• Italia
  • Mercoledì 3 gennaio 2024

Lo scambio di persona tra i due Mancini della banda della Magliana

Alcuni giornali hanno scritto che è morto Antonio Mancini, ma era Luciano: entrambi facevano parte dell'organizzazione criminale romana

Antonio Mancini nel 1994 (Monteforte/Ansa)
Antonio Mancini nel 1994 (Monteforte/Ansa)
Caricamento player

Il 2 gennaio diversi giornali italiani hanno diffuso la notizia della morte di Antonio Mancini, un noto membro della banda della Magliana, il gruppo criminale romano molto attivo tra gli anni Settanta e Novanta. Come di consueto sui giornali sono apparsi alcuni articoli che raccontano la vita di Mancini, il suo ruolo nella banda, i crimini compiuti e poi il pentimento e la decisione di diventare collaboratore di giustizia. Antonio Mancini però è ancora vivo, la morte in questione era quella di Luciano Mancini, anche lui legato alla banda della Magliana: è stato insomma uno scambio di persona.

La morte di Luciano Mancini è stata confermata nella mattinata del 3 gennaio dal figlio, Massimiliano, che ha sottolineato anche l’«errore di comunicazione» compiuto da alcuni organi di stampa. Antonio Mancini, invece, ha scritto di essere vivo in una chat privata, citata da diversi giornali.

Luciano Mancini aveva 88 anni. Era noto come “Er Principe”, ma del suo ruolo nell’organizzazione criminale non si sa molto, se non che si occupava di investire i capitali che la banda ricavava dalle attività illecite.

Antonio Mancini invece è più noto, e negli ultimi anni si è parlato spesso di lui a causa di alcune rivelazioni fatte sul caso di Emanuela Orlandi, la ragazza scomparsa a Roma nel 1983 e finita al centro di un’intricata rete di ipotesi e illazioni che ha coinvolto soprattutto il Vaticano. Mancini è noto come “L’Accattone” o “Zio Nino”: nacque a Pescara nel 1948, ma a 11 anni si trasferì con la famiglia a Roma, dove vive tuttora. Si inserì presto negli ambienti criminali della città e si avvicinò alla banda della Magliana.

La storia della banda è legata a varie vicende degli anni di piombo, quel periodo particolarmente violento della storia italiana che va grosso modo dalla fine degli anni Sessanta all’inizio degli anni Ottanta: fu coinvolta nell’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, nei depistaggi per la strage di Bologna del 1980, nel rapimento dell’allora presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro e nell’omicidio del banchiere Roberto Calvi. I suoi esponenti ebbero stretti rapporti con la politica locale e nazionale, con i servizi segreti e con varie operazioni rimaste a lungo nell’ombra, tra cui la struttura militare segreta Gladio.

Mancini partecipò a diversi agguati organizzati dalla banda, tra cui quello contro i fratelli Proietti, esponenti di un’organizzazione criminale nemica nota come il clan Proietti. Nel 1981, insieme ad altri membri della banda, Mancini uccise a colpi di arma da fuoco Maurizio Proietti. Finì in carcere e ci restò per 11 anni, fino al 1992, ma fu arrestato altre volte negli anni successivi per diversi reati legati alla sua attività criminale. Nel 1994 decise di diventare un collaboratore di giustizia, ossia di confessare alle autorità quello che sapeva sui meccanismi interni alla banda per ottenere sconti di pena o altri benefici giudiziari.

In più occasioni Mancini ha sostenuto che la banda fosse coinvolta nel sequestro Orlandi, un caso che ancora oggi rimane irrisolto. Disse per esempio che la ragazza venne rapita per convincere lo Ior, la banca vaticana, a restituire al Banco Ambrosiano grosse somme di denaro che gli erano state prestate proprio dalla banda della Magliana. Il Banco Ambrosiano era la banca presieduta Roberto Calvi, trovato morto a Londra nel 1982 in una vicenda che coinvolse anche la banda.

Negli ultimi anni Mancini ha dato diverse interviste, ha partecipato a vari programmi tv e a lui è ispirato il personaggio di “Ricotta” nella saga di Romanzo Criminale, che racconta la storia della banda della Magliana, romanzandola e rendendola assai celebre. Ha 75 anni.