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  • Giovedì 30 novembre 2023

Le indagini israeliane sugli stupri compiuti da Hamas il 7 ottobre

Stanno emergendo elementi e testimonianze, ma la ricostruzione di quanto è avvenuto è complicata per diverse ragioni

Un'impronta insanguinata su un muro nel kibbutz Nir Oz (AP Photo/Bernat Armangue)
Un'impronta insanguinata su un muro nel kibbutz Nir Oz (AP Photo/Bernat Armangue)
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Nell’ultimo mese e mezzo le autorità israeliane hanno aperto indagini civili e militari sui crimini commessi dai miliziani di Hamas durante l’attacco contro i civili del 7 ottobre. Alcuni di questi crimini sono evidenti dall’enorme mole di prove disponibile fin dai primi giorni dopo il massacro: i miliziani hanno commesso omicidi di massa di civili, usando anche metodi feroci, per esempio bruciandoli vivi dentro alle loro case. Tra le indagini più complicate però ci sono quelle che riguardano le accuse di stupro e violenza sessuale.

Che il 7 ottobre i miliziani di Hamas abbiano commesso violenze sessuali è una certezza per la maggior parte degli esperti e delle persone che si sono occupate del soccorso e del recupero dei corpi dopo l’attacco. Sugli stupri c’è almeno una testimonianza diretta e numerosi racconti di soccorritori e soldati.

Ma se da un lato provare che siano avvenuti omicidi di massa è macabramente autoevidente, provare a livello di medicina legale che siano avvenuti degli stupri è complicato, soprattutto in un contesto come quello del 7 ottobre, in cui tra Hamas e l’esercito israeliano ci sono stati combattimenti che sono andati avanti anche per giorni, e in cui le operazioni di recupero dei cadaveri si sono concentrate sull’identificazione e su una rapida restituzione dei corpi alle famiglie più che sulla raccolta di prove dei crimini commessi.

Come ha raccontato un dettagliato articolo del giornale israeliano Haaretz, questo complica il lavoro delle indagini, che hanno principalmente due obiettivi: il primo è di costruire un’accusa criminale contro i miliziani di Hamas che sono stati arrestati dall’esercito israeliano dopo l’attacco; il secondo è di accusare i leader militari di Hamas, che si trovano nella Striscia di Gaza e in paesi come il Qatar, di aver organizzato stupri sistematici e di aver usato lo stupro come arma contro i civili, cosa che costituirebbe un crimine di guerra e un ulteriore crimine contro l’umanità. Per dare sostanza a queste due accuse servono prove molto specifiche, che è complicato ottenere nelle condizioni attuali.

Del fatto che i miliziani di Hamas abbiano commesso violenze contro le donne civili si è cominciato a parlare fin dai primi giorni dopo il massacro del 7 ottobre. Le autorità israeliane hanno insistito molto su questo elemento, cosa che ha aumentato la pressione internazionale nei confronti di Israele affinché provasse che gli stupri e le violenze sessuali fossero effettivamente avvenuti. La leadership di Hamas nega che i suoi miliziani abbiano commesso stupri il 7 ottobre, ma in certi casi ha negato addirittura che i suoi miliziani abbiano ucciso civili.

Una casa distrutta nel kibbutz di Kfar Azza (AP Photo/Bernat Armangue)

L’ostacolo principale alle indagini è che i kibbutz e le altre comunità israeliane attaccate da Hamas sono stati al centro dapprima dell’attacco violento dei miliziani, e poi di dure battaglie con l’esercito israeliano sopraggiunto in seguito, che in alcuni casi sono durate anche due giorni. Una volta terminati i combattimenti l’esercito si è concentrato soprattutto sulla messa in sicurezza della zona, mentre i soccorritori civili si sono concentrati sull’identificazione dei cadaveri. Davanti a decine e in alcuni casi centinaia di corpi, nessuno ha pensato di fare la raccolta di prove e di indizi meticolosa che sarebbe necessaria in indagini come quelle su stupri e violenze sessuali.

Una volta che i corpi sono stati portati negli obitori, i medici si sono accorti che lo stato dei cadaveri e il tempo trascorso dalla loro morte ormai era tale che non era più possibile fare i test che di solito vengono praticati per comprendere cosa è avvenuto alla vittima. Tra queste indagini c’è la raccolta di fluidi corporei, capelli e altri materiali che di solito vengono analizzati per cercare di capire se la vittima ha subìto una violenza sessuale. Sono prove che devono essere raccolte entro 48 ore dalla morte della persona, ma nel caso del massacro del 7 ottobre non è stato possibile farlo, sia per le lunghe battaglie tra l’esercito israeliano e Hamas sia per la disorganizzazione dei soccorsi.

Nelle indagini criminali tradizionali, un altro modo per cercare di capire se una persona uccisa ha subìto violenze sessuali è osservare il contesto in cui è stato ritrovato il corpo e documentare le prove trovate sulla scena del crimine. Ma in questo caso è quasi sempre stato impossibile farlo, perché anche le abitazioni dei civili israeliani erano state distrutte e compromesse dall’attacco di Hamas e dai combattimenti con l’esercito. Il professore di medicina legale Yifat Bitton ha detto a Haaretz: «I combattimenti sono continuati per molto tempo dopo che i crimini erano stati commessi, e questo ha senza dubbio contaminato la scena».

Hanno poi contribuito alla contaminazione anche i soldati israeliani e i soccorritori, che hanno trattato i luoghi attaccati non come la scena di un delitto ma come una situazione di guerra, in cui la priorità era soprattutto quella di trovare i sopravvissuti, identificare i morti e rimuovere i cadaveri. In molti casi i corpi non sono nemmeno stati fotografati.

Haaretz ha scritto che i medici legali hanno comunque provato a fare test su alcuni corpi, che però non hanno portato a prove di violenza sessuale. Oltre a essere passato molto tempo, alcuni dei corpi si trovavano in condizioni così terribili che in ogni caso non sarebbe stato possibile effettuare i test.

Davanti alla difficoltà di raccogliere prove mediche, le indagini in questo momento si stanno concentrando soprattutto sulle testimonianze dei soccorritori, dei militari e dei medici. La polizia israeliana ha raccolto decine di testimonianze dei soccorritori (molti dei quali fanno parte di Zaka, un servizio di emergenza composto soprattutto da volontari ebrei ortodossi) che hanno raccontato di aver trovato corpi di donne senza mutande o con le mutande abbassate, e con segni di violenze sessuali.

Fonti della polizia, parlando con i media israeliani, hanno detto inoltre che i miliziani di Hamas durante gli interrogatori si sono spesso accusati a vicenda di aver commesso stupri e violenze sulle donne civili.

Anche i media hanno trovato testimonianze di questo tipo. Il Washington Post, per esempio, ha parlato con un soldato paramedico riservista che è entrato in uno dei kibbutz attaccati da Hamas e ha detto di aver visto nella camera da letto di un’abitazione i corpi di due ragazze giovani con segni molto evidenti di violenza sessuale. «Una era sul letto, il suo braccio penzolava verso terra. Le sue gambe erano nude, con delle contusioni, e aveva un foro di proiettile nell’area tra il collo e il petto. L’altra era a terra, sdraiata sulla pancia, con le gambe divaricate e le mutande abbassate verso le ginocchia. C’era un liquido sulla sua schiena che sembrava sperma. Le hanno sparato alla nuca».

Sempre il Washington Post ha parlato con diverse persone che hanno lavorato negli obitori in cui sono stati trasferiti i corpi delle vittime e che hanno confermato la presenza di prove di violenza. «Abbiamo visto molti corpi con la biancheria macchiata di sangue, ossa rotte, gambe rotte, bacini rotti», ha detto una di loro.

Per quanto riguarda invece le testimonianze dei sopravvissuti al massacro, per ora la polizia, sempre secondo fonti di Haaretz, ne ha raccolta soltanto una, di una donna che è riuscita a nascondersi durante l’attacco e ha detto di aver visto dei miliziani che stupravano in gruppo un’altra donna prima di ucciderla. I membri di gruppi israeliani contro la violenza sulle donne che stanno lavorando con le persone sopravvissute al massacro hanno spiegato che molte di loro sono ancora traumatizzate, e che quindi ottenere informazioni su quanto è avvenuto potrebbe richiedere tempo.