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  • Lunedì 12 febbraio 2024

L’annosa questione dell’eredità degli Agnelli, spiegata

La famiglia si è spaccata e con il passare degli anni si aggiungono i procedimenti giudiziari: da un lato c'è Margherita Agnelli, dall'altro i primi tre figli avuti con Alain Elkann

Margherita Agnelli e il marito Serge de Pahlen (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)
Margherita Agnelli e il marito Serge de Pahlen (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)
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Con il passare degli anni la questione dell’eredità della famiglia Agnelli si fa sempre più intricata, soprattutto perché ci sono cinque procedimenti giudiziari diversi che la riguardano, sia civili che penali. L’ultima inchiesta, resa pubblica solo di recente nonostante le indagini vadano avanti da mesi, si concentra su un aspetto laterale di tutta la questione dell’eredità, ma collegata. In particolare riguarda alcuni versamenti fatti da Margherita Agnelli – figlia di Gianni – alla madre Marella Caracciolo di Castagneto tra il 2018 e il 2019, sui quali non sarebbero state pagate correttamente le tasse in Italia. Gli indagati sono Gianluca Ferrero, attuale presidente della Juventus e commercialista della famiglia Agnelli; l’avvocato svizzero Urs Robert Von Grueningen, incaricato di amministrare l’eredità di Caracciolo (morta nel 2019); e John Elkann, figlio di Margherita Agnelli e del suo primo marito, lo scrittore Alain Elkann.

Questa inchiesta è partita da un esposto di Margherita Agnelli stessa, ma per capire perché l’abbia presentato e in che modo sia collegato alla più grande questione dell’eredità, bisogna cominciare dall’inizio e riassumere per cosa stanno litigando gli Agnelli ormai da anni.

Gli Agnelli sono stati (e per molti versi lo sono ancora) una delle famiglie di industriali più importanti e influenti d’Italia. Gianni Agnelli, padre di Margherita e marito di Marella Caracciolo, fu presidente del gruppo Fiat dal 1966 al 1996, e poi presidente onorario fino alla sua morte nel 2003. Agnelli riteneva che in famiglia dovesse comandare una persona per volta, ma considerava il primogenito Edoardo, morto suicida a 46 anni, inadatto al ruolo di leader del gruppo, né lui sembrava interessato a gestire le aziende di famiglia. La scelta di Gianni Agnelli era così andata su Giovanni, detto Giovannino, figlio del fratello Umberto. Giovannino Agnelli morì però per un tumore all’intestino nel 1997.

Per un breve periodo, Margherita Agnelli ebbe la speranza che il successore designato potesse essere il suo secondo marito, Serge de Pahlen, da cui ebbe cinque figli e che però pare non fosse molto stimato dall’allora presidente del gruppo Fiat. Venne scelto allora il primogenito di Margherita, John Elkann. L’intera famiglia approvò la decisione. Nel 1997 John Elkann possedeva già il 24,87 per cento di quote della società Dicembre, fondata nel 1984 da Gianni Agnelli e dai suoi consulenti, l’avvocato Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti (storico dirigente delle società finanziarie del gruppo e molto legato a Gianni).

Dicembre costituisce la parte più importante del patrimonio di famiglia, a cui spesso ci si riferisce come la “cassaforte” del gruppo: è una società semplice attraverso la quale vengono gestite in modo organizzato e unitario tutte le società del gruppo. Tramite un ramificato sistema azionario Dicembre controlla la holding Exor, che a sua volta controlla il gruppo editoriale Gedi (che pubblica La Stampa e Repubblica, tra i molti altri), la squadra di calcio della Juventus e Stellantis, la società nata dalla fusione di Fiat, Chrysler e Peugeot. Si ritiene insomma che Dicembre contenga il cosiddetto «tesoro di famiglia» degli Agnelli.

Nel 2004, dopo la morte del padre, Margherita Agnelli firmò un accordo con cui rinunciava alle quote azionarie del padre e alla futura eredità della madre in cambio di 1,2 miliardi di euro. In questo modo Margherita Agnelli rinunciò anche a qualsiasi diritto sulla Dicembre. Al tempo Margherita Agnelli disse di aver firmato l’accordo «per guadagnare la pace visto che mia madre non mi parlava più e nemmeno i miei figli mi parlavano più. Ho preferito una tregua».

Pochi mesi dopo la firma dell’accordo, John Elkann licenziò senza troppe spiegazioni Serge de Pahlen, marito di Margherita Agnelli, che aveva trascorso nel gruppo Fiat 26 anni come dirigente. Nel 2007 Margherita Agnelli avviò un’iniziativa legale per ottenere da Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti il rendiconto dei beni del padre. Sospettava infatti che ai tempi dell’accordo, nel 2004, non le fosse stata rivelata l’intera consistenza del patrimonio e che all’estero esistesse un cosiddetto “tesoretto” nascosto da Grande Stevens e Gabetti. Disse Margherita Agnelli: «Non sono più i custodi del patrimonio di mio padre, sono convinti di essere diventati mio padre». Lapo Elkann replicò, parlando con il Corriere della Sera: «Purtroppo non è possibile parlare con mia madre. Ho capito con tristezza che è autodistruttiva e autolesionista… ha diviso la famiglia in due».

Nel 2015 l’azione legale fu giudicata infondata dalla Corte di Cassazione, ma nel 2020 Margherita Agnelli avviò una nuova azione legale sostenendo che l’accordo del 2004 fosse nullo. Rivendicò quindi di avere diritto alla parte di eredità che le spettava come unica figlia, pari al 50 per cento dei beni. La questione non si è ancora risolta.

Secondo gli avvocati di Margherita, l’accordo del 2004 sarebbe nullo perché il diritto italiano non prevede la possibilità di rinunciare a una futura successione, mentre si può fare la rinuncia totale all’eredità una volta che il parente da cui si deve ereditare muore. Nel 2004 la madre di Margherita, Marella Caracciolo, era ancora in vita e quindi la figlia non poteva rinunciare a un’eredità che ancora non le spettava. L’accordo è stato però sottoscritto in base al diritto svizzero, che invece prevede questa possibilità. Caracciolo morì in Italia nel 2019, ma da tempo era residente in Svizzera, e anche i testamenti furono fatti in Svizzera: per questo i figli avuti da Margherita con Alain Elkann accusano la madre di voler rimettere in discussione accordi validi, seppure presi vent’anni fa.

Fino a pochi mesi fa erano in corso quattro procedimenti giudiziari intorno a questa vicenda. Di recente a questi si è aggiunta la nuova inchiesta aperta dalla procura di Torino, che gira sempre intorno al nodo della residenza di Caracciolo.

L’accordo del 2004 prevedeva che Margherita versasse alla madre una sorta di “rendita vitalizia”. L’importo mensile non è chiaro, ma secondo diversi quotidiani l’importo complessivo ceduto dal 2004 fino alla morte di Caracciolo nel 2019 sarebbe di 8 milioni di euro. Questi versamenti però non compaiono nelle dichiarazioni dei redditi di Caracciolo per gli anni 2018 e 2019: secondo l’accusa, le dichiarazioni fiscali di quel periodo suggeriscono che Caracciolo abbia evaso il fisco italiano non pagando le tasse.

Secondo la difesa, Caracciolo non era tenuta a pagare le tasse in Italia perché risultava formalmente residente in Svizzera. Secondo gli avvocati di Margherita Agnelli, però, almeno nel 2018 Caracciolo avrebbe passato molto più tempo in Italia che in Svizzera, e la residenza estera era quindi da considerarsi fittizia. Secondo le leggi italiane per essere considerati fiscalmente residenti in un paese estero è necessario passare in quel paese un periodo pari almeno alla metà dell’anno fiscale più un giorno, ossia almeno 183 giorni. Caracciolo secondo l’accusa non l’avrebbe fatto.

I tre indagati – John Elkann, il commercialista Ferrero e l’avvocato Von Grueningen – sono accusati di “dichiarazione infedele” in concorso: significa che avrebbero contribuito a commettere il reato insieme. La dichiarazione infedele è un reato tributario punito con la reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi. Von Grueningen e Ferrero sono indagati in quanto notaio e commercialista, mentre Elkann, secondo l’ipotesi della procura, avrebbe «contribuito ad agevolare la condotta mendace del commercialista».

Ed è qui che arriva la risposta alla domanda: perché Margherita si interessa delle tasse pagate dalla madre ormai morta da anni? Il motivo è strettamente collegato alla ben più grossa questione dell’eredità di cui sopra. Se un tribunale confermasse che Caracciolo era effettivamente residente in Italia, e non in Svizzera, la decisione potrebbe avere importanti ripercussioni sugli altri processi, fino potenzialmente a invalidare l’accordo del 2004, come richiesto dagli avvocati di Agnelli. Di conseguenza sarebbe necessario rivedere l’assetto azionario di Dicembre e di tutte le società controllate dal gruppo, che al momento sono in mano ai figli avuti da Agnelli con Alain Elkann: John, con il 60 per cento delle azioni di Dicembre, e Lapo e Ginevra con il 20 per cento ciascuno. Nel 2015 infatti Marella Caracciolo aveva trasferito a loro le sue quote di Dicembre ereditate da Gianni Agnelli, e alla sua morte la sua eredità passò direttamente ai tre nipoti Elkann.

Margherita però ha avuto altri cinque figli con Serge de Pahlen, che sono stati esclusi dall’eredità. La questione ha di fatto spaccato la famiglia, mettendo da un lato gli Elkann e dall’altro Margherita e i figli del secondo matrimonio. Margherita Agnelli continua a non avere rapporti con i tre figli avuti dal primo matrimonio.

Escludendo quella più recente, sui versamenti fatti da Margherita alla madre, fino a poco fa erano in corso quattro cause sulla questione dell’eredità: tre in Svizzera e una in Italia. Lo scorso giugno il tribunale di Torino aveva disposto la sospensione della causa in Italia, in attesa della risoluzione di quelle in Svizzera, ma l’ordinanza è stata respinta a inizio gennaio dalla Corte di Cassazione, l’organo più alto in grado della giustizia italiana. La causa in Italia sta quindi continuando, insieme a quelle in Svizzera.

– Leggi anche: Ci sono novità sulla disputa legale per l’eredità di Gianni Agnelli

Alla questione dell’eredità e dell’accordo del 2004 si affianca anche un’altra vicenda, relativa a una collezione di opere d’arte molto preziosa conservata in tre proprietà di Gianni Agnelli: Villar Perosa e Villa Frescot, a Torino, e una residenza di famiglia a Roma. La collezione comprende quadri di artisti noti tra cui Claude Monet, Pablo Picasso, Giacomo Balla, Giorgio de Chirico e John Singer Sargent. Nel 2003, alla morte di Gianni Agnelli, le tre proprietà (e di conseguenza le opere d’arte contenute al loro interno) furono ereditate dalla moglie Marella. L’anno successivo Margherita Agnelli firmò l’accordo di successione, e tra i beni che ottenne in cambio della rinuncia all’eredità e alle quote di Dicembre c’erano anche questi tre immobili.

Nel 2019, dopo la morte di Caracciolo, Margherita Agnelli entrò in possesso dei tre immobili, che nel frattempo erano stati concessi in comodato d’uso al figlio John Elkann. Dopo avere fatto alcune ispezioni il legale di Margherita Agnelli, Dario Trevisan, denunciò al tribunale di Torino che dagli esami della documentazione «risultavano ammanchi di beni di ingentissimo valore di proprietà del padre», tra cui anche le opere d’arte.

Gli Elkann sostengono che l’accordo sottoscritto da Margherita Agnelli e Marella Caracciolo non comprendesse l’inventario dei quadri, che quindi non sono mai stati di proprietà di Margherita e dopo la morte di Caracciolo furono ereditati direttamente dai nipoti. Secondo alcune ricostruzioni sembra che la pagina dell’accordo con l’inventario fosse stata strappata dal fascicolo poco prima della firma, senza il consenso di Margherita. Tuttora non si sa dove si trovano i quadri: lo scorso agosto Agnelli accusò due titolari di una galleria d’arte a Chiasso, in Svizzera, di averli occultati in un caveau, ma le perquisizioni ebbero esito negativo. A inizio gennaio il tribunale di Milano ha archiviato il caso, ma ha stabilito anche la necessità di interrogare Paola Montalto e Tiziana Russi, due delle più vicine collaboratrici di Caracciolo che si occuparono della stesura dell’inventario dei beni ereditati.