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  • Martedì 19 dicembre 2023

La storia di Bologna nel calcio sta cambiando?

I campionati della squadra un tempo tra le più forti d’Italia sono diventati negli anni sinonimo di modestia, ma l’attuale quarto posto promette qualcosa di diverso

Nikola Moro, autore del gol vittoria del Bologna contro la Roma (Alessandro Sabattini/Getty Images)
Nikola Moro, autore del gol vittoria del Bologna contro la Roma (Alessandro Sabattini/Getty Images)
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È da almeno trent’anni che Bologna non riesce ad avere nel calcio lo stesso peso che ha come città. I suoi piazzamenti in Serie A sono diventati sinonimo di ordinarietà: negli ultimi due decenni il miglior risultato in campionato è stato il nono posto, raggiunto in due occasioni in mezzo a tanti piazzamenti solitamente compresi tra la decima e la quattordicesima posizione, nella cosiddetta metà bassa della classifica. E ci sono state anche due retrocessioni per un totale di quattro stagioni passate in Serie B prima degli ultimi nove anni di Serie A.

Di recente però a Bologna si sta vedendo qualcosa di diverso. Il nono posto della passata stagione è stato il più alto raggiunto dal 2012 e nel campionato in corso la squadra è al momento quarta dopo aver battuto e lasciato dietro di sé la Roma di José Mourinho. La stagione non è neanche a metà, ma per la direzione che ha preso la squadra da quando è allenata dall’ex centrocampista della Nazionale Thiago Motta, e classifica alla mano, a Bologna è permesso parlare per la prima volta di Champions League, un’esperienza che la città fece soltanto nel 1964 (per sole due partite, decise peraltro dal lancio di una monetina), quando il torneo si chiamava ancora Coppa dei Campioni.

All’epoca il Bologna si era potuto qualificare grazie alla vittoria dell’ultimo dei sette Scudetti vinti nei primi sessant’anni del Novecento. Ma il 1964 fu anche l’anno che segnò a lungo la storia di una squadra che fino a lì era stata stabilmente tra le migliori d’Italia, in particolare durante il ventennio fascista. In quel periodo Bologna vinse infatti quasi tutti i suoi Scudetti e in città fu costruito il primo stadio moderno d’Italia — l’attuale Dall’Ara — che per decenni ispirò e fece da modello per la costruzione di altri impianti sportivi in tutto il paese. Nei primi anni Trenta le autorità fasciste locali diedero poi la presidenza della squadra a Renato Dall’Ara, imprenditore reggiano che aveva fatto fortuna a Bologna con un maglificio di sua proprietà: con Dall’Ara il Bologna divenne «lo squadrone che tremare il mondo fa», secondo un detto dell’epoca che si può sentire ancora oggi.

L’immagine di Giacomo Bulgarelli, protagonista dello Scudetto del 1964, esposta al Dall’Ara nel 2010 (Getty Images)

Nel dopoguerra, finita l’epoca fascista, il Bologna di Dall’Ara ci mise del tempo a tornare la squadra vincente che era stata in precedenza, ma ci riuscì nel 1964 al termine di un campionato conteso fino all’ultimo con la “Grande Inter” di Angelo Moratti ed Helenio Herrera, la prima squadra italiana capace di vincere due Coppe dei Campioni di fila. Al termine di una stagione segnata anche da accuse e penalizzazioni per doping poi ritirate, Bologna e Inter arrivarono a pari punti e lo Scudetto si decise con uno spareggio, l’unico nella storia della Serie A. Il 3 giugno del 1964, tuttavia, durante una riunione nella sede della Lega Calcio a Milano per l’organizzazione dello spareggio, Dall’Ara ebbe un infarto e morì a soli tre giorni da quello che rimane ancora oggi l’ultimo Scudetto del Bologna.

Da lì in poi la storia del Bologna si normalizzò. La squadra divenne lentamente una delle cosiddette “provinciali” del campionato italiano, tra stagioni ordinarie, saltuarie retrocessioni in Serie B e altrettanto isolate apparizioni nelle coppe europee di secondo livello, le ultime delle quali coincisero con la proprietà dell’industriale torinese Giuseppe Gazzoni Frascara, che portò gli ultimi veri campioni visti in città, come Giuseppe Signori e Roberto Baggio.

Joey Saputo dopo la vittoria contro la Roma (Alessandro Sabattini/Getty Images)

Il Bologna degli ultimi anni ha raggiunto invece una nuova stabilità con la proprietà dell’imprenditore italo-canadese Joey Saputo, la cui azienda alimentare attiva soprattutto in Nord America è presente da quest’anno anche sulle maglie della squadra. Pur non potendo permettersi grandi investimenti per via di ricavi ancora ridotti (43 milioni di euro nella stagione 22/23, decimo risultato in Serie A), e in attesa del complicato restauro del Dall’Ara, la società sta riuscendo a costruire squadre competitive con acquisti indovinati da quando fu affidata nel 2019 all’allenatore serbo Sinisa Mihajlovic, rimasto in carica fino a pochi mesi prima della sua morte, a dicembre di un anno fa. In questo arco di tempo la società ha avuto anche due apprezzati direttori sportivi, Walter Sabatini e Giovanni Sartori.

Un po’ come successo alle ultime due vincitrici dello Scudetto, Napoli e Milan, il Bologna ora sta disputando quella che potrebbe essere la sua miglior stagione dagli anni Sessanta dopo essersi privata di alcuni dei suoi migliori giocatori, come il centravanti Marko Arnautovic, ceduto in estate all’Inter, i terzini Aaron Hickey e Takehiro Tomiyasu, ceduti in Inghilterra per oltre 30 milioni di euro, e altri titolari come Jerdy Schouten, Arthur Theate e Matias Svanberg. Questo perché i rimpiazzi presi con i proventi di queste cessioni stanno rendendo ancora meglio, come l’esterno svizzero Dan Ndoye, mentre chi era già in squadra ha trovato spazio e lo sta sfruttando: è il caso del centravanti olandese Joshua Zirkzee, cresciuto nel Bayern Monaco, che con 7 gol e un contribuito decisivo alle manovre di gioco della squadra si sta rivelando uno dei migliori fin qui nel suo ruolo in tutta la Serie A.

Il resto va attribuito a Thiago Motta, le cui idee di gioco piuttosto offensive erano sembrate un po’ troppo forzate per le squadre costantemente a rischio retrocessione in cui aveva allenato in precedenza, Genoa e Spezia, ma che a Bologna hanno trovato solidità e qualità individuali per essere espresse al meglio e con equilibrio: l’attacco è settimo per gol segnati, la difesa è terza per gol subiti. Non a caso da giocatore Motta fu un centrocampista con grande visione di gioco e capacità di inserimento in attacco, qualità sviluppate negli anni passati in Spagna, soprattutto al Barcellona, prima di venire a giocare in Italia, al Genoa e all’Inter. Dopo l’ultima vittoria contro la Roma, Motta ha detto: «I tifosi hanno il diritto di sognare, noi il dovere di lavorare alla prossima partita».