I paesi senza una banca centrale

Il nuovo presidente argentino Javier Milei vorrebbe fare a meno di quella del suo paese: ci sono dei precedenti, ma non troppo indicativi

Il vincitore delle ultime elezioni presidenziali Javier Milei (Tomas Cuesta/Getty Images)
Il vincitore delle ultime elezioni presidenziali Javier Milei (Tomas Cuesta/Getty Images)
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Tra le ragioni per cui Javier Milei, il presidente eletto dell’Argentina, è diventato celebre, ci sono le sue idee radicali e spesso bizzarre sulle questioni economiche: tra le altre cose, propone di abolire la valuta argentina, il peso, e di adottare come moneta il dollaro statunitense. Propone inoltre – con una certa tendenza all’esagerazione – di «far esplodere» la banca centrale argentina, che con l’adozione del dollaro non servirebbe più e che secondo Milei è la ragione dell’eterna crisi economica in cui si trova il paese.

Al netto delle dichiarazioni eccessive di Milei, in effetti esistono alcuni paesi che non hanno una propria valuta e che quindi hanno rinunciato ad avere una banca centrale tra le loro istituzioni. Sono però quasi tutti stati molto piccoli e con economie poco sviluppate, e dunque difficilmente paragonabili all’Argentina: se effettivamente Milei dovesse attuare la sua idea di dollarizzazione dell’economia e di chiusura della banca centrale, le conseguenze rischiano di essere imprevedibili.

Tra i paesi che non hanno una propria banca centrale ci sono soprattutto piccoli stati insulari. Ci sono per esempio alcuni paesi dell’Oceania: gli stati federati di Micronesia; Kiribati, una repubblica che include 33 atolli corallini e varie isolette che si estendono lungo l’equatore; Tuvalu; le isole Marshall; Nauru, un’isola di 21 chilometri quadrati; e l’arcipelago di Palau. Questi stati hanno adottato come propria moneta il dollaro statunitense o quello australiano: le loro economie si basano soprattutto sul turismo e sull’importazione di merce dall’estero, e con questa decisione si sono assicurati di avere valute stabili per commerciare senza il rischio di grossa fluttuazione dei cambi.

Tra i paesi insulari senza banche centrali c’è anche l’Isola di Man, un’isola nel Mar d’Irlanda che non fa parte del Regno Unito ma che dipende comunque dalla corona britannica: ha una sua valuta emessa dal Tesoro locale, la sterlina di Man, che è comunque collegata alla sterlina britannica e dunque dipendente dalle politiche della Banca d’Inghilterra.

In Europa poi ci sono tre stati senza una loro moneta e banca centrale, ossia il Liechtenstein, Principato di Monaco e Andorra. Il Liechtenstein ha adottato il franco svizzero e dipende dalla politica monetaria della banca centrale svizzera. Il Principato di Monaco e Andorra adottano come valuta ufficiale l’euro e questo non ha mai creato particolari problemi: sia per la loro effettiva vicinanza e connessione economica con i paesi europei, per cui avere la valuta comune è piuttosto funzionale, ma anche per il fatto che vista la loro sostanziale uniformità con il resto dell’economia europea possono stare sotto le politiche monetarie della Banca Centrale Europea senza distorsioni. Usano invece l’euro pur avendo una Banca Centrale, per quanto con compiti limitati, San Marino, Città del Vaticano, Kosovo e Montenegro.

Quando si rinuncia a una propria valuta e alla banca centrale i rischi di distorsione dell’economia sono piuttosto alti. Uno stato senza la sua banca centrale perde innanzitutto la possibilità di avere una sua politica monetaria: non può stampare moneta, non può fissare il livello dei tassi di interesse di riferimento o il tasso di cambio rispetto alle altre valute. Concretamente non ha la possibilità di usare la politica monetaria per stabilizzare l’economia quando ce n’è bisogno (come quando si aumentano i tassi di interesse per combattere l’inflazione).

Quando si adotta un’altra valuta si decide sostanzialmente di sottostare alla politica monetaria della banca centrale che la emette: se si adotta l’euro si subiscono le decisioni della BCE, se si adotta il dollaro quelle della Federal Reserve, la banca centrale statunitense.

E questo può essere distorsivo se ci sono grosse differenze tra i paesi con una moneta comune. Semplificando molto, le valute sono lo specchio delle economie che rappresentano: economie forti hanno monete forti e stabili, come il dollaro per gli Stati Uniti o l’euro per l’Eurozona; economie deboli e instabili hanno monete deboli e altrettanto instabili, che possono perdere rapidamente valore. L’imposizione di una valuta forte, come il dollaro statunitense, a un’economia debole e sull’orlo del default, come quella Argentina, creerebbe una serie di distorsioni che potrebbero mettere a rischio il sistema economico.

Ci sono comunque paesi sudamericani che hanno adottato ufficialmente il dollaro come loro moneta: Panama, che ha rinunciato anche alla banca centrale, Ecuador ed El Salvador, che però hanno mantenuto la loro banca centrale per altri compiti, come la vigilanza bancaria. Anche in questo caso l’unico paragone possibile è per vicinanza geografica: questi tre paesi hanno economie molto più piccole e meno problematiche di quella dell’Argentina.

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