Il fediverso, spiegato

Per chi ha scoperto questa parola iscrivendosi a Threads: è una cosa di cui in certe comunità online si parla da tempo

(Pixabay)
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Da giovedì è possibile anche per gli utenti europei iscriversi a Threads, il social network gestito da Meta (l’azienda di Facebook, WhatsApp e Instagram) e costruito sostanzialmente come alternativa a Twitter dopo che l’acquisto della piattaforma da parte di Elon Musk aveva scontentato molti utenti. Una delle prime cose che l’azienda ha deciso di comunicare a chi si iscrive a Threads è che il nuovo social network fa parte del «fediverso». Migliaia di persone non avevano mai sentito parlare di fediverso fino a questo momento, e sono rimaste un po’ confuse.

Si tratta però di un concetto che esiste da più di un decennio e online è discusso molto in profondità da comunità di milioni di persone. Fediverso è la traduzione italiana di “fediverse”, parola inglese formata dall’unione di “federated” (federato) e “universe” (universo). Per capire di cosa si parla c’è bisogno di un po’ di infarinatura su come funzionano adesso varie parti di internet.

Tutti i contenuti e i dati che si spostano su internet sono ospitati fisicamente nei server: i server sono computer che quasi sempre si trovano in centri dati di ogni dimensione in giro per il mondo, ma che potenzialmente qualcuno si potrebbe pure tenere in casa o in ufficio. Smartphone, pc e altri dispositivi si possono collegare a questi server per ottenere dei file che messi insieme permettono di vedere una pagina di un sito, oppure di utilizzare un’applicazione o vedere un film su Netflix.

Un secondo concetto che bisogna avere chiaro per capire il fediverso è quello di protocollo di comunicazione, che in informatica è un insieme di regole che definiscono i modi in cui due entità possono comunicare tra loro. Alla base del sistema che ci permette di scambiare email tranquillamente anche utilizzando servizi di posta elettronica diversi, per esempio, c’è un protocollo aperto, cioè uno standard condiviso.

Ecco: il fediverso è un insieme di server su cui è installato lo stesso protocollo, ActivityPub, che permette tra le altre cose di creare, distribuire e commentare contenuti come foto, video o post testuali, nonché di importare ed esportare liste di contatti, senza che ci sia bisogno di essere tutti iscritti alla stessa piattaforma di social network. ActivityPub è stato reso pubblico nel 2018 ed è sviluppato dal World Wide Web Consortium (W3C), un’organizzazione non governativa internazionale che ha come scopo favorire lo sviluppo di tutte le potenzialità del World Wide Web. Ed è anche il protocollo utilizzato da Mastodon, uno dei social network che hanno ottenuto più attenzione nell’ultimo anno, da quando una massa di utenti di Twitter ha cominciato a cercare un’alternativa alla piattaforma acquistata da Elon Musk.

– Leggi anche: Cos’è e come funziona Mastodon

Nella pratica, chi si iscrive a uno spazio digitale che è basato su ActivityPub (e che quindi fa parte del fediverso) può potenzialmente interagire con chiunque abbia un profilo su un altro spazio digitale basato su ActivityPub: una persona con un profilo su un server Mastodon (in gergo si chiamano “istanze”) può quindi seguire una persona con un profilo su Friendica, un social network che vuole offrire un’alternativa decentralizzata a Instagram, e vedere, rispondere e condividere i suoi post restando sempre all’interno dell’interfaccia di Mastodon.

Il fatto che Mastodon – e quasi tutti i social network basati su ActivityPub finora – sia decentralizzato è una parte essenziale del progetto: vuol dire che non c’è una singola entità, come un’azienda, che gestisce e controlla uno spazio digitale sulla base dei propri interessi, ma che chiunque può creare una nuova istanza su un proprio server, applicando sostanzialmente qualsiasi regola voglia. I gestori dei server possono quindi applicare le proprie regole di moderazione dei contenuti, accettare o mettere al bando utenti che vogliono unirsi al server e anche decidere di “defederare” altri server, ovvero impedire agli utenti del proprio server di interagire con un’altra istanza specifica, e agli utenti dell’altra istanza di interagire con i propri membri. Il concetto di “federazione” serve proprio a dare l’idea di qualcosa di organizzato con tante parti distinte, ma che possono comunque comunicare tra loro (salvo i gestori delle singole regioni non decidano diversamente).

Come ha scritto David Pierce su The Verge, ActivityPub «è un vecchio protocollo basato su idee ancora più vecchie che immaginano una struttura fondamentalmente diversa per i social network, molto più simile alla posta elettronica o alla chat web vecchia scuola rispetto a qualsiasi piattaforma che utilizziamo ora. Una struttura governata da protocolli aperti, non da piattaforme chiuse, con lo scopo di restituire il controllo agli utenti e di assicurarsi che il social web resista a ogni singola azienda».

Alla base, si tratta di un’idea fondamentalmente anticapitalista o quanto meno fortemente politica, che si è sviluppata in contrasto ai social network commerciali che sono stati adottati in massa negli ultimi quindici anni, da Facebook a TikTok. Chi lavora a progetti legati ad ActivityPub normalmente non lo fa perché spera di diventare ricco grazie all’investimento di qualche venture capitalist: lo fa perché crede nell’importanza dell’interoperabilità, o in una moderazione dei contenuti più granulare, o in un internet “più umano” fatto di spazi più piccoli e sicuri, o nella necessità di avere social network più democratici, privi di pubblicità e profilazione degli utenti, o in tutte queste cose insieme e altre ancora.

Eppure nel corso dell’ultimo anno, nel contesto di una più ampia discussione sul futuro dei social network, diverse aziende tecnologiche hanno cominciato a investire risorse in ActivityPub, lavorando per entrare a far parte del fediverso in un prossimo futuro: è il caso di Tumblr, Medium, Flipboard e Mozilla. In generale, l’ecosistema di sviluppatori e ingegneri che hanno cominciato a lavorare a social network e applicazioni basate su ActivityPub non è mai stato così fiorente.

La novità in assoluto più discussa nel settore è però senza dubbio la decisione di Meta, una delle più grandi e controverse aziende tecnologiche del mondo, di lanciare una piattaforma di social networking basata su ActivityPub. Meta ha detto fin da subito che la sua intenzione era permettere l’interazione di Threads con il resto del fediverso, ma sta cominciando soltanto ora – a diversi mesi dal lancio nella maggior parte del mondo, anche se non nell’Unione Europea – a farlo.

La decisione ha suscitato molti dubbi e contrarietà all’interno del fediverso, anche solo perché gli sviluppatori di ActivityPub avevano provato a contattare Facebook, Twitter e altre grandi piattaforme per cercare di convincerle ad adottarlo anni fa senza ottenere alcuna dimostrazione di interesse. Altri sono ottimisti, e contenti dell’idea che il concetto di fediverso venga introdotto anche a utenti meno politicizzati o informati che non ne avevano mai sentito parlare prima: tra loro c’è il fondatore di Mastodon, Eugen Rochko, che ha definito il processo di federazione di Threads «una chiara vittoria per la nostra causa». Al momento, scrive Gregory Barber su Wired, «le piccole dimensioni del fediverso possono sembrare intime, ma anche isolanti per le persone che vogliono connettersi con familiari e amici non interessati agli arcani dei servizi online distribuiti, o che vogliono costruire nuovi servizi federati per servire ampie basi di utenti. All’improvviso, invece di provare a costruire una rete da zero, avranno potenzialmente accesso a più di cento milioni di utenti».

Moltissimi però hanno delle remore basate su ragioni sia tecniche che politiche. La preoccupazione principale è che Meta voglia attuare una strategia che nel settore è conosciuta come “Embrace, Extend, Extinguish” (“Abbraccia, Estendi, Estingui”): lanciare una piattaforma basata su un protocollo aperto che sia particolarmente facile da adottare, convincere tantissime persone a iscriversi specificamente a quella piattaforma e non ad altri spazi basati sullo stesso protocollo, spingere per l’adozione di nuove funzionalità difficili da implementare per sviluppatori che hanno meno fondi o tempo di una grande azienda, e poi smettere di investirci, dicendo che non soddisfa le esigenze degli utenti e segnando l’inizio di un disinteresse diffuso nei confronti di quel protocollo. Infine, c’è chi è sospettoso perché in generale non si fida delle buone intenzioni di Meta, che fin dalla sua fondazione è stata coinvolta in moltissimi scandali relativi alle proprie pratiche di raccolta dei dati personali, applicazione delle regole di moderazione dei contenuti e tolleranza nei confronti di comunità tossiche e violente sulle proprie piattaforme.

Per questo, tantissimi server di Mastodon hanno già annunciato che “defedereranno” Threads, impedendo quindi l’interazione con i loro membri: è il caso di molte delle istanze italiane più grandi, come mastodon.bida.im e livellosegreto.it. Altre, come la più grande istanza italiana (mastodon.uno) hanno deciso soltanto di silenziare Threads, il che vuol dire che gli utenti di .uno non potranno essere seguiti dagli utenti di Threads né vedere i loro contenuti sulla timeline a meno che non lo permettano espressamente.

Francesco Macchia, fondatore di varie istanze (tra cui Poliverso.org, poliversity.it e Feddit.it) e moderatore di mastodon.uno, spiega che ci sono anche delle preoccupazioni di livello tecnico: «Temo che i milioni di utenti possano creare problemi di sovraccarico alle mie istanze nel momento in cui i “miei” utenti si mettessero a seguire gli utenti di Threads, importando quindi (questo è quello che succede) tutti quei contenuti nel mio server». Macchia dice che questo problema non si pone con altri social network del fediverso, come feddit.it, una sorta di Reddit open source federato con Mastodon e il resto del fediverso.

«Altri amministratori hanno valutato anche un altro aspetto, quello “ideologico”: Meta è la quintessenza del capitalismo della sorveglianza e Threads è un social a pagamento (si barattano dati personali con l’utilizzo), mentre il fediverso è la “Terra Promessa” autofinanziata e gratuita per gli utenti di chi vuole fuggirne», riassume Macchia. «Per questi amministratori, semplicemente non ha senso pagare risorse di tasca propria per farle riempire dai contenuti (ben remunerativi per Meta) provenienti da Threads. E non sarebbe neanche etico nei confronti dei propri utenti somministrare loro quegli stessi contenuti dai quali sono già scappati via in passato».