Una canzone di Slaid Cleeves

Di sogni infranti

(Gary Miller/Getty Images)
(Gary Miller/Getty Images)

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Se vi ricordate la questione della cover country e bianca di Fast car di Tracy Chapman, c’è stato uno sviluppo durante la premiazione dei Grammy ieri sera (il festival di Sanremo degli americani, sì: non è che devo sempre ripeterlo).
Negli ultimi mesi, per via di un progetto che vi dirò, ho studiato e letto molte cose intorno alla annosa contraddizione tra valore delle opere e comportamenti degli artisti: sui giudizi che dobbiamo avere sui film di Polanski, per capirsi, o su altre questioni del genere. E mi sono reso conto di come la musica offra in realtà più esempi di qualunque altro ambito ma anche più indulgenze, se confrontata con le canvel culture di questi anni. Con la musica è pieno di comportamenti discutibili o del tutto disdicevoli, da sempre, che abbiamo tollerato e perdonato. Primi tra tutti quelli nei confronti delle donne, ma di recente c’è stato anche Eric Clapton, o Roger Waters. E oggi riascoltavo ancora quel disco stupendo che è Moondance di Van Morrison, isolandomi con gran facilità dai deliri di Van Morrison degli anni passati. Non che auspichi per i musicisti altrettante intransigenti o fanatiche severità – anzi credo possano convivere scissi due giudizi diversi su persone e opere – ma mi pare illuminante di quanto facciamo un po’ come ci pare, e di quanto poco di razionale e molto di personale ci sia in questo genere di valutazioni.
“Pop’s most culturally voracious band” è tutto quello che citerò da questo lungo articolo del Guardian sui Pet Shop Boys.

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