• Mondo
  • Venerdì 17 novembre 2023

Il grosso boicottaggio di Tesla in Svezia

Iniziato con uno sciopero dei suoi meccanici, si è allargato a varie categorie: l'obiettivo è ottenere un contratto collettivo

Una barca ferma al porto di Malmo, in Svezia, dove una protesta impedisce da giorni di scaricare nuove automobili Tesla (Johan Nilsson/TT News Agency via AP, File)
Una barca ferma al porto di Malmo, in Svezia, dove una protesta impedisce da giorni di scaricare nuove automobili Tesla (Johan Nilsson/TT News Agency via AP, File)
Caricamento player

Da settimane in Svezia è in corso la più grande azione sindacale che Tesla, l’azienda di automobili elettriche dell’imprenditore Elon Musk, abbia dovuto affrontare da quando è stata fondata, nel 2003. Lo sciopero è iniziato il 27 ottobre da un gruppo di 130 meccanici che si occupano di revisionare le auto dell’azienda e sono affiliati al sindacato nazionale IF Metall: lo scopo era spingere Tesla a firmare un contratto collettivo che definisse la retribuzione, gli orari e i benefit a cui hanno diritto le persone che ci lavorano.

Ma nelle ultime settimane l’azione di protesta si è allargata a varie categorie di lavoratori, anche solo per solidarietà. Da giorni i lavoratori portuali si stanno rifiutando di scaricare le merci di Tesla nei porti svedesi, e da oggi gli addetti alle pulizie hanno annunciato che smetteranno di pulire i suoi spazi espostivi e le officine, e gli elettricisti che non ripareranno i punti di ricarica delle automobili dell’azienda. Dal 20 novembre i lavoratori delle poste hanno detto che smetteranno di consegnare lettere, pezzi di ricambio e pallet a tutti gli indirizzi di Tesla in Svezia. Stefan Löfven, l’ex primo ministro del paese, ha detto che si rifiuterà di prendere un taxi se l’autista è al volante di una Tesla, dato che «sembra che Tesla voglia ignorare come funziona il mercato del lavoro svedese». Secondo la giornalista Morgan Meaker, i sindacati svedesi la considerano ormai «una battaglia esistenziale tra [Tesla] e le usanze che rendono il mercato del lavoro locale più giusto ed efficiente».

– Leggi anche: I siti di news che hanno cambiato la Svezia

La Svezia è il quinto mercato più grande di Tesla in Europa. L’azienda non ha fabbriche nel paese, ma le sue auto elettriche vengono revisionate in molte officine. In Svezia non esistono leggi nazionali che definiscono gli orari lavorativi o il salario minimo: da decenni questi dettagli sono definiti nei contratti collettivi di settore, che praticamente tutte le aziende del paese hanno firmato. Il sindacato dei lavoratori metalmeccanici IF Metall sta cercando di convincere Tesla a firmarne uno da cinque anni, ma le trattative sono ancora in fase di stallo, motivo per cui ha indetto lo sciopero di fine ottobre.

«I contratti collettivi costituiscono la spina dorsale del modello del mercato del lavoro svedese», ha spiegato Mikael Petersson, responsabile delle trattative del sindacato degli elettricisti, che si è unito alle proteste il 17 novembre. «Lottare per l’applicazione del modello svedese diventa ancora più cruciale quando coinvolge un’azienda grande quanto Tesla». Gabriella Lavecchia, presidente del sindacato dei lavoratori delle poste, ha detto che «Tesla sta cercando di ottenere vantaggi competitivi offrendo ai lavoratori salari e condizioni peggiori di quelli che avrebbero con un contratto collettivo. È chiaro che è del tutto inaccettabile».

L’ultima volta che i sindacati svedesi si sono scontrati con un’azienda internazionale su temi simili è stato nel 1995, quando l’azienda di giocattoli statunitense Toys R Us si è rifiutata di negoziare un contratto collettivo. Dopo uno sciopero di tre mesi iniziato con i dipendenti del commercio al dettaglio ed esteso ad altri sindacati, la società alla fine firmò.

Non è la prima volta che l’azienda di Elon Musk mostra di avere problemi con i diritti dei lavoratori. Nel 2018 fu accusata di aver avviato una massiccia campagna di diffamazione e intimidazione di un ex dipendente che aveva segnalato che l’azienda stava inquinando eccessivamente. Lo stesso anno un altro ex dipendente, Carlos Ramirez, citò l’azienda in giudizio per non essersi occupata dei dipendenti che avevano subito infortuni nei suoi stabilimenti e di non averli denunciati alle autorità come avrebbe dovuto: Ramirez ha detto di essere stato licenziato da Tesla come ritorsione per aver sollevato preoccupazioni su questo comportamento. L’azienda è stata anche accusata più volte di spiare i propri dipendenti e di alimentare una cultura del lavoro malsana.

– Leggi anche: La grande trasformazione delle aziende automobilistiche