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  • Lunedì 15 gennaio 2024

Non è facile diventare presidente del Guatemala, se sei un attivista anti corruzione

Bernardo Arévalo aveva stravinto le elezioni a luglio, ma ha rischiato di non essere nominato presidente, per l'opposizione dell'establishment

Bernardo Arévalo, al centro, durante una manifestazione di suoi sostenitori
Bernardo Arévalo, al centro, durante una manifestazione di suoi sostenitori (AP Photo/Moises Castillo)

Domenica notte Bernardo Arévalo, un sociologo e attivista contro la corruzione, ha giurato come nuovo presidente del Guatemala. Arévalo è il presidente più progressista da decenni e aveva vinto le elezioni nel paese lo scorso agosto con un enorme margine di vantaggio sulla sua avversaria: più del 20 per cento.

Ma fino a poche ore prima il fatto che sarebbe riuscito a giurare come presidente non era ritenuto per niente scontato: per mesi quasi tutto l’establishment politico e giudiziario guatemalteco ha cercato di impedire in ogni modo ad Arévalo di ottenere la presidenza, usando anche metodi scorretti e illegali. E anche adesso che è diventato presidente, l’opposizione, che raggruppa i cosiddetti partiti dell’establishment, rischia di rendere il suo governo estremamente complicato, se non impossibile.

Arévalo è laureato in Sociologia, è stato vice ministro degli Esteri e ambasciatore in Spagna ed è il figlio del primo presidente eletto democraticamente del Guatemala, Juan José Arévalo, che governò dal 1945 al 1951. Negli ultimi anni è diventato noto soprattutto come attivista contro la corruzione, uno dei problemi più gravi del Guatemala: gli ultimi sette presidenti eletti sono stati accusati di corruzione e di altri gravi crimini economici, e vari studi ritengono che la corruzione sia il principale ostacolo allo sviluppo economico e sociale del paese.

L’elezione di Arévalo è stata favorita dall’enorme frammentazione della politica guatemalteca: al primo turno Arévalo aveva ottenuto quasi il 12 per cento dei voti contro il 16 di Sandra Torres, un’ex first lady e candidata conservatrice. Al secondo turno, però, l’entusiasmo nei confronti di Arévalo era montato e lui aveva stravinto ottenendo il 59,1 per cento dei voti contro 36,1 per cento di Torres.

Subito dopo la vittoria di Arévalo l’establishment del paese ha cominciato a ostacolarlo in ogni modo. È piuttosto complicato definire cosa si intende per “establishment”, ma il punto fondamentale è che il Guatemala è governato da anni da una piccola élite di persone i cui interessi e le cui posizioni di potere sarebbero minacciate se un presidente mettesse in atto una seria campagna anti corruzione. Gran parte della leadership politica, dei membri del parlamento e degli esponenti della magistratura, fa parte di questa élite, che i media locali hanno cominciato a chiamare il “pacto de corruptos”, il patto dei corrotti.

Negli scorsi mesi l’establishment del Guatemala ha fatto di tutto per impedire ad Arévalo di ottenere la presidenza. Un tribunale ha cercato di sospendere il Movimiento Semilla, il partito di Arévalo, con accuse pretestuose; un procuratore ha cercato di arrestare quattro giudici del Tribunale elettorale che aveva certificato la vittoria di Arévalo (sono scappati all’estero); e Arévalo ha perfino subìto minacce di omicidio.

Nelle scorse settimane un procuratore ha emesso un ordine di arresto per Karin Herrera, la vicepresidente eletta: se fosse stata arrestata, Arévalo non avrebbe potuto giurare come presidente, perché il protocollo prevede che alla cerimonia siano presenti sia presidente sia vicepresidente. La Corte Suprema del paese, all’ultimo, ha impedito l’arresto.

Anche il parlamento ha cercato in tutti i modi di impedire la nomina di Arévalo: ha cercato di togliergli l’immunità parlamentare e domenica, il giorno dell’elezione, ha messo in atto varie manovre per ritardare il più possibile la nomina ufficiale: Arévalo è riuscito a giurare soltanto dopo la mezzanotte, e dopo enormi proteste da parte dei suoi sostenitori.

Tra i fattori che hanno contribuito a preservare Arévalo dagli attacchi dell’establishment c’è stato il sostegno della popolazione, che negli scorsi mesi si è mobilitata in suo favore: un gruppo appartenente alle comunità indigene, per esempio, è rimasto accampato mesi per protestare davanti all’ufficio del procuratore generale, uno dei principali avversari di Arévalo. Ha contribuito anche il sostegno internazionale, in particolare di Stati Uniti e Unione Europea, che hanno sostenuto Arévalo fin dalla sua elezione.

Il governo presentato da Arévalo è il primo della storia del Guatemala con lo stesso numero di uomini e donne, anche se il nuovo presidente è stato molto criticato per aver incluso soltanto una persona indigena. Tra le sue priorità, oltre alla lotta alla corruzione, ci sono la sanità e l’istruzione, settori per i quali Arévalo ha promesso grossi investimenti. Sarà complicato però metterli in pratica: a dicembre il parlamento ha approvato una legge finanziaria che riduce moltissimo i fondi a sua disposizione, e che rischia di mettere in difficoltà la sua presidenza appena iniziata.