva che il re Carlo III e Middleton avevano fatto dei commenti razzisti sul colore della pelle di Archie, il primo figlio del principe Harry e Meghan Markle, prima che nascesse. La questione fu ampiamente commentata sui social network, eppure i nomi di chi aveva fatto i commenti su Archie non furono mai citati dai giornali e dai tabloid britannici finché il famoso conduttore Piers Morgan non li identificò nel suo programma. Da quel momento anche diversi giornali britannici, compreso il Guardian, iniziarono a dire esplicitamente che si trattava di re Carlo e Middleton. Altre testate invece, come per esempio BBC, hanno continuato a parlare genericamente di due membri della famiglia reale, senza specificare di chi si trattasse nonostante fosse già stato detto ovunque.

Oltre alla difficoltà di comunicare con i portavoce della famiglia reale e al forte controllo che gli uffici stampa della corona tendono a esercitare in questi casi, c’è la questione dei vincoli giuridici e deontologici che i giornalisti devono rispettare nell’esercizio della loro professione.

Come ha spiegato la docente della scuola di giornalismo della University of Sheffield Gemma Horton su The Conversation, negli anni c’è stata una serie di casi in cui si è dibattuto su come bilanciare due esigenze – il diritto alla privacy e il diritto di cronaca – e tutte le sentenze hanno stabilito che anche alle celebrità – e quindi anche ai membri della famiglia britannica – deve essere garantito il diritto alla privacy.

Le eccezioni a questo principio riguardano i casi in cui la pubblicazione delle informazioni private di una persona sia giustificata da un «interesse pubblico». Si tratta di un principio molto simile a quello stabilito dalle leggi italiane, che garantiscono a giornali e giornalisti la possibilità di pubblicare qualsiasi informazione nell’esercizio del cosiddetto «diritto di cronaca», purché questa sia di interesse pubblico e presentata entro certi limiti di pertinenza della notizia e continenza formale (in relazione al modo in cui viene scritta).

Tuttavia non è sempre facile capire quando si configura un «interesse pubblico» in relazione a una determinata situazione. Per esempio, la nozione di interesse pubblico viene applicata in tutti i casi in cui un personaggio pubblico agisce in un modo che contraddice le sue stesse dichiarazioni. Nel 2004 il giornale scandalistico britannico Daily Mirror pubblicò una foto che mostrava la modella Naomi Campbell vicino a una sede di Narcotics Anonymous, un’associazione che organizza incontri in cui persone con problemi di tossicodipendenza raccontano le proprie esperienze. Campbell citò in giudizio il Daily Mirror per aver violato il suo diritto alla privacy, ma alla fine i giudici diedero ragione al giornale ritenendo esistesse un interesse pubblico a rivelare la sua partecipazione a quegli incontri, dato che in tutte le sue dichiarazioni pubbliche aveva negato di fare utilizzo di sostanze.

In relazione alla famiglia reale, uno dei casi di questo tipo più commentati degli ultimi anni riguarda la pubblicazione dei cosiddetti “promemoria del ragno nero”, ossia le 27 lettere scritte tra il 2004 e il 2005 da Re Carlo, ai tempi principe del Galles, a politici e ministri del governo del Regno Unito. Carlo voleva mantenere segreto il contenuto di queste lettere, sostenendo che fossero private e confidenziali, ma la Corte Suprema del Regno Unito accorse il ricorso presentato dal Guardian stabilendo che le lettere andassero pubblicate per via di un interesse pubblico, ossia dimostrare il suo tentativo di influenzare le scelte politiche dei ministri britannici.

I giornalisti britannici sono legati al rispetto della privacy delle persone su cui scrivono anche da una carta deontologica, l’Editors’ Code of Practice, che vieta tutte le «ingiustificate intrusioni» in questioni che hanno a che fare con la salute fisica e mentale, come è probabilmente il caso di Middleton.