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  • Domenica 21 gennaio 2024

Per Netanyahu «la pressione militare» è necessaria

Il primo ministro israeliano ha detto di non voler cedere alle richieste di Hamas per la liberazione degli ostaggi e ha ribadito di essere contrario alla creazione di uno stato palestinese

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu durante un incontro del governo a Tel Aviv, lo scorso 31 dicembre
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu durante un incontro del governo a Tel Aviv, lo scorso 31 dicembre (Abir Sultan/ Pool Photo via AP)
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Domenica il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito di essere contrario alla possibilità di creare uno stato palestinese alla fine della guerra nella Striscia di Gaza, cominciata dopo i violenti attacchi compiuti da Hamas lo scorso 7 ottobre. Netanyahu ha aggiunto di non voler cedere alle condizioni proposte dal gruppo radicale palestinese in cambio della liberazione degli ostaggi israeliani rapiti durante gli attacchi: «Liberare gli ostaggi è uno degli obiettivi della guerra», ma «la pressione militare è una condizione necessaria» per riuscire a farlo, ha detto.

Al momento gli ostaggi israeliani ancora detenuti da Hamas a Gaza sono circa 130. In questi mesi Netanyahu aveva detto più volte che Israele non avrebbe accettato di fare nuovi accordi con Hamas per la loro liberazione, e domenica lo ha confermato. «In cambio del rilascio dei nostri ostaggi Hamas pretende la fine della guerra, il ritiro delle nostre forze da Gaza, la liberazione di tutti gli assassini e stupratori e di lasciare stare Hamas. Se accettiamo tutto questo, i nostri soldati saranno morti invano», ha detto.

Il primo ministro israeliano ha nuovamente escluso l’eventualità che alla fine della guerra venga creato uno stato palestinese autonomo nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, disconoscendo la sovranità palestinese nei territori e dicendo che non cederà a compromessi. Secondo Netanyahu Gaza dovrebbe essere demilitarizzata, posta sotto il pieno controllo di Israele e liberata da qualsiasi «entità che finanzia il terrorismo, insegna il terrorismo o si esprime con il terrore».

– Leggi anche: Le nuove inchieste sugli stupri compiuti da Hamas il 7 ottobre

Le rigide posizioni del primo ministro sulla guerra e su quello che succederà dopo hanno cominciato a sollevare critiche anche all’interno dello stesso governo israeliano. Ciononostante, il ministro della Difesa Yoav Gallant ha annunciato che l’esercito israeliano proseguirà con gli attacchi nella zona di Khan Yunis, nel sud della Striscia, e continuerà a espandere le proprie operazioni «finché raggiungeremo i nostri obiettivi, primi su tutti la sconfitta di Hamas e il ritorno delle persone rapite a casa loro».

Secondo le autorità sanitarie di Gaza, controllate da Hamas, nei bombardamenti di Israele sul territorio sono stati uccisi più di 25mila civili, in gran parte donne e bambini.

Netanyahu si è espresso sulla situazione un giorno dopo aver parlato al telefono con il presidente statunitense Joe Biden, che pur avendo assicurato il proprio appoggio a Israele auspicherebbe la creazione di uno stato palestinese come soluzione al conflitto. Al momento Biden non ha commentato le dichiarazioni di Netanyahu, che il segretario della Difesa del Regno Unito Grant Shapps ha definito «una delusione». Il segretario generale dell’ONU António Guterres invece ha scritto su X che «il rifiuto di accettare la soluzione dei due Stati e la negazione del diritto dei palestinesi di avere uno Stato sono inaccettabili». «Il diritto delle persone palestinesi di costruire il proprio Stato deve essere riconosciuto da tutti», ha aggiunto.