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  • Giovedì 7 marzo 2024

L’insostenibile leggerezza del rovescio a una mano

Uno dei colpi più apprezzati ed eleganti del tennis sta diventando sempre meno adatto all'evoluzione moderna del gioco, essendo più fragile rispetto all'alternativa a due mani

di Riccardo Congiu

Roger Federer durante il torneo di Wimbledon del 2021 (Julian Finney/Getty Images)
Roger Federer durante il torneo di Wimbledon del 2021 (Julian Finney/Getty Images)
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Per la prima volta nella storia del tennis moderno, cioè dal 1968, non c’è nemmeno un tennista o una tennista che gioca il rovescio a una mano tra i primi 10 dei ranking mondiali maschile e femminile. È un avvenimento storico per molte ragioni, ma chi conosce bene il tennis sa che non è niente di particolarmente sorprendente: i tennisti di alto livello che giocano il rovescio a una mano sono sempre meno e con ogni probabilità continueranno a diminuire, perché per come si è evoluto il gioco negli ultimi decenni è diventato un colpo molto più attaccabile e difficile da controllare rispetto alla sua alternativa, il rovescio a due mani.

Allo stesso tempo il rovescio a una mano è ancora considerato uno dei colpi più rappresentativi e affascinanti del tennis, che più di altri viene associato all’eleganza di questo sport: un concetto un po’ ineffabile che si capisce meglio guardando l’esecuzione di un rovescio a una mano e confrontandola con quella di un rovescio a due mani. Seguendo una partita di tennis non è raro sentire in telecronaca commenti che parlano di «classe», «eleganza» o «elasticità dei movimenti» in riferimento a un giocatore che esegue un rovescio a una mano. Più concretamente, è il colpo in cui più di tutti serve mescolare estrema precisione tecnica dei movimenti e forza fisica, ma anche quello che permette una maggiore varietà e imprevedibilità dei colpi.

Anticamente nel tennis i rovesci si giocavano solo a una mano. Qualche australiano cominciò a mostrare rovesci a due mani negli anni Trenta del Novecento, ma i tennisti che giocavano in questo modo si diffusero davvero solo a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta, rimanendo comunque in minoranza. Chi giocava il rovescio a due mani del resto era visto come un giocatore impuro, rozzo e inadatto al tennis, che è uno sport in cui le innovazioni sono da sempre accettate con una certa fatica e viste con diffidenza. A scalfire questa narrazione furono a partire dagli anni Settanta tennisti come lo svedese Bjorn Borg e lo statunitense Jimmy Connors, che giocavano il rovescio a due mani e cominciarono a vincere moltissimo, e quindi anche a essere tifati da molte persone e imitati da altri tennisti: nel 1974 Connors fu il primo tennista di sempre con un rovescio a due mani a diventare numero 1 della classifica mondiale.

Da lì in poi il declino del rovescio a una mano è stato lento ma inesorabile. Nei decenni successivi le racchette si sono evolute, il piatto corde si è ingrandito e il materiale è passato dal legno al metallo e poi alla grafite. Tutto ciò ha reso i colpi sempre più veloci e potenti, e allo stesso tempo i tennisti sono diventati sempre più forti e atletici, in un modo che ha reso assai più difficile reggere il maggiore impatto dei colpi per chi usa un rovescio a una mano.

Oggi i tennisti che usano il rovescio a una mano sono talmente rari che solitamente chi segue il tennis sa bene chi sono quelli tra le prime 50 posizioni al mondo: Stefanos Tsitsipas, Grigor Dimitrov, Lorenzo Musetti, Christopher Eubanks e Daniel Evans tra gli uomini; la sola Tatjana Maria tra le donne. Allargando il campione il declino del rovescio a una mano si capisce ancora meglio: i tennisti uomini che lo usano sono 11 tra i primi 100, ma solo 48 tra i primi 1.000. Le donne col rovescio a una mano invece sono 3 tra le prime 100 e 18 tra le prime 1.000. È per questo che quando arriva ad alti livelli un giovane con il rovescio a una mano è sempre una notizia, cominciano a circolare video con commenti entusiasti, lo si intervista anche solo per chiedere: «Perché?».

L’ultimo tennista col rovescio a una mano rimasto nei primi dieci del ranking era fino a qualche settimana fa il greco Stefanos Tsitsipas, che al momento è 11esimo al mondo. La sua uscita dai primi 10 è più che altro simbolica, Tsitsipas resta uno dei tennisti più forti del circuito e potrebbe rientrarci presto. Ma come ha sintetizzato efficacemente il giornalista esperto di tennis Allen McDuffee sulla rivista Racquet, Tsitsipas ha un livello così alto nonostante il suo rovescio. Per farla breve, tutti i maggiori esperti sono concordi nel dire che nel tennis moderno si può ancora essere giocatori di alto livello con un rovescio a una mano, ma è praticamente impossibile esserlo grazie a un rovescio a una mano.

Allo stesso tempo però il rovescio a una mano in qualche modo resiste anche perché permette a chi lo usa di fare colpi spettacolari e in certi casi molto difficili da difendere, o di uscire da situazioni particolarmente intricate, con risultati esaltanti e che non sarebbero possibili con un rovescio a due mani. Un buon esempio è questo rovescio giocato a una mano in una partita di due anni fa da Matteo Berrettini, che abitualmente usa il rovescio a due mani:

Uno dei maggiori vantaggi del rovescio a una mano è l’imprevedibilità: per farla valere però bisogna sfruttare al meglio tutte le sue possibili variazioni e alternarle di frequente, cosa complicata e dispendiosa. Il più delle volte il rovescio a una mano si gioca in “top-spin”, cioè con un movimento della racchetta dal basso verso l’alto, che dà alla pallina una rotazione in avanti accentuandone i rimbalzi. Altre volte si può giocare “piatto”, cioè con un colpo più secco e meno rotazione del polso e del braccio, per imprimere più forza alla pallina, farla rimbalzare di meno e cercare direttamente di fare punto (è il tipo di rovescio a una mano usato spesso nei colpi vincenti dallo svizzero Stan Wawrinka).

L’altro modo più frequente di usarlo è il cosiddetto slice, cioè di taglio, muovendo la racchetta dall’alto verso il basso per ridurre la velocità della pallina e farla rimbalzare con un effetto all’indietro. È un colpo difensivo, che rallenta il ritmo dello scambio e costringe l’avversario a piegarsi e fare uno sforzo maggiore per far andare la pallina oltre la rete senza esporsi troppo a un contrattacco. Uno slice efficace si può fare praticamente solo a una mano, e infatti lo fanno così anche i tennisti che abitualmente usano il rovescio a due mani, chi meglio (Berrettini e Novak Djokovic, per esempio) e chi peggio. Un’altra variazione che viene meglio col rovescio a una mano sono le palle corte, o smorzate, che si eseguono in modo simile allo slice ma dando molto più effetto alla pallina. Il rovescio a una mano, inoltre, richiede un movimento più ampio del braccio e contestualmente una rotazione del polso tale da produrre colpi più angolati anche da fondo campo.

Nel punto singolo, insomma, il rovescio a una mano può ancora essere un’arma efficace, oltre che bella e divertente da vedere. Il problema è che alla lunga dà molti più svantaggi che vantaggi. Oggi infatti il tennis si gioca soprattutto da fondo campo e con colpi potenti, per via dell’evoluzione delle racchette e del maggiore atletismo dei giocatori. I colpi al volo vicino alla rete (le cosiddette volée) sono invece sempre meno importanti, eppure sono una parte del gioco in cui generalmente sono forti proprio i tennisti che usano il rovescio a una mano: il minore tempo a disposizione per colpire infatti impone di usare una sola mano anche con il rovescio, e per controllare una pallina prima che tocchi terra, cioè mentre va più veloce, serve una sensibilità di cui tendenzialmente dispongono di più i tennisti con il rovescio a una mano.

Imprimere forza alla pallina o colpire in modo potente con un rovescio a due mani è molto più facile, proprio per il fatto che si usa la spinta di due braccia, ed è quindi più facile anche rispondere ai colpi potenti del tennis moderno. Negli ultimi decenni la velocità del servizio, cioè il colpo con cui si inizia il punto, è aumentata enormemente: solo per fare un esempio, al torneo maschile degli Australian Open del 1999 la velocità media dei servizi fu di 170 chilometri orari, mentre all’ultimo torneo di Dubai a fine febbraio è stata di 196 chilometri orari (entrambi si giocano sul cemento).

Il servizio è diventato il colpo intorno a cui gira tutto sia per chi batte sia per chi risponde, e rispondere con un rovescio a una mano è un grosso punto debole: perché mediamente si gioca un colpo più difensivo, più debole e più corto, che spesso dà all’avversario il tempo di entrare nel campo avvicinandosi alla rete, che è sempre un vantaggio: infatti più si è dentro la propria metà campo e più si può angolare un colpo e rendere più difficile per l’avversario arrivare sulla palla.

– Leggi anche: Dizionario minimo per seguire le telecronache del tennis

Perché il rovescio a una mano non diventi un punto debole bisogna sempre eseguire il movimento alla perfezione, senza sbavature, mentre il rovescio a due mani può essere efficace e mantenere una certa potenza anche se viene più “sporco”. Il movimento da fare è assai più rapido e più semplice. In un tennis in cui gli scambi sono sempre più lunghi questo fa la differenza: se in un punto si è costretti a usare per diverse volte consecutive il rovescio a una mano è molto più facile sbagliare.

Il rovescio a due mani del russo Daniil Medvedev: uno dei migliori del circuito, nonostante la coordinazione macchinosa (AP Photo/Asanka Brendon Ratnayake)

Per tutte queste ragioni, oggi è quasi impossibile trovare un allenatore che incoraggi chi è alle prime armi a usare il rovescio a una mano. Ormai l’unico motivo per cui ci sono ancora tennisti che lo fanno, per loro stessa ammissione, è l’emulazione dei grandi campioni del passato, e per la generazione attuale in particolare dello svizzero Roger Federer. Federer non solo ha avuto uno dei migliori rovesci a una mano della storia, ma è stato a lungo il dominatore del circuito e il più amato anche grazie al suo rovescio. Già negli anni Novanta e Duemila i tennisti con il rovescio a una mano erano la minoranza, ma i più forti e vincenti di quei due decenni erano stati rispettivamente Pete Sampras e poi Federer, entrambi con il rovescio a una mano: c’era insomma la convinzione che quello fosse il colpo dei più forti, nonostante (o proprio perché) fosse più difficile da usare. Dagli anni Dieci in poi non è più vero nemmeno questo.

Christopher Eubanks, che ha 27 anni ed è 34esimo nel ranking mondiale, ha raccontato di essere passato al rovescio a una mano a 14 anni e che se potesse tornare indietro non lo rifarebbe: «Volevo farlo perché amavo Federer. Ora vado da mio padre e gli dico “perché me l’hai lasciato fare?”». Eubanks ha spiegato che una delle difficoltà maggiori per lui è rispondere col rovescio ai colpi in top-spin che hanno rimbalzi molto alti, perché costringono ad arretrare molto per colpirli alla giusta altezza e serve quindi più forza per mandare dall’altra parte un colpo che metta in difficoltà l’avversario. Quando da piccolo decidi di usare il rovescio a una mano, ha detto Eubanks, «non hai idea che ci saranno ragazzi che ti tirano palline sopra le spalle per tutta la carriera».

Un giocatore come Rafael Nadal, che è considerato il pioniere dei top-spin esasperati ed è mancino, è da sempre il peggior avversario possibile per chi è destro (quasi tutti nel circuito) e usa il rovescio a una mano, perché può giocare i colpi in diagonale (quelli più semplici per chiunque e quindi più frequenti) sul lato debole dell’avversario, mettendolo costantemente in difficoltà. È uno dei motivi per cui Nadal ha un record storico e spesso citato di 19 vittorie a zero contro il francese Richard Gasquet, uno dei migliori rovesci a una mano passati dal circuito negli ultimi decenni.

La maggiore adattabilità del rovescio a due mani al tennis moderno non significa che i tennisti col rovescio a una mano spariranno del tutto, ma che certamente continueranno a essere molto rari, e che per arrivare ai massimi livelli dovranno lavorare sulla potenza del colpo e su altri accorgimenti fisici (un po’ come aveva fatto l’austriaco Dominic Thiem all’apice della sua carriera). Il rovescio a una mano è comunque ancora molto adatto alla terra rossa, dove la pallina va più lenta e c’è più tempo per coordinarsi, e se si usano bene le variazioni è molto efficace sull’erba, dove la pallina rimbalza più bassa e schizza in modo irregolare (lo slice per esempio è uno dei colpi più efficaci sull’erba). Oggi però il 70 per cento dei punti del circuito si assegna in tornei che si giocano sul cemento.