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  • Venerdì 16 dicembre 2022

È morto Sinisa Mihajlović

L’ex calciatore e allenatore serbo aveva 53 anni ed era malato da tempo

(Emilio Andreoli/Getty Images)
(Emilio Andreoli/Getty Images)
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Sinisa Mihajlović, ex calciatore e allenatore serbo stabilmente in Italia dagli anni Novanta, è morto venerdì a Roma. La notizia è stata confermata dalla famiglia con un comunicato. Aveva 53 anni ed era malato da tempo: nel luglio del 2019 gli era stata diagnosticata una forma acuta di leucemia.

Da allora si era sottoposto a diversi cicli di cura, durante i quali aveva però mantenuto il suo incarico come allenatore del Bologna. Dopo essere tornato visibilmente in forze, lo scorso marzo si era dovuto sottoporre a ulteriori ricoveri e aveva quindi lasciato momentaneamente la squadra. A settembre, dopo poche partite della stagione in corso, era stato infine esonerato.

Nato a Vukovar — allora Jugoslavia — da madre croata e padre serbo, era stato uno dei calciatori slavi più vincenti di sempre, oltre che tra i più famosi qui in Italia, paese in cui si era stabilito dopo lo scoppio delle guerre jugoslave. Fu tra i giocatori della Stella Rossa campione d’Europa e del mondo nel 1991; campione d’Italia e vincitore di una Coppa delle Coppe con la Lazio tra il 1998 e il 2000; quattro volte vincitore della Coppa Italia, due con la Lazio e due con l’Inter, squadra con la quale chiuse la carriera da calciatore nel 2006.

Dell’Inter fu anche vice allenatore di Roberto Mancini. Poi iniziò ad allenare: a Bologna, Catania e Firenze. Nel 2012 fu nominato allenatore della Nazionale serba e l’anno successivo tornò in Italia, alla Sampdoria, squadra con cui si guadagnò il successivo ingaggio al Milan. Prima di tornare a Bologna, dal 2016 al 2018 fu allenatore del Torino.

Si era visto in pubblico per l’ultima volta i primi dicembre a Roma per la presentazione del libro dell’allenatore ceco Zdenek Zeman.

(Alfredo Falcone/LaPresse)

Nella sua prima conferenza stampa dopo il primo ciclo di cure, Mihajlović si era presentato con i medici dell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna, che aveva ringraziato commuovendosi più volte. Aveva voluto mandare un messaggio di sostegno a tutti i malati in cura, dicendo loro di non perdere mai la voglia di vivere. Parlando di sé stesso aveva detto: «Mi sono rotto le palle di piangere». Nell’ottobre dello stesso anno si era poi sottoposto a un trapianto di midollo osseo.