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  • Lunedì 1 gennaio 2024

In California il sogno americano non funziona più

Da anni le persone che lasciano lo stato sono più di quelle che arrivano: c'entrano la crisi abitativa, i prezzi altissimi e il cambiamento climatico

(Photo by Justin Sullivan/Getty Images)
(Photo by Justin Sullivan/Getty Images)
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In California qualcosa si è inceppato. Da anni le persone che lasciano lo stato sono più di quelle che arrivano, i prezzi sono diventati spesso insostenibili per la classe media, la percentuale di persone senzatetto è la più alta del paese. L’immagine della California come uno stato ricco, prospero e dalle mille opportunità sta diventando sempre più lontana dalla realtà, per tanti motivi: i principali hanno a che fare con un’enorme crisi immobiliare, con gli eventi climatici estremi sempre più frequenti, e con il calo generale della qualità della vita che spinge molte persone a decidere di trasferirsi altrove, in stati che un tempo non erano considerati particolarmente attraenti ma che ora sono assai ambiti, come il Texas.

La California è ancora lo stato più popoloso degli Stati Uniti, ma da qualche anno i suoi abitanti hanno cominciato a diminuire. A luglio del 2023 aveva quasi 39 milioni di abitanti, oltre mezzo milione in meno rispetto al 2020. È un dato in controtendenza col passato, dato che per decenni la popolazione della California non aveva fatto altro che aumentare: tra il 1980 e il 2015 gli abitanti passarono da 23,8 milioni a poco di meno 39 milioni. La crescita era dovuta soprattutto all’enorme sviluppo del settore tecnologico e della Silicon Valley, l’area vicino a San Francisco dove sono nate e ancora oggi hanno sede le principali aziende tecnologiche del mondo, da Google ad Apple e Meta, la società proprietaria tra le altre cose di Facebook, Instagram e WhatsApp.

– Leggi anche: La città ideale che i miliardari della Silicon Valley vorrebbero costruire in California

Per decenni le nuove possibilità lavorative offerte dal settore digitale spinsero moltissime persone a trasferirsi in California. Il mercato immobiliare però non fu in grado di costruire un numero sufficiente di nuove case per soddisfare l’aumento di domanda, con il risultato che i prezzi delle abitazioni disponibili iniziarono a crescere sempre di più. Chi già possedeva un immobile, inoltre, si opponeva alla costruzione di nuovi edifici, temendo che questi potessero far calare il valore di quelli esistenti o che rovinassero il quartiere. È una posizione nota come NIMBY, acronimo di “not in my backyard” (“non nel mio giardino”): cioè essere favorevoli a un certo progetto a patto che questo si faccia lontano da casa propria.

Ancora oggi costruire un nuovo edificio residenziale in California è complicatissimo: i regolamenti urbanistici in vigore in molte città permettono di costruire quasi solo villette unifamiliari, e ottenere i permessi edilizi è un processo lungo e intricato che spesso si scontra con l’opposizione dei residenti e con le sentenze dei tribunali.

Intanto lo stato fa i conti con un’enorme crisi abitativa. Secondo l’ultimo rapporto del governo sul tema, nel 2022 in California c’erano 171.521 persone senzatetto, il 30 per cento di quelle presenti in tutti gli Stati Uniti e il 23 per cento in più rispetto al 2007. Significa che in California ogni 10mila persone 44 erano senzatetto. Di queste oltre 115mila – quasi il 70 per cento del totale – vivevano per strada, il numero più alto tra tutti gli stati americani e nove volte superiore al secondo stato della classifica, Washington, dove i senzatetto che non avevano posto nei rifugi pubblici erano 12.668. Nello stato di New York solo il 5,4 per cento dei senzatetto viveva per strada.

Molti senzatetto in California vivono in campi formati da distese di tende, roulotte o altre sistemazioni di fortuna che si estendono ai margini delle principali città. Lo stato e le amministrazioni comunali non possono fare molto per eliminare i campi: nel 2018 una sentenza della Corte d’appello federale competente su molti stati dell’ovest degli Stati Uniti decise che le città non potevano sfrattare le persone dalle strade senza offrire loro una sistemazione alternativa.

Il quartiere di Tenderloin, nel centro di San Francisco, è noto come una zona pericolosa. Ha tassi di criminalità molto alti ed è occupato da centinaia di senzatetto, spesso con una storia di disturbi mentali o di tossicodipendenza. Tenderloin si trova ad appena 15 minuti a piedi dalla sede principale di X (Twitter), ma secondo un reportage del New York Times se si passa in alcune zone è meglio «trattenere il respiro e chiudere gli occhi». L’uso di droga nel quartiere è diventato un grosso problema: a dicembre del 2021 la sindaca Democratica London Breed dichiarò lo stato di emergenza e poco dopo la sua amministrazione inaugurò il Tenderloin Linkage Center, un centro di aiuto che avrebbe dovuto limitare le morti dovute all’overdose da fentanyl, una droga sintetica, e all’uso di siringhe infette. Il progetto fu chiuso meno di un anno dopo.

La situazione di Tenderloin è particolarmente problematica, ma in California esistono molte altre zone occupate dai senzatetto. Fino a poco fa uno dei campi più grandi era quello di Wood Street, nella parte occidentale della città di Oakland, che si trova sul lato opposto della baia di San Francisco. Le persone senza alloggio cominciarono a radunarsi in quella zona quasi 10 anni fa, e con il tempo il loro numero aumentò sempre di più. I senzatetto si organizzarono per stabilirsi più o meno a lungo termine: installarono pannelli solari per procurarsi energia, crearono cucine e giardini comuni e iniziarono a organizzare molte attività di gruppo.

I residenti locali iniziarono però a lamentarsi, dicendo che molte delle attività svolte a Wood Street fossero illegali o inappropriate. Nel 2022 il governo statale cominciò a sfrattare i senzatetto, sostenendo che la tendopoli ponesse seri rischi per la sicurezza dei residenti. Alcuni accettarono di trasferirsi in rifugi messi a disposizione dalle amministrazioni locali, altri si spostarono nei campi per roulotte “ufficiali” della città oppure semplicemente crearono un nuovo insediamento da un’altra parte.

Risolvere il problema della mancanza di case in California non è facile e al momento sembra che nessuno sappia come fare. Il governatore Gavin Newsom, che è in carica del 2019, ha approvato decine di leggi per cercare di favorire la costruzione di nuovi edifici residenziali: nel 2021, per esempio, la sua amministrazione permise di erigere piccoli condomini capaci di ospitare fino a quattro famiglie anche nelle zone in cui per oltre un secolo era stato possibile costruire solo case unifamiliari, ma per ora l’impatto della misura è stato limitato.

Nel 2017, all’inizio della campagna elettorale che l’avrebbe portato a diventare governatore della California, Newsom promise che se fosse stato eletto avrebbe fatto costruire 3,5 milioni di nuove unità abitative entro il 2025: «L’alloggio è un bisogno umano fondamentale», scrisse sul suo blog. Secondo il sito locale CalMatters, a novembre del 2022 era stata autorizzata la costruzione di appena il 13 per cento delle case promesse, e in molti i casi i cantieri non erano ancora partiti.

Intanto, tra il 2018 e il 2024 l’amministrazione Newsom ha allocato risorse per 20,6 miliardi di dollari a programmi pensati per contrastare l’emergenza abitativa e il problema dei senzatetto. Quasi 4 miliardi sono stati messi a disposizione degli enti locali per comprare edifici in disuso da trasformare in alloggi a prezzi accessibili. Al 7 novembre 2023 erano stati finanziati 231 progetti, per un totale di circa 14mila abitazioni.

Tende usate dai senzatetto nel quartiere di Skid Row, a Los Angeles (Mario Tama/Getty Images)

Non sono solo le persone più povere ad avere difficoltà nel trovare un alloggio. Secondo il sito di annunci immobiliari Zillow, a novembre del 2023 il prezzo medio di una casa in California era di quasi 750mila dollari, notevolmente più alto rispetto, per esempio, ai 450mila dollari dello stato di New York e ai 391mila della Florida. Anche gli affitti possono raggiungere prezzi altissimi, fino a migliaia di dollari per una stanza singola nelle principali città. Di conseguenza, nel 2023 nella contea di Los Angeles una persona che guadagna meno di 70.650 dollari all’anno (poco meno di 64mila euro al cambio attuale) è considerata a basso reddito.

Nel tempo si sono create anche crisi puntuali. Per esempio alcuni studenti di Berkeley, una delle università più prestigiose ma anche più care degli Stati Uniti, non riescono a permettersi un affitto dignitoso e si ritrovano a vivere in case sovraffollate e molto distanti dal campus, a chiedere ospitalità ad amici e conoscenti oppure a vivere per strada. Da anni l’università vorrebbe costruire nuovi appartamenti per studenti e senzatetto nella zona di People’s Park, ma non è ancora riuscita a ottenere i permessi necessari a causa dell’opposizione dei cittadini e dei comitati locali. Berkeley si trova davanti alla baia di San Francisco, all’inizio del 2023 l’affitto di un appartamento da 65 metri quadri costava in media 3.300 dollari al mese (circa 3mila euro).

Per moltissime persone l’aumento generalizzato dei prezzi, non solo in ambito immobiliare, si è tradotto in un abbassamento della qualità della vita. La California è uno stato sempre meno popolato, ma sempre più ricco: ci sono meno persone che però guadagnano di più, alimentando una lunga serie di diseguaglianze. A tutto questo si aggiunge un altro problema, che negli ultimi anni ha causato danni enormi: l’aumento dei disastri legati al clima.

Nel 2023 in California ci sono stati oltre 7mila incendi, che hanno bruciato un’area di quasi 1.300 chilometri quadrati. È un bilancio tutto sommato positivo, almeno se comparato a quello degli anni precedenti: nel 2020 gli incendi bruciarono quasi 13mila chilometri quadrati, causando la morte di 33 persone e enormi danni. Tra il 2015 e il 2020 oltre 50mila edifici, per la maggior parte case, sono stati distrutti.

Gli incendi hanno causato un netto peggioramento nei livelli di qualità dell’aria, tanto che più volte negli ultimi anni il cielo della California è diventato rosso o arancione a causa degli incendi, creando un’atmosfera descritta dai media come «marziana» o «apocalittica». Inoltre soprattutto in estate le temperature altissime, il rischio di incendi e il vento forte causano spesso l’interruzione della corrente elettrica, un grosso disagio per gli abitanti che non possono usare l’aria condizionata, i frigoriferi o i freezer.

Un incendio a Chino Hills, in California, nel 2020 (David McNew/Getty Images)

Un altro grosso problema è la siccità. Tra il 2021 e il 2023 in California ha piovuto pochissimo, e la scarsità di precipitazioni unita alle temperature estive superiori alla media hanno messo in grossa difficoltà gli abitanti e le amministrazioni locali. I bacini idrici si sono svuotati più rapidamente del dovuto, tanto che per quasi due anni il governatore Newsom chiese ai cittadini di ridurre volontariamente l’utilizzo di acqua del 15 per cento (un obiettivo raggiunto solo in alcune contee).

La siccità ha avuto forti ripercussioni sul settore agricolo, che in California è enorme: impiega oltre 420mila persone e genera entrate annuali per oltre 50 miliardi di dollari. Oltre un terzo delle verdure e quasi tre quarti della frutta prodotta negli Stati Uniti arrivano dalla California e in particolare dal distretto agricolo della Central Valley, nella parte nord dello stato. Si coltivano soprattutto le mandorle, esportate in tutto il mondo, le fragole, i pistacchi e l’uva, che negli ultimi decenni ha creato un settore vinicolo in forte crescita.

La prolungata siccità degli ultimi anni ha costretto molti agricoltori a fermare la produzione e vendere l’acqua che avrebbero usato per coltivare, un business considerato più redditizio. Secondo gli esperti il periodo di forte siccità iniziato nel 2021 è terminato alla fine dell’estate del 2023, grazie a una serie di forti precipitazioni e tempeste tropicali.

Per oltre un secolo la California è stata il luogo dove tutti sognavano di trasferirsi, un posto dalle mille opportunità che avrebbe permesso ai suoi abitanti di costruirsi una vita nuova e migliore. Oggi le cose sono cambiate. Da oltre vent’anni il numero di persone che si trasferiscono in California è inferiore a quello di chi se ne va, tanto che nel 2022 lo stato ha perso 342mila residenti. Tra il 2010 e il 2020 si sono trasferite in California 5,8 milioni di persone, ma 7,5 milioni se ne sono andati. Non solo persone con difficoltà economiche, ma anche famiglie a medio o alto reddito che preferiscono vivere altrove, dove i costi sono più bassi e la qualità della vita è migliore.

In molti casi la scelta è ricaduta sul Texas: nel 2022 più di 100mila californiani si sono trasferiti in Texas, mentre solo 40mila persone hanno fatto la scelta opposta. Lo stato sta attraendo anche molte aziende, realizzando quello che già dieci anni fa si augurava l’allora governatore del Texas, il Repubblicano Rick Perry.

Nel 2013 Perry diffuse uno spot radiofonico di 30 secondi in cui invitava le aziende della California a «dare un’occhiata al Texas», puntando soprattutto sulle agevolazioni fiscali e sulle aliquote decisamente più convenienti offerte dallo stato. «Costruire un’impresa è difficile, ma sento dire che aprire un’attività in California è praticamente impossibile», diceva Perry. Al tempo lo spot fu deriso da molti amanti della California, convinti che il Texas non sarebbe mai riuscito a battere l’appeal della California e che nessuna azienda avrebbe mai preso in considerazione l’idea di trasferircisi. Dieci anni dopo la situazione si sta ribaltando.

Una manifestazione a favore della comunità LGBT+ ad Austin, in Texas (Brandon Bell/Getty Images)

Secondo il California Book of Exoduses curato dal Public Policy Institute of California, dal 2020 in poi oltre 100 aziende hanno spostato la loro sede dalla California al Texas, tra cui anche alcune molto note come Oracle, che vende software e sistemi aziendali, Tesla, specializzata nella produzione di batterie e veicoli elettrici e di proprietà del noto imprenditore Elon Musk, e la multinazionale dell’informatica HP. Molte altre aziende hanno lasciato la California spostandosi in Colorado, Arizona e Nevada.

L’arrivo quasi improvviso di così tante persone e aziende non piace a tutti i texani, e negli ultimi anni ha cominciato a circolare lo slogan «Don’t California my Texas!», traducibile più o meno con «Non trasformate il mio Texas in una California!». I due stati infatti sono molto diversi: la California è considerata aperta, tollerante, e molto vicina al partito Democratico. Il Texas invece negli ultimi vent’anni è sempre stato governato dai Repubblicani, che hanno approvato leggi molto permissive sul possesso di armi e restrittive sull’aborto, per esempio. Il timore di alcuni texani è quindi che le “tradizioni” dello stato vengano snaturate dall’arrivo di decine di migliaia di persone da altre parti del paese, che portano con sé idee e posizioni politiche progressiste.

Il Texas, però, si sta già trasformando. Negli ultimi anni i cittadini stanno diventando più attenti ai temi legati ai diritti civili e la sua economia, un tempo basata sul petrolio e sul bestiame, è oggi trainata dal turismo, dalla tecnologia, dal settore farmaceutico e da quello aerospaziale. È un posto sempre più multiculturale, con una popolazione giovane e in crescita. È ancora troppo presto per dire se il Texas si stia trasformando a causa delle migliaia di persone che ci si sono trasferite negli ultimi anni, o se lo stato stesse già cambiando e proprio la sua nuova versione stia attraendo tanti nuovi abitanti.