Il nuovo governo polacco ha avviato una riforma della giustizia

Per ribaltare le decisioni del governo precedente, come chiede da anni l'Unione Europea: portarla a termine non sarà facile

Il ministro della Giustizia Adam Bodnar
Il ministro della Giustizia Adam Bodnar (a destra) con il presidente polacco Andrzej Duda, durante la cerimonia di insediamento del nuovo governo (EPA/Pawel Supernak)
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Il governo del primo ministro polacco Donald Tusk (europeista e di centro) ha presentato un disegno di legge che interviene sull’organo che si occupa della selezione e nomina dei giudici: è il primo passo del nuovo governo per restituire indipendenza alla magistratura, ribaltando le riforme di direzione opposta fatte dal governo precedente.

Introducendo la proposta, il ministro della Giustizia Adam Bodnar ha spiegato che questa legge e quelle che seguiranno puntano a invertire gli effetti della riforma fatta nel 2017 dal governo nazionalista di Diritto e Giustizia (di estrema destra ed euroscettico) che, tra le altre cose, aveva trasferito al parlamento il potere di nominare più della metà dei 25 funzionari del Consiglio nazionale della magistratura (KRS), l’organo che sceglie e nomina i giudici e ne propone gli avanzamenti di carriera: fino ad allora erano stati altri giudici a eleggerli.
A quella del 2017 erano seguite diverse riforme che di fatto avevano permesso a Diritto e Giustizia di controllare la magistratura e i tribunali polacchi: su tutte la creazione di una commissione disciplinare interna alla Corte Costituzionale che aveva come obiettivo sanzionare i giudici ritenuti eccessivamente politicizzati.

Le riforme erano state giudicate da molti incompatibili con la separazione dei poteri su cui si basano le democrazie, ed erano diventate la ragione principale di uno scontro istituzionale con l’Unione Europea. Il governo polacco guidato da Diritto e Giustizia si era impegnato a modificarle, ma non aveva mai rispettato la promessa.

Questo stallo, che riguardava anche diverse altre decisioni di Diritto e Giustizia, aveva sostanzialmente interrotto l’erogazione di fondi europei alla Polonia: non ha ricevuto né i soldi del Next Generation EU, detto anche Recovery Fund, cioè il grande piano di finanziamenti accordati dall’Unione ai paesi membri per contenere la crisi economica innescata dalla pandemia, né i cosiddetti fondi di coesione, cioè i soldi del bilancio pluriennale dell’Unione Europea che vengono distribuiti soprattutto agli Stati più poveri. La Polonia è il principale beneficiario dei fondi di coesione e uno dei principali del Recovery Fund, e la loro sospensione stava creando enormi problemi economici e politici per il governo di Diritto e Giustizia.

Con il nuovo governo le cose dovrebbero cambiare: Tusk ha infatti promesso di intervenire sulle riforme dei suoi predecessori e riportare il sistema giudiziario polacco a una forma più vicina a quella degli altri paesi dell’Unione. Presentando la riforma, Bodnar ha confermato che è un progetto «fondamentale» e che «un passo alla volta, ripristineremo lo stato di diritto». Ha spiegato però che non sarà un processo semplice: anche se è probabile che la nuova legge passi in parlamento, molti dettagli del provvedimento dovranno essere negoziati con il presidente Andrzej Duda, la cui firma è necessaria per l’approvazione definitiva. Duda però è da alcuni mesi al centro di un durissimo scontro politico con il governo di Tusk e sta cercando in ogni modo di ostacolare il nuovo corso politico, arrivando anche a usare in maniera discutibile i propri poteri.