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  • Lunedì 8 gennaio 2024

Wael Dahdouh non ha mai smesso di raccontare la guerra

Il giornalista di Al Jazeera a Gaza ha perso moglie, tre figli, un nipote, otto parenti e molti colleghi per i bombardamenti israeliani: ogni volta è tornato in onda

Wael Dahdouh dopo la morte della moglie e di due figli (AP Photo/Ali Mahmoud)
Wael Dahdouh dopo la morte della moglie e di due figli (AP Photo/Ali Mahmoud)
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Wael Dahdouh è il capo della redazione di Gaza di Al Jazeera, televisione all news con sede in Qatar. Soprattutto nel mondo arabo, è uno dei giornalisti palestinesi più noti tra quelli che da Gaza raccontano la guerra fra Hamas e Israele. In questi ultimi mesi numerosi famigliari e amici di Wael Dahdouh sono stati uccisi dai bombardamenti israeliani, ma Dahdouh non ha mai smesso di lavorare: questo lo ha trasformato in un simbolo delle sofferenze del popolo palestinese, ma anche della perseveranza dei pochi giornalisti ancora attivi nella Striscia, dove i reporter stranieri non possono entrare.

Domenica è stata colpita da un missile israeliano l’auto su cui viaggiava Hamza Dahdouh, figlio primogenito di 27 anni di Wael, a sua volta giornalista. Sono morti nell’esplosione Hamza, che lavorava per Al Jazeera, e un collega che collaborava con AFP. È il terzo degli otto figli di Wael che viene ucciso da quando il 7 ottobre è cominciata la guerra fra Hamas e Israele: il giornalista di Al Jazeera ha perso anche la moglie, otto parenti e il collega cameraman con cui lavorava quotidianamente, rimanendo a sua volta ferito. Ogni volta ha ricominciato a lavorare il giorno dopo, dicendo di voler trasformare il proprio dolore personale nella testimonianza di quello di un popolo.

Video e foto dei momenti in cui è arrivato negli ospedali, in cui ha saputo della morte dei familiari o in cui si trovavano altri figli feriti, sono circolati molto online, così come le sue partecipazioni ai funerali di parenti e colleghi. Così Dahdouh è diventato uno dei simboli di una guerra che continua a causare un numero enorme di morti nella popolazione civile e fra i giornalisti. Contarli in modo preciso è sempre più difficile, ma secondo le stime del ministero della Salute (cioè Hamas) dal 7 ottobre sono 22.835 le persone palestinesi uccise.

Secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ), un’associazione nata con lo scopo di difendere la libertà di stampa e i diritti dei giornalisti in tutto il mondo, tra il 7 ottobre e il 6 gennaio a Gaza e nelle zone sul confine tra Israele e Libano sono stati uccisi almeno 77 giornalisti e lavoratori del settore dei media. È una delle più grandi stragi di giornalisti da quando il Comitato ha cominciato a raccogliere i dati, nel 1992.

Wael Dahdouh dopo la morte del cameraman Samer Abu Daqqa il 16 dicembre (AP Photo/Mohammed Dahman)

Wael Dahdouh ha 53 anni, lavora come giornalista televisivo dal 1998, dopo aver passato sette anni in un carcere israeliano fra il 1988 e il 1995 ed essersi in seguito laureato in giornalismo all’Università Islamica di Gaza. È il principale corrispondente dalla Striscia di Al Jazeera dal 2004, per cui ha coperto anche precedenti crisi e guerre.

Wael Dahdouh con il corpo di uno dei figli morti il 25 ottobre (AP Photo/Ali Mahmoud)

Durante questi mesi il suo volto è diventato più noto anche in Occidente soprattutto in seguito alle vicende personali che lo hanno coinvolto: il 25 ottobre stava lavorando quando è stato avvertito da colleghi della redazione del bombardamento che aveva colpito il campo profughi di Nuseirat, dove la sua famiglia si era rifugiata da alcuni giorni. Erano morti la moglie Amna, il figlio Mahmoud, di 15 anni, la figlia Sham, di 7, e il nipote Adam, di un anno e mezzo, insieme ad altri otto membri della famiglia. Dahdouh aveva altri sei figli: i due più grandi, Hamza e Bissan, avevano partecipato al tentativo di salvare alcuni dei fratelli dalle macerie.

Dahdouh il giorno dopo era tornato in onda, per continuare a raccontare la guerra.

Meno di due mesi più tardi, a metà dicembre, la sua auto era stata colpita da un attacco israeliano: il collega Samer Abu Daqqa, che viaggiava con lui, era morto. Era solo il più vicino fra una serie di colleghi che Dahdouh aveva visto morire: la comunità di giornalisti a Gaza è piuttosto ristretta ed è stata molto colpita. Dopo un breve ricovero in ospedale, Dahdouh era tornato a lavorare.

Domenica, vicino alla città di Rafah, e quindi al confine con l’Egitto, è stato invece ucciso il figlio Hamza. Anche in questa occasione dopo i funerali Dahdouh è tornato in onda su Al Jazeera.

La lunga serie di lutti del giornalista di Al Jazeera è stata commentata domenica anche dal segretario di Stato americano Antony Blinken, da Doha, in Qatar: ha definito quella di Dahdouh «una tragedia inimmaginabile, un orrore vissuto non una volta, ma due».

– Leggi anche: Le uniche cronache da dentro Gaza sulla stampa italiana