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  • Venerdì 12 gennaio 2024

Com’è nato l’attacco contro gli Houthi

I primi piani per attaccare le loro postazioni militari in Yemen erano stati preparati settimane fa, ma Joe Biden ha tentato fino all'ultimo altre strade, scrive “Politico”

Il lancio di un missile contro le postazioni degli Houthi in Yemen da una nave da guerra britannica
Il lancio di un missile contro le postazioni degli Houthi in Yemen da una nave da guerra britannica (UK Ministry of Defence via AP)
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Secondo un articolo molto informato di Politico, il bombardamento ordinato dal presidente americano Joe Biden contro le postazioni militari degli Houthi in Yemen era in preparazione da tempo: è stato compiuto dopo settimane di grosse pressioni sugli Stati Uniti per rispondere militarmente agli attacchi che gli Houthi stanno facendo contro le navi da trasporto che attraversano il mar Rosso e che stanno provocando gravi problemi ai commerci internazionali.

I primi piani di attacco contro gli Houthi, scrive Politico, sarebbero stati preparati dal ministero della Difesa già a dicembre, quando la crisi dei trasporti nel mar Rosso era agli inizi. Per settimane Biden aveva però rimandato l’attacco, sperando di riuscire a risolvere la situazione per vie diplomatiche o con operazioni difensive. Il timore era che attaccare direttamente gli Houthi, un gruppo armato sciita che domina circa metà dello Yemen e che è alleato dell’Iran, avrebbe potuto provocare un allargamento della guerra in Medio Oriente. Non è chiaro cosa abbia convinto Biden a cambiare idea e a ordinare l’attacco.

I bombardamenti sono una risposta agli attacchi che gli Houthi compiono da settimane contro le navi cargo in transito nel mar Rosso. Il gruppo sciita aveva iniziato ad attaccare le navi commerciali a partire da novembre, come ritorsione contro la guerra di Israele nella Striscia di Gaza. Gli attacchi hanno costretto moltissime navi a deviare la propria rotta, e hanno provocato serie conseguenze sui commerci internazionali.

L’attacco è stato compiuto da aerei da guerra statunitensi e britannici, oltre che da navi da guerra e sottomarini. Tutta l’operazione, hanno fatto sapere gli Stati Uniti, è stata coordinata con il Regno Unito (che ha partecipato ai bombardamenti) e con Australia, Canada, Paesi Bassi e Bahrein. Secondo il ministero della Difesa americano, sono state colpite infrastrutture militari come radar, siti di lancio di missili e droni e aree di stoccaggio di armi. Non sembra che sia l’inizio di una campagna prolungata di bombardamenti sullo Yemen, ma piuttosto una risposta militare al momento isolata agli attacchi degli Houthi nel mar Rosso.

L’attacco della coalizione statunitense è l’ultima – e di gran lunga la più grave – di una serie di contromisure che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno provato ad adottare davanti alla minaccia crescente degli attacchi degli Houthi.

La più importante di queste contromisure è stata una missione militare difensiva nel mar Rosso, in cui dieci paesi, tra cui l’Italia, avevano inviato navi da guerra per proteggere le navi mercantili dai lanci di missili e droni da parte degli Houthi. La missione aveva in parte una funzione di deterrenza, in quanto è molto difficile intercettare tutti gli attacchi aerei che arrivano in un’area grande come quella. La missione ha avuto scarso successo, e gli attacchi sono continuati.

Nel discorso in cui ha annunciato l’attacco, Biden ha detto inoltre che c’è stata una «estesa campagna diplomatica» per riuscire a fermare gli attacchi degli Houthi nel mar Rosso senza la violenza, ma non è chiaro a cosa si riferisse. Negli scorsi mesi non ci sono stati negoziati pubblici degli Stati Uniti con gli Houthi o con l’Iran.

È vero però che gli Stati Uniti hanno cercato di far approvare alle Nazioni Unite una risoluzione di condanna degli attacchi, ed è possibile che qualche tentativo diplomatico sia stato condotto in quella sede (gli Houthi, che sono considerati un gruppo ribelle che ha preso il controllo di buona parte dello Yemen, non sono rappresentati all’ONU, ma l’Iran sì).

Secondo Politico, che ha parlato con vari funzionari statunitensi rimasti anonimi, la riunione in cui Biden per la prima volta ha preso seriamente in considerazione la possibilità di bombardare lo Yemen si è tenuta il 1° gennaio, quindi dopo oltre un mese di attacchi nel mar Rosso. Il dipartimento della Difesa aveva già preparato piani di attacco in precedenza, ma non erano stati presi seriamente in considerazione fino a quel momento, soprattutto per timore di un’estensione della guerra a Gaza in altre parti del Medio Oriente: ancora a metà dicembre, vari esponenti dell’amministrazione Biden sostenevano privatamente che bombardare gli Houthi fosse una mossa sbagliata e rischiosa.

Durante la riunione dei primo gennaio, Biden aveva invece dato due ordini. Il primo era di aumentare i tentativi diplomatici per porre fine agli attacchi, il secondo era di sviluppare piani per una risposta militare. È trascorsa più di una settimana, e alla fine l’amministrazione statunitense ha deciso di attaccare.

Non è chiaro cosa abbia fatto cambiare opinione agli Stati Uniti sull’opportunità di un attacco allo Yemen, e in che modo i timori che i bombardamenti possano provocare un’estensione del conflitto in Medio Oriente siano stati placati. Una possibilità è che con il passare delle settimane le pressioni per rispondere ai lanci di missili nel mar Rosso e i danni ai commerci internazionali siano diventati così grandi da rendere una risposta militare difficile da rimandare ancora.