Che “prezzo” diamo alla democrazia?
Secondo uno studio le persone sarebbero disposte a rinunciarci per uno stipendio pari al triplo di quello medio nazionale
Da una ricerca condotta su 6mila persone in tre paesi democratici – Stati Uniti, Francia e Brasile – è stata calcolata la soglia di ricompensa individuale in denaro superata la quale le persone sarebbero disposte a vivere in un paese senza libere elezioni, cioè non democratico.
Lo studio è stato condotto da un gruppo di ricercatori e ricercatrici di economia e diritto pubblico e internazionale della Princeton University e dell’Università di Barcellona: lo scopo era misurare quanto valore le persone attribuiscono alla democrazia rispetto ad altre caratteristiche politiche, istituzionali ed economiche delle società, tra cui la sanità pubblica, la meritocrazia e la mobilità sociale. È venuto fuori che tra gli attributi della società presi in considerazione la democrazia è quello con il valore più alto, ma con un “prezzo” forse più contenuto di quanto si potrebbe pensare.
I risultati della ricerca, pubblicata il 20 novembre sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), sono stati considerati complessivamente rassicuranti dagli autori e dalle autrici: mostrano infatti un alto livello di attaccamento della popolazione alle istituzioni e ai princìpi democratici rispetto ad altri valori, soprattutto alla luce della polarizzazione politica e del successo dei partiti populisti in anni recenti. Sebbene sia presente in ogni paese una minoranza di popolazione che preferisce governi autoritari, secondo la ricerca per la stragrande maggioranza delle persone la democrazia prevale nettamente su tutte le altre singole caratteristiche di una società ottimale.
La ricerca è stata condotta su un campione rappresentativo di età, genere e istruzione composto da 6mila persone, 2mila per ciascun paese: Stati Uniti, Francia e Brasile, democrazie con differenti livelli di sviluppo economico e istituzioni politiche, e in cui politici autoritari e nazionalisti sono diventati molto popolari in anni recenti (Donald Trump, Marine Le Pen e Jair Bolsonaro). Attraverso una serie di test studiati per trarre dalle risposte una misurazione del valore attribuito dalle persone alla democrazia, la ricercatrice Alicia Adserà e i ricercatori Andreu Arenas e Carles Boix chiedevano ai partecipanti di scegliere quale preferissero tra due ipotetiche società alternative che differivano di volta in volta per determinate metriche.
Tra i parametri che variavano negli scenari presentati al campione c’erano, tra gli altri, il reddito mensile personale, la disuguaglianza di reddito a livello nazionale, la mobilità sociale e la presenza di assistenza sanitaria pubblica. Per ogni coppia di società descritte, una delle due – scelta casualmente dagli sperimentatori – era sempre una società senza libere elezioni. L’interesse principale della ricerca era scoprire come interagissero e variassero nelle risposte due dimensioni in particolare: le condizioni economiche individuali delle persone intervistate (il loro reddito personale) e la presenza o assenza di elezioni democratiche.
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Il modo in cui le domande erano strutturate ha permesso di desumere un «prezzo della democrazia» stimando la disponibilità delle persone intervistate a «barattare» le proprie libertà e il diritto di voto con un certo reddito individuale, così come con altri attributi economici e sociali. Dalle risposte ricevute Adserà, Arenas e Boix hanno calcolato che mediamente le persone preferiscono vivere in un paese senza libere elezioni soltanto se il loro reddito individuale è almeno il triplo dello stipendio medio nazionale, e in un paese senza sanità pubblica soltanto se il loro reddito individuale è più del doppio.
Nello specifico, per scegliere di vivere in una società non democratica piuttosto che in una democratica, le persone intervistate provenienti da Francia e Stati Uniti richiedevano rispettivamente aumenti del reddito individuale del 236 e del 219 per cento rispetto a quello medio nazionale. Le persone intervistate provenienti dal Brasile richiedevano invece un aumento del 168 per cento. La stima del reddito medio nazionale utilizzata per strutturare la ricerca, stima risalente al momento della somministrazione dei test (autunno-inverno 2021/2022), era 3mila euro in Francia, 3mila real brasiliani in Brasile e 6mila dollari negli Stati Uniti. La stima dello stipendio mensile mediamente richiesto per accettare l’assenza di democrazia era quindi in Francia 10.091 euro, negli Stati Uniti 19.165 dollari (circa 16.900 euro nel 2022) e in Brasile 8.052 real brasiliani (circa 1.273 euro nel 2022).
La democrazia è emersa mediamente come il singolo attributo di maggior valore nelle valutazioni delle persone, seguito dalla sanità pubblica, considerata nella ricerca un indice della solidità dello stato sociale.
3. Everything else equal, the probability of choosing a society increases by 40% (in Brazil and France) to 50% (in the US) if there are free elections. The likelihood of selecting a society with public health insurance rises by 35% in France and around 15% in Brazil and the US. pic.twitter.com/MEdZT66mcD
— Carles Boix 🇺🇦 (@boixserra) November 22, 2023
In tutti e tre i paesi oggetto della ricerca è emersa una tendenza a considerare la democrazia una qualità fondamentale delle società, dal momento che in media le persone rinunciavano a libere elezioni solo a fronte di un aumento molto consistente del loro reddito individuale. La «compensazione» economica richiesta era nettamente superiore rispetto a quella richiesta per rinunciare alla sanità pubblica, alla meritocrazia e a qualsiasi altro attributo. E la presenza tra le persone intervistate di una minoranza che non attribuiva particolare valore alla democrazia, in ciascuno dei tre paesi, non è ritenuta da Adserà, Arenas e Boix potenzialmente sufficiente per creare un consenso intorno a un insieme alternativo di istituzioni e risultati economici e sociali in grado di far cambiare idea alla maggioranza favorevole alla democrazia.
La maggior parte dei sondaggi d’opinione mostra generalmente un ampio sostegno popolare alla democrazia, nettamente superiore rispetto all’apprezzamento verso altre forme di governo. Anche tra i gruppi in cui negli ultimi anni era stato previsto un indebolimento di quel consenso, la riduzione è stata piuttosto marginale. Uno dei principali limiti dei sondaggi d’opinione, secondo Adserà, Arenas e Boix, è che tendono però a misurare le preferenze per le forme di governo soltanto sulla base di dichiarazioni e senza richiedere alle persone di ragionare su scenari alternativi e sui compromessi associati alle loro opinioni.
I risultati della ricerca pubblicata su PNAS sono considerati da Adserà, Arenas e Boix una conferma sostanziale – e più significativa rispetto ai sondaggi d’opinione – dell’importanza attribuita dalle persone alla democrazia. «Una netta maggioranza delle persone intervistate non sembra disposta a vivere in una società in cui i leader non rispettino i princìpi fondamentali della democrazia», hanno scritto, aggiungendo che questa tendenza dovrebbe rendere difficile per i politici in carica «violare le norme e le istituzioni democratiche» senza perdere consenso, quantomeno nelle democrazie a medio e alto reddito.