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  • Sabato 6 gennaio 2024

Alle elezioni in Bangladesh gira tutto intorno a lei

La controversa prima ministra Sheikh Hasina vincerà quasi certamente le elezioni parlamentari, dopo la decisione delle opposizioni di non andare a votare

Sheikh Hasina a Dacca nel 2014 (AP Photo/Rajesh Kumar Singh)
Sheikh Hasina a Dacca nel 2014 (AP Photo/Rajesh Kumar Singh)
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Domenica in Bangladesh si è votato per rinnovare i seggi dell’Assemblea nazionale, l’unica camera del parlamento del paese. I principali partiti di opposizione hanno detto ai loro elettori di non andare a votare, per protesta: molti dei loro e delle loro leader si trovano in carcere e quasi certamente la Lega Awami, partito della prima ministra Sheikh Hasina, vincerà le elezioni per la quarta volta consecutiva.

Hasina è la prima ministra più longeva della storia del Bangladesh. Nel tempo la sua figura è diventata molto controversa. Nonostante abbia sempre combattuto le dittature militari e si sia sempre impegnata a promuovere politiche a favore delle donne e delle fasce più povere della popolazione, secondo le opposizioni e anche secondo diverse organizzazioni internazionali nei suoi quindici anni di governo Hasina si sarebbe piano piano trasformata da leader della lotta per la democrazia in una delle sue principali minacce.

Nei giorni precedenti alle elezioni ci sono stati degli episodi di violenza. Almeno 14 seggi elettorali sono stati incendiati, mentre venerdì ha preso fuoco un treno passeggeri, che stava entrando nella capitale Dacca, in quello che la polizia sospetta essere stato un incendio doloso. Sono morte quattro persone, tra cui due bambini, e altre otto sono rimaste ferite. Anwar Hossain, un dirigente di polizia, ha detto ad AFP che il sospetto è che si tratta di «un atto di sabotaggio», ma per ora non è chiaro chi possa essere stato.

Sheikh Hasina ha 76 anni, è la figlia maggiore di Sheikh Mujibur Rahman, il politico che dichiarò l’indipendenza del Bangladesh dal Pakistan nel 1971. Dopo aver fondato la Lega Awami (LA), di ispirazione progressista, Sheikh Mujibur Rahman fu primo ministro, poi presidente e nell’agosto del 1975 venne deposto e ucciso insieme a parte della famiglia durante un colpo di stato organizzato dall’esercito, preoccupato dal suo crescente autoritarismo.

La notte del colpo di stato, quando un gruppo di ufficiali dell’esercito uccise entrambi i suoi genitori, tre dei suoi fratelli e il personale della casa, Hasina aveva 28 anni e si trovava in Germania con la sorella minore. Quello fu l’episodio che motivò da lì in poi la sua carriera politica: «Hasina ha una qualità molto potente come politica, quella di saper usare il trauma come un’arma a proprio favore», ha detto Avinash Paliwal, docente di relazioni internazionali dell’Asia meridionale all’Università SOAS di Londra. Al centro delle ambizioni di Hasina ci sarebbe la creazione della nazione che il padre immaginava.

Dopo la morte dei genitori, Hasina visse per diversi anni in esilio in India mentre nel suo paese una serie di colpi di stato portarono alla presidenza Ziaur Rahman, fondatore del Partito nazionalista del Bangladesh (BNP) che abolì la laicità dello Stato proclamata dal padre di Hasina e che fece della fedeltà all’Islam uno dei principi cardine della nuova Costituzione (il Bangladesh è un paese a maggioranza musulmana). Ziaur Rahman fu a sua volta ucciso durante il colpo di stato del 1981.

In quel periodo Hasina si sposò con uno scienziato nucleare bangladese ed ebbe due figli. Fece politica all’università nei movimenti studenteschi e nelle loro sezioni femminili.

Un sostenitore di Sheikh Hasina, Dacca, Bangladesh, 27 dicembre 2018 (AP Photo/Anupam Nath)

Una volta tornata in Bangladesh, Hasina venne eletta presidente della Lega Awami. Per tutti gli anni Ottanta, durante un periodo di grande instabilità politica e continui colpi di stato sostenuti dai militari, entrò e uscì dal carcere. Dopo il ritorno alla legalità costituzionale, gli anni Novanta furono caratterizzati da un’aspra rivalità tra Hasina e la nuova leader del BNP, Khaleda Zia: le due governarono alternativamente contribuendo a polarizzare la politica del paese.

Hasina, moderata e laica, ha spesso accusato di estremismo il BNP, alleato dei partiti islamici; mentre il BNP di Zia (che era la moglie di Ziaur Rahman, l’uomo che prese il potere dopo che il padre di Hasina venne assassinato) ha sempre sostenuto che la Lega Awami abbia usato la repressione per tornare al potere.

Khaleda Zia vinse nel 1991, Hasina nel 1996 e Zia di nuovo nel 2001. Gli anni successivi furono caratterizzati da una grande instabilità politica, con decine di scioperi generali e attentati. Nel 2007, quando arrivò il momento di votare di nuovo, il governo provvisorio che si insediò con il sostegno dei militari ordinò un’irruzione nella casa di Hasina e il suo arresto per estorsione. La leader della Lega Awani definì le accuse una cospirazione per impedirle di candidarsi. Tra la possibilità di lasciare il paese o andare in carcere scelse la seconda: per combattere per la democrazia e i diritti del suo popolo, disse all’epoca.

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Undici mesi dopo venne rilasciata e nel 2008 fu rieletta prima ministra. Poi fu confermata nel 2014, in un momento di gravi disordini e nonostante le diffuse accuse di brogli elettorali; e di nuovo nel dicembre del 2018, quando i partiti di opposizione decisero di boicottare le elezioni. In quell’occasione l’affluenza fu solo del 22 per cento e la maggioranza assoluta dei seggi andò al partito della prima ministra, dopo una campagna elettorale che si era tenuta in un clima di violenze ed intimidazioni, in cui 19 persone erano state uccise e diverse erano state ferite e incarcerate arbitrariamente dalla polizia.

Negli ultimi quindici anni Hasina ha contribuito a un grande sviluppo economico del Bangladesh: sono state costruite grandi infrastrutture, come autostrade, linee ferroviarie e porti; la rete elettrica è stata ampliata e portata nei centri più remoti; l’industria dell’abbigliamento è diventata una delle più competitive al mondo e negli ultimi dieci anni il reddito pro capite è triplicato. I progressi in termini di sviluppo hanno innescato a loro volta altri progressi: l’istruzione femminile è stata parificata a quella maschile, è migliorata la condizione lavorativa delle donne e la Banca Mondiale ha stimato che più di 25 milioni di persone su più di 170 milioni di abitanti, negli ultimi vent’anni siano usciti dalla povertà.

Anche sulla scena internazionale Hasina si è mossa con abilità, secondo gli analisti. Ha coltivato legami con paesi potenti e in opposizione tra loro riuscendo a mantenere un buon equilibrio: sostiene fermamente sia l’India che la Cina, anche se i due paesi hanno tra loro in corso una disputa territoriale su diverse aree di confine. Ha coltivato i legami storici del Bangladesh con la Russia, ma anche con i leader occidentali, nonostante la condanna di questi ultimi per l’invasione russa dell’Ucraina. E, almeno inizialmente, è stata apprezzata a livello internazionale quando nel 2017 diede rifugio ai musulmani rohingya in fuga dalle persecuzioni e dalle violenze nel vicino Myanmar, anche se poi il suo governo fece delle proposte piuttosto radicali che furono anche contestate.

I critici affermano però che il successo del Bangladesh sia arrivato a scapito della democrazia e dei diritti umani e sostengono che il governo di Hasina sia diventato progressivamente sempre più autoritario e repressivo: è intervenuto per mettere a tacere il dissenso e per ridurre la libertà di stampa. Negli ultimi mesi molti alti dirigenti del BNP sono stati arrestati con accuse fittizie e inventate, così come migliaia di sostenitori dell’opposizione in seguito alle proteste antigovernative che avevano organizzato.

Nonostante il ministro bangladese della Giustizia Anisul Huq dica che il suo governo non ha nulla a che fare con i tribunali («La magistratura è assolutamente indipendente»), i dati mostrano che con Hasina gli arresti, le sparizioni, le uccisioni e altri abusi legati a motivi politici sono aumentati significativamente.

Manifestazione antigovernativa del partito di opposizione BNP, Dacca, Bangladesh, 28 ottobre 2023 (AP Photo/Mahmud Hossain Opu)

Nelle ultime settimane, il principale partito oggi all’opposizione, il BNP, ha tenuto diverse manifestazioni in tutto il Bangladesh per chiedere la nomina di un governo provvisorio apartitico a garanzia delle elezioni, ma le proteste sono state violentemente represse e la richiesta respinta.

Human Rights Watch ha recentemente definito gli arresti dei sostenitori dell’opposizione una «violenta repressione autocratica» da parte del governo. «Sembra una repressione molto più ampia dell’opposizione piuttosto che una risposta mirata a qualsiasi violenza», ha affermato Rory Mungoven, che si occupa di Asia presso l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani. E un altro gruppo di relatori speciali delle Nazioni Unite ha confermato tali preoccupazioni lo scorso novembre: «L’utilizzo del sistema giudiziario come arma per attaccare giornalisti, difensori dei diritti umani e leader della società civile diminuisce l’indipendenza della magistratura ed erode i diritti umani fondamentali».

Khaleda Zia, l’unica politica in grado di contendere il potere a Hasina, è da anni agli arresti domiciliari (è stata condannata a 17 anni di carcere con l’accusa di essersi appropriata di fondi destinati alla costruzione di un orfanotrofio). Gli altri leader del partito sono in prigione o in esilio e gli osservatori dicono che un nuovo mandato di Hasina è praticamente garantito: «La democrazia è morta in Bangladesh. Ciò che vedremo a gennaio saranno elezioni false», ha detto a BBC Abdul Moyeen Khan, uno dei leader del BNP. E per Avinash Paliwal le prossime elezioni «potrebbero rappresentare il suggello definitivo a uno stato monopartitico in piena regola»: cioè a una forma di dittatura.