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  • Giovedì 18 gennaio 2024

La storia dietro al tunnel illegale sotto la sinagoga a New York

C'entrano degli studenti estremisti di un movimento ortodosso, che credevano di compiere la volontà del loro Messia

Gruppo di rabbini chassidici ultraortodossi vestiti di nero prima di posare per una foto di gruppo durante l'annuale Conferenza internazionale degli emissari Chabad-Lubavitch
Rabbini chassidici prima di posare per una foto di gruppo durante l'annuale Conferenza internazionale degli emissari Chabad-Lubavitch davanti alla sinagoga e sede del movimento a Brooklyn, New York (Amir Levy/Getty Images)

All’inizio di gennaio sotto una sinagoga di Brooklyn, uno dei distretti di New York, è stata scoperta la presenza di un misterioso tunnel non autorizzato lungo circa 18 metri, largo 2,5 e alto 1,5. L’arrivo di alcuni muratori inviati a chiuderne l’entrata ha scatenato una protesta di alcuni frequentatori della sinagoga, sede del movimento ebraico ultraortodosso Chabad-Lubavitch, che hanno cercato di impedire l’inizio dei lavori e si sono scontrati con la polizia: la giornata si è conclusa con l’arresto di nove persone fra i 19 e i 22 anni e con la chiusura della sinagoga per questioni di sicurezza.

Grazie ad alcuni video degli scontri circolati molto sui social la notizia è stata ripresa dai quotidiani di tutto il mondo senza che all’inizio fosse chiaro chi avesse scavato il tunnel e con quale obiettivo. Una delle prime ipotesi era che il tunnel fosse stato costruito da un gruppo di «giovani estremisti» convinti che l’espansione della sinagoga fosse un obiettivo richiesto da un leader del movimento, Menachem Mendel Schneerson, morto nel 1994. Questa ipotesi si è rivelata corretta, ma la costruzione del tunnel è anche la dimostrazione concreta di uno scontro interno al movimento che dura da circa trent’anni. La storia è stata ricostruita questa settimana dal giornalista Chananya Groner sul Guardian.

La sinagoga in questione si trova al numero 770 di Eastern Parkway, nel quartiere Crown Heights: spesso indicata solo come “770”, è uno dei luoghi religiosi più importanti per la comunità ebraica locale, anche in quanto sede centrale del movimento Chabad-Lubavitch, assai diffuso nel mondo. Data la sua importanza, ne esistono diverse riproduzioni in tutto il mondo chiamate “case 770”, fra cui una a Milano, in via Carlo Poerio 35. Il tunnel costruito sotto la sede di New York la collega ad almeno una proprietà adiacente, e aveva un’entrata anche per strada, sotto una grata.

– Leggi anche: Il misterioso tunnel scoperto sotto una sinagoga di New York

A scavare il tunnel sono infatti stati gli Tzfatim, un gruppo di studenti con una sua precisa identità all’interno del movimento, famosi per essere molto ferventi nelle loro credenze e per essere stati al centro di numerosi episodi di violenza all’interno della comunità. “Tzfatim” significa letteralmente “quelli di Tzfat”, la città di Safed, in Israele, dove molti membri del gruppo hanno frequentato una yeshivah, cioè una scuola di studi biblici, prima di andare a trascorrere un periodo di studio a New York, nella yeshivah della 770. Gli Tzfatim sono la parte più estremista della corrente meshichista, o messianica, un’ala già di per sé radicale del movimento Chabad-Lubavitch.

I Meshichisti sono convinti che l’ultimo leader del movimento, cioè Schneerson, sia il Messia, cioè la manifestazione in forma umana di Dio, e che, nonostante la sua morte nel 1994 sia in realtà ancora vivo e destinato a riapparire. Secondo le ricostruzioni gli Tzfatim stavano quindi scavando il tunnel perché convinti che l’allargamento della sinagoga 770 fosse uno degli obiettivi di Schneerson.

A differenza di buona parte delle altre dottrine ebraiche, i Meshichisti spingono molto sulla conversione di altri ebrei alla loro corrente e sono gli unici a credere che il Messia sia già arrivato. Le altre comunità ebraiche ortodosse credono che un messia arriverà e in particolare gli ebrei chassidici (non Meshichisti) sostengono che arriverà molto presto. Gli ebrei non ortodossi, che sono la stragrande maggioranza, in base alla corrente a cui appartengono credono all’arrivo di un’Era messianica, più che di una singola persona, o non credono a nessuna delle due cose.

La corrente messianica era nata molti anni prima dell’arrivo degli Tzfatim a Brooklyn. Il rabbino Menachem Mendel Schneerson, considerato uno dei leader ebraici più influenti del 20esimo secolo, assunse la guida della comunità Chabad-Lubavitch nel 1951. Schneerson sosteneva che l’arrivo del Moshiach, il termine ebraico che indica il Messia, fosse molto più vicino di quanto sostenevano i suoi predecessori, e nel suo primo discorso pubblico da leader disse che la sua era la generazione che avrebbe vissuto durante la sua apparizione.

Negli anni alcuni suoi seguaci iniziarono a pensare che in realtà il Messia fosse proprio lui, e che nei suoi discorsi si stesse implicitamente dichiarando come tale. Il dibattito che ne scaturì portò alla nascita del messianismo Chabad come dottrina consolidata all’interno del movimento. Schneerson non ha mai confermato esplicitamente di essere lui il Messia. Anzi nel 1991, un anno prima che un ictus gli togliesse la capacità di parlare e tre anni prima della sua morte, disse in un discorso «ho fatto tutto il possibile per portare Moshiach, ma siamo ancora in esilio. Ora lo consegno a voi. Dovete fare tutto il possibile».

Nei suoi ultimi anni, coloro che lo consideravano il Messia iniziarono a intonare un canto noto come yechi ogni volta che lui appariva in pubblico: «Viva il nostro maestro, il nostro insegnante, il nostro rabbino, il re Messia, nei secoli dei secoli!» Il canto divenne il simbolo del fervore messianico e della convinzione che Schneerson non potesse morire. Lui, che non poteva più parlare, annuiva e incoraggiava il canto.

Quando morì nel 1994 il movimento Chabad-Lubavitch si divise fra i Meshichisti, che credevano ancora che lui fosse il Messia, e gli anti-Meshichisti. In tutto il mondo la comunità si divise: alcuni rabbini considerarono lo yechi inappropriato e lo vietarono, mentre altri interpretarono la morte di Schneerson come un “colpo di scena” prima della sua riapparizione come Messia.

Ebrei chassidici pregano davanti alla tomba, piena di biglietti di carta con messaggi e preghiere, del Rebbe Menachem Mendel Schneerson, leader del movimento Chabad-Lubavitch, nel Vecchio Cimitero Montefiore nel Quees, a New York, nel 2018

Ebrei chassidici pregano davanti alla tomba, piena di biglietti con messaggi e preghiere, di Menachem Mendel Schneerson, leader del movimento Chabad-Lubavitch, nel Vecchio Cimitero Montefiore nel Queens, a New York, nel 2018. La tomba non è riconosciuta dagli Tzfatim, che credono che Schneerson sia ancora vivo (Stephanie Keith/Getty Images)

Due scuole di studi biblici Chabad, la yeshivah di Safed, in Israele, e quella di Detroit, nel Michigan, divennero i simboli rispettivamente dei Meshichisti e degli anti-Meshichisti. Alcuni studenti di Safed decisero di non visitare la tomba di Schneerson, che secondo loro non era davvero morto. La divisione fra le due correnti diventò palese all’inizio degli anni Duemila proprio durante le preghiere e le riunioni all’interno della 770, la sede del movimento Chabad-Lubavitch.

L’edificio legalmente appartiene ai due rabbini anti-Meshichisti a capo delle due organizzazioni, la Agudas Chassidei Chabad e la Merkos L’Inyonei Chinuch, che gestiscono tutte le attività amministrative ed educative del movimento. In quegli anni però gli Tzfatim iniziarono a distinguersi per il loro estremismo e i loro tentativi di intimidire i frequentatori più moderati: durante le preghiere e le riunioni, cominciarono a collocare la sedia vuota di Schneerson nella sinagoga a simboleggiare la sua continua presenza. Presto si crearono degli elaborati rituali intorno all’invisibile presenza di Schneerson. Uno dei rituali più emblematici era lo shvil, che consiste nel dividere la folla per far passare Schneerson. Altre pratiche comprendevano l’allestimento di un leggio e di un microfono come se Schneerson stesse per parlare e l’ascolto di una registrazione di uno dei suoi discorsi passati.

Nel giro di pochi anni i Meshichisti, guidati dagli Tzfatim, cominciarono a cantare lo yechi durante le riunioni generali, e i tentativi degli anti-Meshichisti di metterli a tacere portarono a frequenti risse ed episodi di violenza fermati anche dalla polizia. Dopo qualche anno i Meshichisti presero di fatto il totale controllo della sinagoga, aiutati anche dai guardiani dell’edificio, i gabbaim. A metà degli anni Duemila i due rabbini che possedevano legalmente la sinagoga avviarono una causa per riprendere il controllo dei locali, che non si è ancora conclusa.

Data l’importanza della 770, da anni il movimento discuteva della necessità di ampliarla: spesso durante le riunioni e le preghiere più importanti è praticamente impossibile accederci o muoversi all’interno a causa delle troppe persone intente a pregare. Un progetto di espansione era già stato elaborato durante gli anni Ottanta, quando Schneerson era ancora vivo e risiedeva all’interno della sinagoga, senza mai lasciarla. Tuttavia, dopo la sua morte, anche a causa dei continui dissidi, questo progetto non si è mai concretizzato.

La progressiva radicalizzazione della corrente messianica ha portato gli Tzfatim a vedere l’espansione della sinagoga non tanto come una necessità pratica, ma come una missione di realizzazione del desiderio del Messia e qualcosa che avrebbe forse agevolato il suo ritorno. Per questo, dato che i lavori del progetto ufficiale non sono mai iniziati, sembra che alcuni studenti abbiano deciso di occuparsene loro stessi.

Non è chiaro quando gli scavi del tunnel siano iniziati, né quale fosse il loro progetto, ma è possibile che siano partiti già nel 2018 e che fossero ben avviati già durante la pandemia.