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  • Martedì 20 febbraio 2024

In Papua Nuova Guinea i gruppi tribali sono un problema serio

Il governo sta valutando se imporre lo stato d'emergenza nella provincia di Enga, dove la scorsa domenica erano state uccise decine di persone in scontri tra tribù rivali

Il capo della tribù Huli in Papua Nuova Guinea, Mundiya Kepanga (AP Photo/ Thibault Camus)
Il capo della tribù Huli in Papua Nuova Guinea, Mundiya Kepanga (AP Photo/ Thibault Camus)
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Martedì il primo ministro della Papua Nuova Guinea, James Marape, ha annunciato che in settimana convocherà una riunione del governo per decidere se dichiarare lo stato di emergenza nella provincia di Enga, dove domenica scorsa almeno 54 persone erano state uccise nel corso di un violento scontro tra gruppi tribali. Marape ha definito quanto accaduto domenica un «atto di terrorismo», e ha fatto sapere che la Papua Nuova Guinea chiederà all’Australia di inviare alcuni agenti per aiutare la polizia locale a garantire un più alto livello di sicurezza nella provincia di Enga. La Papua Nuova Guinea è uno Stato dell’Oceania a nord-est dell’Australia, che comprende una parte dell’isola della Nuova Guinea (l’altra parte è territorio indonesiano) e diverse isole intorno. Enga si trova nella zona centro orientale della Nuova Guinea.

Il governo sta ricevendo molte pressioni per approvare lo stato di emergenza soprattutto dagli agenti di polizia di Enga, che hanno definito l’attacco di domenica uno dei più gravi massacri della storia recente del paese. Secondo le informazioni che Post Courier, uno dei giornali più letti e autorevoli della Papua Nuova Guinea, ha ottenuto da alcuni agenti della polizia locale, negli scontri si sarebbero contrapposte due fazioni: la prima composta dalle tribù dei Saa Walep e degli Ambulyn, l’altra dai Kaekin, dai Palinau e dai Sikin.

Nelle zone più isolate della Papua Nuova Guinea, dove manca la maggior parte dei servizi, a partire dalle strade, molte comunità vivono ancora in tribù seguendo stili di vita abbastanza primitivi, e si verificano con regolarità episodi di violenza legati a furti e dispute territoriali. La causa che ha scatenato l’ultimo scontro, però, non è ancora ben chiara.

Elizabeth Kopel, ricercatrice dell’Istituto nazionale di ricerca della Papua Nuova Guinea, ha detto al New York Times che nella maggior parte dei casi gli scontri tra le tribù sono dovuti alla scarsità delle risorse idriche e alimentari presenti nella zona di Enga, e anche a conflitti relativi alla proprietà di alcuni terreni. Secondo Survival, una organizzazione non governativa che si occupa di tutela dei popoli indigeni, le tribù in Papua Nuova Guinea sono più di 300, e parlano oltre 800 lingue diverse.

Da lunedì hanno cominciato a circolare alcune foto che mostrano i cadaveri rinvenuti dalla polizia e dai civili, che sono stati provvisoriamente ammassati all’interno di un camion. La polizia non ha ancora diffuso un numero definitivo di persone uccise, dato che le operazioni di ricerca dei cadaveri sono ancora in corso. Serhan Aktoprak, funzionario locale dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, ha detto che tutte le persone uccise erano uomini, e che le fazioni erano composte soprattutto da mercenari assunti dai capi delle tribù.

Il capo della polizia papuana David Manning ha ordinato agli agenti di «utilizzare qualsiasi mezzo necessario per prevenire ulteriori violenze e ritorsioni» nella zona. Miki Kaeok, deputato del parlamento di Enga, ha detto che probabilmente gli scontri sono finanziati dai «leader» e dalle «élite istruite» delle tribù coinvolte negli scontri.

La Papua Nuova Guinea fu una colonia amministrata in parte dall’Impero tedesco e in parte dall’Impero britannico. È diventata indipendente dal 1975, quando smise di essere controllata dall’Australia, e fa parte del Commonwealth, l’insieme di paesi che erano parte dell’Impero britannico e che dopo l’indipendenza hanno mantenuto legami più o meno formali con la corona inglese. Con quasi 10 milioni di abitanti, è uno dei paesi più popolosi tra quelli del Sud del Pacifico ed è anche uno di quelli con la popolazione più variegata: i suoi abitanti appartengono a varie etnie, principalmente melanesiana e papuana, sono quasi tutti cristiani e la lingua ufficiale per il commercio è l’inglese.

La rapida crescita della popolazione riscontrata soprattutto tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta ha però portato numerosi problemi, che spesso esistono ancora oggi: di frequente non è garantito l’accesso ai servizi di base, come quelli sanitari o scolastici, e la disoccupazione e la sottoccupazione hanno aumentato la povertà, incrementando anche le tensioni tra vari gruppi etnici e la criminalità, specie nelle aree urbane.

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Come hanno osservato varie organizzazioni che si occupano di diritti umani, una delle preoccupazioni più grosse rispetto al paese è quella delle violenze di genere. Secondo un’indagine di un gruppo parlamentare, in media in Papua Nuova Guinea una donna viene picchiata ogni trenta secondi, nella gran parte dei casi dal marito o dal compagno. In totale, si stima che ogni anno più di 1,5 milioni di donne subiscano violenze di genere (sei volte il dato italiano, in proporzione). Negli ultimi cinque anni non c’è stata neanche una donna al governo: dal 1975 sono state solo 7 le donne che hanno avuto un ruolo come ministre.

Anche le elezioni risentono dei grossi problemi strutturali del paese e sono generalmente caratterizzate da brogli, corruzione, violenze e intimidazioni, ma soprattutto da una grande carenza organizzativa. La Papua Nuova Guinea è da tempo oggetto delle politiche di espansionismo della Cina, legate soprattutto agli sviluppi della “Belt and Road Initiative”, l’ampio progetto che prevede grandi investimenti su infrastrutture in tutto il mondo, conosciuto anche con il nome di “Nuova Via della Seta”, come sta succedendo anche ad altri paesi dell’area.

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