Il coronavirus fu sequenziato due settimane prima che la Cina ne desse notizia

Almeno secondo alcuni documenti presentati dal Congresso degli Stati Uniti sulle prime fasi molto confuse della pandemia

Lavoratori con tute isolanti nell'aprile del 2015 a Wuhan, Cina (AP Photo/Sam McNeil)
Lavoratori con tute isolanti nell'aprile del 2015 a Wuhan, Cina (AP Photo/Sam McNeil)

Secondo alcuni documenti diffusi da una commissione del Congresso degli Stati Uniti, alla fine del 2019 una ricercatrice cinese pubblicò informazioni sul coronavirus due settimane prima che queste fossero ufficialmente diffuse dal governo della Cina, un probabile indizio del fatto che il governo cinese fosse a conoscenza del SARS-CoV-2 già da diverso tempo prima di comunicarne l’esistenza alle autorità sanitarie internazionali. Il ritardo nella notifica avvenne in un momento cruciale nel quale iniziavano a emergere diversi casi di polmonite in Cina, senza che ci fosse una spiegazione convincente sulle loro cause.

Il 28 dicembre 2019 la virologa Lili Ren dell’Accademia delle Scienze mediche cinese inviò un sequenziamento del SARS-CoV-2 (cioè informazioni sulle caratteristiche genetiche del virus) a GenBank, una banca dati sulla quale vengono condivise sequenze di materiale genetico, mantenuta dai National Institutes of Health degli Stati Uniti. Tre giorni dopo, il lavoro di Ren fu segnalato perché incompleto e fu quindi richiesto alla ricercatrice di condividere maggiori informazioni. Secondo la ricostruzione della commissione del Congresso, Ren non rispose e in mancanza di informazioni sufficienti il suo lavoro fu rimosso da GenBank il 16 gennaio 2020. Quattro giorni prima, un altro gruppo di ricerca cinese aveva pubblicato sempre su GenBank un sequenziamento del SARS-CoV-2 sostanzialmente identico a quello proposto da Ren.

Non è chiaro perché Ren avesse inviato le informazioni a GenBak e avesse poi deciso di non rispondere alle sollecitazioni di chiarimenti. La banca dati contiene oltre 3,8 miliardi di annotazioni, quindi è probabile che in mancanza di altri dettagli i dati forniti da Ren fossero passati inosservati o per lo meno non ricondotti alle prime notizie – al tempo piuttosto confuse – su che cosa stesse accadendo in alcuni ospedali di Wuhan, la città cinese dove furono registrati i primi casi della nuova malattia poi chiamata COVID-19.

La commissione che ha diffuso la documentazione si sta occupando per conto del Congresso di indagare le origini del SARS-CoV-2, per provare a capire se questo si sviluppò naturalmente nel passaggio da alcuni animali agli esseri umani oppure in seguito a un errore di laboratorio. I lavori della commissione sono sotto la responsabilità di un gruppo di parlamentari Repubblicani, ma le nuove informazioni sul ritardo nella segnalazione non forniscono elementi aggiuntivi sull’origine del coronavirus.

Secondo i membri della commissione e alcuni osservatori, il mancato riconoscimento dell’importanza della segnalazione di Ren e il ritardo con cui il governo cinese informò la comunità internazionale fecero perdere tempo prezioso, in una fase in cui si iniziavano a registrare i primi morti dovuti alla malattia, sulla quale c’erano ancora pochissime informazioni. Le notizie sul lavoro di Ren potrebbero inoltre dimostrare che alla fine di dicembre 2019 diversi gruppi di ricerca in Cina fossero già impegnati a sequenziare il coronavirus e che avessero provato a condividere le loro scoperte, fino a quando non era intervenuto il governo cinese per limitare la diffusione di informazioni. All’inizio della pandemia la Cina era stata accusata di essere poco trasparente sulla diffusione del coronavirus a Wuhan e in altre aree del paese.

Il fatto che il sequenziamento fosse disponibile su una banca dati internazionale, e accessibile liberamente, pone inoltre alcune domande sull’efficacia dei sistemi per la rapida identificazione di nuovi patogeni.

Da tempo si discute di adottare soluzioni per migliorare la condivisione di informazioni su malattie emergenti a livello internazionale, in modo da prevenire nuove pandemie. Se ne parlerà il prossimo maggio nel corso della 77esima Assemblea mondiale della salute, nella quale i 194 paesi membri dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) si confronteranno su un nuovo importante trattato sulle pandemie, per adottare linee guida comuni per prevenirle e gestirle meglio partendo anche dalle esperienze e dalle conoscenze maturate negli ultimi anni.