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  • Lunedì 5 febbraio 2024

«Non sono il cinese all’angolo»

È uno slogan di una campagna antirazzista a Barcellona: alcuni negozianti chiedono di non essere più identificati con la loro nazionalità

Foto del profilo Instagram @tengonombre_
Foto del profilo Instagram @tengonombre_
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Da qualche settimana alcuni negozianti del quartiere Poblenou di Barcellona, in Spagna, hanno esposto all’ingresso delle loro attività dei cartelli con scritto “No soy el chine de la esquina” (“Non sono il cinese all’angolo”) e “No soy el paki” (“Non sono il pakistano”).

Si tratta di una campagna di inclusione sociale chiamata “Tengo nombre” (“Ho un nome”) creata da due studenti della scuola di comunicazione pubblicitaria Brother Barcelona, Álex Porras e Laia Sánchez, per combattere quello che considerano un problema di «microrazzismo»: in Spagna infatti è piuttosto comune riferirsi a negozi e ristoranti citando esclusivamente la nazionalità dei proprietari.

È una consuetudine radicata anche in altri paesi europei: in Francia per esempio la parola francese “arabe” è spesso usata per i negozi gestiti da persone di origini magrebine, mentre in Italia si usano espressioni come il “cinese” o il “bangla” per indicare ristoranti e attività commerciali gestiti da persone rispettivamente cinesi e bangladesi o, più in generale, asiatiche.

Porras e Sánchez considerano la normalizzazione di queste espressioni una forma di razzismo inconsapevole. Anche loro le utilizzavano: «pensavo non fosse un grosso problema, ma lo è. Bisogna mettersi nei panni degli altri», ha detto Sánchez in un’intervista al giornale spagnolo El Diario. «Ci siamo resi conto che espressioni come “fare la spesa da un pakistano” o “mangiare al cinese” sono razziste. Non ci avevamo mai pensato, ma inseriscono una persona in un gruppo e la stigmatizzano».

La campagna “Tengo nombre” ha acquisito una certa visibilità dal 2 dicembre scorso, quando Sánchez e Porras hanno aperto l’omonima pagina Instagram. Nelle settimane precedenti avevano convinto alcuni negozianti di Poblenou a esporre i cartelli all’ingresso delle loro attività commerciali.

In pochi giorni la pagina ha superato gli 8mila follower e l’iniziativa si è diffusa anche fuori da Barcellona. Per esempio, in un’intervista al Guardian, il presidente della federazione dei lavoratori cinesi in Spagna, Johni Zhang, ha detto che la reazione degli iscritti è stata «positiva al cento per cento», e che nelle ultime settimane cartelli di questo tipo stanno comparendo anche in alcuni negozi di Madrid e della Galizia.

La pagina Instagram contiene anche il collegamento a un sito dov’è possibile scaricare i manifesti della campagna: inizialmente erano scritti soltanto in spagnolo ma nelle ultime settimane, per assecondare le richieste di alcuni commercianti, ne sono state create delle versioni in catalano, l’altra lingua ufficiale della regione di Barcellona.